Kevin Martin, il go-to-guy che è mancato ai Rockets (Foto: nba.com)

Il record – Ancora una stagione in chiaroscuro per i Rockets che non si sono qualificati per i play off per il terzo anno consecutivo, pur chiudendo con saldo vittorie-sconfitte positivo (34-32, pari al 51,5%), come peraltro accade fin dall’ultimo accesso alla postseason. Questa posizione è probabilmente la peggiore nella quale una franchigia NBA può venirsi a trovare, poiché significa fallire l’obbiettivo stagionale (accesso ai playoff) ma anche avere scarsissime chances alla lottery e di conseguenza arrivare al draft con una posizione di scelta intorno alla metà del primo giro, dove puoi anche “pescare” bene ma difficilmente trovi un giocatore-franchigia. Houston nella offseason aveva provato a prendere Pau Gasol e dopo il mancato approdo del catalano il nuovo coach Kevin McHale aveva inizialmente puntato sulla “vecchia guardia” (Lowry, Martin, Budinger, Scola con l’unica aggiunta data dal centro Dalembert), ma gli infortuni prima a Martin e poi a Lowry lo hanno costretto a lanciare nella mischia Dragic e Lee e concedere più minuti al rookie Parsons. La mossa ha fatto decollare definitivamente la stagione dei Rockets, autori di una fase centrale del campionato molto positiva, confermata anche dopo l’arrivo a metà stagione di Marcus Camby. Ma un evidente calo finale, soprattutto con le sconfitte patite contro le dirette concorrenti per l’ottavo posto (Phoenix e Utah) hanno condannato Houston all’esclusione.

Luis Scola (fonte: nba.com)

MVP Kyle Lowry aveva iniziato la stagione da trascinatore, confermandosi dopo il premio di most improved player dell’annata scorsa, ma una brutta infezione virale l’ha costretto ad un lungo stop. Di Dragic parliamo qualche riga sotto, così qui diamo spazio a Luis Scola. Un MVP un po’ particolare, poiché non è riconosciuto come stella di prima grandezza in NBA e l’età (32) inizia a farsi sentire. Ma è stato uno dei più costanti della truppa di coach McHale, chiudendo come secondo miglior marcatore a 15,5 punti di media col 49,1% al tiro a cui ha aggiunto 6,5 rimbalzi a gara, disputando tutte le 66 partite stagionali. L’argentino è un giocatore completo ed anche quest’anno ha fatto vedere tutto il suo campionario fatto di gioco spalle a canestro, dove con finte e controfinte disorienta sempre gli avversari, e di un pericoloso tiro dalla media (5-6 metri) sia dalla linea di fondo che intorno alla lunetta. Rimane un giocatore poco atletico e rimbalzista, ma non ha mai deluso i suoi allenatori. A dicembre era stato spedito a New Orleans per arrivare a Pau Gasol (accordo poi saltato), ma siamo sicuri che sarebbe stato uno scambio a vantaggio dei Rockets?

Goran Dragic (fonte: nba.com)

La sorpresa – Dopo anni di promesse non mantenute (aveva fatto intravvedere solo qualche lampo del suo talento orchestrando alle spalle di Steve Nash), Goran Dragic ha sfruttato in pieno l’occasione capitatagli a Houston con l’infortunio di Lowry prendendo in mano le chiavi della squadra ed emergendo nel ruolo di point guard e leader dei texani. Lo sloveno, giunto a febbraio 2011 da Phoenix, ha chiuso la stagione con 11,7 punti e 5,3 assist di media con punte di 26 e 14 rispettivamente (quest’ultimo career high). Cifre inferiori ai vari Martin (17,1 punti in 40 gare), Scola e Lowry (14,3 in 47), ma in costante crescita, soprattutto negli ultimi due mesi di regular season. Da segnalare anche l’ottima stagione di debutto del rookie (seconda scelta) da Florida Chandler Parsons che, rientrato dall’esperienza francese durante il lockout, ha progressivamente guadagnato spazio in ala piccola (a discapito di Budinger) chiudendo con 9,5 punti a partita.

La delusione – È difficile individuare un giocatore che abbia “steccato” la stagione. Si potrebbe citare Jordan Hill, ma è stato spedito a Los Angeles (dove peraltro nei Lakers qualcosa di buono l’ha fatto vedere) o Kevin Martin, da cui ci si aspettava qualcosa di più ma che è giustificabile per via degli infortuni. Così la delusione maggiore è rappresentata dal mancato approdo ai playoff, accarezzati per lunghe settimane e sfuggiti nelle ultimissime partite. È in quei frangenti che si è notata maggiormente l’assenza di un go-to-guy nel roster, per risolvere quelle situazioni che il collettivo, encomiabile per il suo lavoro, non riusciva a superare.

Estate intensa per il GM Daryl Morey e l'allenatore Kevin McHale (fonte: nba.com)

Prospettive future – Quella alle porte sarà un’estate interessante in Texas. Il monte salari si alleggerirà degli accordi importanti di Camby (che ha comunque manifestato la volontà di rimanere) e Fisher (rilasciato subito dopo il suo arrivo), liberando circa 12,6 milioni di dollari. I Rockets hanno alcune team option da poter far valere ed in particolare dovrebbero rimanere sia Sam Dalembert che Pat Patterson e Chase Budinger, questi ultimi due ancora con il contratto da rookie, portando così il totale degli stipendi poco oltre i 40 milioni di dollari. Quanto basta per lasciare margine per operazioni anche importanti. Inoltre Kevin Martin entra nel suo ultimo anno di contratto (che chiama 13 milioni di dollari circa) ed è quindi appetibile sul mercato per uno scambio, mentre a Courtney Lee, che si è ben comportato in assenza del compagno di reparto, può essere proposta la qualifying offer per estendere di un altro anno il suo legame. Il compito principale del general manager Daryl Morey sarà di decidere cosa fare in cabina di regia. Dragic ha dimostrato di poter guidare da titolare una franchigia e sonderà il mercato, essendo unrestricted free agent. McHale gradisce lo sloveno, ma il titolare nel ruolo resta Lowry, nonostante siano circolate voci di dissidi con l’allenatore (subito smentite). Tenere entrambe potrebbe però creare una pericolosa rivalità, per questo con una delle due scelte al primo giro (14 e 16) del prossimo draft potrebbe essere selezionata una point guard (ruolo peraltro in cui le alternative non abbondano come altri anni) mentre con l’altra si potrebbe cercare una buona guardia tiratrice (Austin Rivers?) o un lungo, ricordandosi comunque della posizione di Donatas Motiejunas, 20a scelta del draft 2011 (arrivata lo scorso anno da Minnesota in cambio di Brad Miller) che non ha ancora sciolto le riserve sul suo approdo oltreoceano, anche se appare sempre più probabile un ennesimo rinvio in attesa di certezze sul minutaggio a disposizione. Sul mercato dei free agent si opererà di conseguenza, per costruire una squadra che possa finalmente riportare i playoff al Toyota Center.


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