John Wall

Dopo aver minuziosamente analizzato le sorprese di questo inizio stagione NBA, ecco spiccare di contraltare anche le più cocenti delusioni. Il ritmo serrato di questo primo mese di regular season ha portato ad un numero elevato di infortuni ma anche a molte debacle. Quindi noi di Dailybasket abbiamo deciso di fornire anche un personale quintetto dei giocatori che non hanno reso quanto le attese, riuscendo ad esprimersi solo in maniera parziale rispetto ai loro standard.

JOHN WALL, Washington Wizards
16.1 pts, 5.2 reb, 7.1 ast, 39.6% FG, 10% 3p, 79.5% FT
La prima scelta assoluta al draft 2010 era attesa ad una stagione di consacrazione nell’olimpo NBA dopo una prima annata in cui aveva mostrato il suo talento a sprazzi. Certo i suoi Wizards non avevano ben figurato, concludendo la stagione passata con sole 23 vittorie a fronte di ben 59 sconfitte, ma l’ex Kentucky era una delle poche note liete della squadra della capitale, assieme alla maturazione di Nick Young. Le statistiche del suo primo anno sono state tutt’altro che deficitarie, 16.4 punti di media con il 40.9% dal campo e ben 8.3 assist a partita. La stagione attuale non è iniziata secondo le aspettative, infatti i Wizards sono partiti con 8 sconfitte consecutive, mentre la prima vittoria in trasferta è giunta solo pochi giorni fa in casa dei Bobcats, dopo ben 20 partite di regular season. In questi 20 incontri il gioco di Wall non è migliorato, sono calate in maniera consistente le medie dal campo, in particolare la percentuale da oltre l’arco, sono calati gli assist e aumentate le palle perse (4.2 a partita). La prima conclusione che se ne trae è che Wall tende a perdere la fiducia riposta nei compagni, forzando conclusioni che non sono nelle sue corde (vedi le tante triple tentate e sbagliate). “Chiunque riceve la palla tira. Nessuno prova a fare qualcosa di più. E’ come se ci fossimo già arresi. Scendiamo in campo senza lottare e senza voler davvero competere”. Queste parole del play di Washington dopo una cocente sconfitta hanno indotto la dirigenza a licenziare in tronco l’head coach Flip Saunders affidandosi al suo vice Randy Whittman, una soluzione interna ma che difficilmente cambierà gli istinti cestistici di questa squadra. 

DEMAR DEROZAN, Toronto Raptors
14.4 pts, 3.6 reb, 1.5 ass, 38.4% FG, 29.6% 3p, 79.0% FT
Dopo l’addio di Chris Bosh nell’estate 2010 e con le difficoltà affrontate da Bargnani durante il periodo di Jay Triano, sembrava che la squadra canadese dovesse finire nelle mani del talento di USC. Una stagione 2011 conclusasi con medie realizzative di tutto rispetto (17.2 punti con il 46.7% dal campo) aveva lasciato presagire ad un passaggio di consegne delle chiavi dell’attacco di Toronto per il 2012. Ed invece questo scorcio iniziale di regular season ha presentato dei Raptors totalmente dipendenti da Andrea Bargnani, apparso ben più motivato e deciso sotto entrambi i tabelloni. Per DeMar invece tantissime difficoltà offensive, culminate con un calo notevole in percentuale realizzativa e con un gioco più perimetrale e meno penetrativo. Non proprio le caratteristiche del numero 10 biancorosso, da sempre fornito di doti atletiche e primo passo di tutto rispetto. Ma il dato ancor più significativo riguarda il computo vittorie-sconfitte. In presenza di Andrea Bargnani sono arrivate 6 vittorie e 7 sconfitte, mentre nelle 8 partite giocate senza l’infortunato lungo italiano sono arrivate ben 7 sconfitte e 1 sola vittoria (ottenuta solo pochi giorni fa a casa dei Nets). DeMar in queste sconfitte ha prodotto solo 13 punti di media con il 34% dal campo, non riuscendo mai ad innalzare la qualità del suo gioco e a guidare l’attacco canadese.

Metta World Peace

METTA WORLD PEACE, Los Angeles Lakers
5.0 pts, 2.5  reb, 2.0 ass, 32.3% FG, 15.2% 3p, 63.0% FT
Dispiace mettere un personaggio come lui in questa rubrica, ma il rendimento offerto quest’anno dall’ala dei Lakers è il peggiore di sempre nella carriera del giocatore. Segnali inquietanti erano già apparsi lo scorso anno, quando il numero 15 in maglia gialloviola sembrava appagato dalla conquista del tanto desiderato anello (oggetto che tra l’altro fu messo all’asta dal giocatore donando il ricavato in beneficenza), ma le prove che stanno caratterizzando l’inizio di campionato del miglior difensore del 2004 non hanno precedenti. Le cifre dicono che sta tirando con le peggiori percentuali di sempre dal campo e che sta avendo la peggiore media di rimbalzi e palle rubate, nonché naturalmente anche di punti segnati. Ma al di là delle cifre quello che si vede in campo sembra ormai un ex giocatore, lontanissimo parente del realizzatore incredibile dei tempi di Indiana e Sacramento. Il suo rendimento poi sta ricadendo inevitabilmente sulla stagione dei Lakers che ai soliti problemi nel settore point guard devono quindi affrontare una scarsissima profondità anche in quello di ala piccola (visto che Matt Barnes non sta facendo poi tanto meglio). Inevitabilmente quindi la svolta della stagione della Los Angeles gialloviola passerà per un cambiamento di rotta di quel fantastico giocatore che una volta si faceva chiamare Ron Artest.

LAMAR ODOM, Dallas Mavericks
8.0 pts, 4.7 reb, 1.5 ass, 35.2% FG, 27.4% 3p, 58.3% FT
L’inizio di stagione per i campioni in carica è stato a dir poco traumatico (1W-4L), soprattutto per i diversi cambiamenti avvenuti nella squadra texana. Il maggiore di questi è stato probabilmente l’addio del perno difensivo Chandler, che non è stato sostituito da un altro centro di ruolo, ma di fatto dall’ala vincitrice di due titoli ai Lakers. L’arrivo di Odom è stato alquanto misterioso vista la presenza in squadra di due giocatori importanti nei due ruoli di ala come Marion e il leader Nowitzki (senza contare il saltuario utilizzo di Carter quando non è schierato da guardia e l’arrivo successivo di Yi Jianlian). Lamar in quest’inizio di stagione s’è quindi dovuto adattare ad una realtà in cui non è più un perno fondamentale come l’aveva fatto sentire Phil Jackson negli anni in California, barcamenandosi nei più svariati ruoli in campo (visto anche più volte a portare palla). Di certo quest’insicurezza sul suo ruolo in squadra ha portato il giocatore a non rendere al meglio delle sue possibilità; se poi a questo uniamo il difficile ambientamento in uno stato come il Texas per uno che nei suoi anni tra i professionisti quando non ha vissuto in California è stato comunque in un altro paradiso terrestre come la Florida, si possono più facilmente spiegare i suoi minimi storici nei punti segnati, nelle percentuali dal campo, nei rimbalzi presi, negli assist e pure nelle palle rubate e nelle stoppate date. Il talento infinito di questo ragazzo ha bisogno di stabilità e certezze all’interno della squadra in cui gioca, ed adattarsi ad essere uno dei tanti come sta avvenendo quest’anno a Dallas lo mette sicuramente in difficoltà. Ora che però per la franchigia di Cuban le cose sembrano iniziare a girare per il verso giusto, può darsi che Lamar ritrovi lo smalto che l’ha contraddistinto per tutta la carriera. 

Amar'e Stoudemire

AMAR’E STOUDEMIRE, New York Knicks
17.6 pts, 8.0 reb, 1.4 ass, 42.9% FG, 35.7% 3p, 81.0% FT
Dell’ennesimo fallimento della squadra della Grande Mela sono responsabili più o meno tutti, da chi questa squadra l’ha concepita, fino ad ogni singolo giocatore che scende in campo, è quindi stato difficile sceglierne uno solo in rappresentanza anche degli altri. Abbiamo puntato su Stoudemire perché dovrebbe essere la stella designata insieme a Carmelo Anthony, ma a differenza di quest’ultimo si sta prendendo molte meno responsabilità per cercare di tirare fuori dalle sabbie mobili la sua franchigia. Potrebbe venir da pensare che la colpa sia della sopra citata ex stella di Denver, reo di “rubare” molti dei tiri solitamente destinati a Amar’e, ma se andiamo ad analizzare le 3 partite in cui il numero 7 è mancato (3 sconfitte) vediamo come il talento ex Suns abbia segnato appena 16.3 punti tirando 17.7 volte. Se a questo aggiungiamo il fatto che più volte in queste settimane è stato accostato il suo nome a delle possibili trade per rinforzare la squadra, la spiegazione della sua inclusione in questo poco onorevole quintetto è spiegata. Guardando le cifre nude e crude appare evidente che rispetto alla sua prima stagione in maglia Knicks Stoudemire segni quasi 8 punti di media in meno con percentuali peggiori sia da due che da tre punti. Come abbiamo già evidenziato non è lui l’unico problema di una squadra che sembra in grossa difficoltà, ma essendo uno dei simboli su cui si puntava per la rinascita di New York è essenziale che riprenda confidenza con prestazioni ben più dignitose che lo scorso anno sembravano di routine.

DISHONORABLE MENTIONS
Appena fuori da questo quintetto ipotetico, troviamo alcuni esclusi di tutto rispetto. Primo tra tutti la pg titolare degli Orlando Magic, Jameer Nelson (8.1 pts, 38.7% FG, 28.9% 3p). Il prodotto di St. Joseph’s, attualmente fuori per una contusione alla mascella, nelle 18 partite giocate da titolare ha statisticamente prodotto la sua peggior stagione in carriera, paragonabile per impatto alla stagione da rookie del 2004. L’andamento dei suoi Magic pare risentirne in maniera ragguardevole, vedi le recenti debacle contro i Celtics. Non da meno l’inizio stagione del veterano Rashard Lewis (8.3 pts, 38.2% FG, 24.4% 3p), che al cospetto del suo enorme salario (21 milini di $ all’anno) non sta aiutando in alcun modo la situazione dei Washington Wizards. Dopo il disastro iniziale l’ex Magic è uscito dalle rotazioni, salvo poi tornare in quintetto dopo l’esonero di Saunders, non riuscendo però a cambiare marcia. Discorso differente per l’ala degli Hornets, Trevor Ariza (10.2 pts, 38.3% FG, 28.6% 3p) fermato da alcuni problemi fisici all’inguine e dal non avere più Chris Paul al suo fianco. La serie di 9 sconfitte consecutive dei suoi si spiega anche con il suo infortunio e soprattutto con i continui problemi di Eric Gordon. Mentre lo scorso anno New Orleans filava diritta ai playoff, quest’anno sarà lotteria. Chi invece sta calcando i parquet per le ultime volte in carriera è l’ala forte dei Celtics, “tale” Kevin Garnett (13.4 pts, 47.9% FG, 7.5 reb) che è numericamente in lieve calo rispetto alla stagione passata, ma che dimostra di non avere più la solita capacità di tenere ogni contatto e penetrazione di qualsiasi avversario. L’età e il logorio di tante stagioni passate a dominare i tabelloni sono la causa del suo calo di intensità e la serie di 5 sconfitte consecutive dei suoi Celtics ad inizio gennaio, sono evento mai accaduto sin dal suo arrivo alla corte di Doc Rivers nel luglio 2007. Infine per motivazioni totalmente differenti, va citato anche il rookie da BYU, Jimmer Fredette (8.8 pts, 36.5% FG, 38.0% 3p) che reduce da una stagione collegiale leggendaria, ha dovuto affrontare non pochi problemi al debutto in NBA. Su tutti la difficoltà di trovare spazio in un backcourt molto affollato, composto da Evans, Thornton e Salmons, giocatori che vogliono spesso la palla tra le mani. Recentemente partito in quintetto ha saputo dare un ottimo contributo con partite in doppia cifra, a cui però non sono seguite vittorie dei Kings.

Matteo Plazzi ed Eugenio Simoni