Kyle Lowry

Un mese e circa 20 partite disputate rappresentano un periodo sufficientemente lungo per cominciare a ritenere non casuali i risultati delle squadre. Non sono ancora emerse con chiarezza le gerarchie e i rapporti di forza ad ogni livello, ma molte idee ce le siamo già potute chiarire. A livello individuale la situazione è analoga e allora proviamo a vedere quali giocatori, in questa prima fase, hanno reso di più in rapporto alle aspettative. Parecchi sarebbero i nomi che, per motivi differenti, si potrebbero fare, ma abbiamo scelto un quintetto per dare spazio a quelli che con i loro numeri e le loro giocate più ci hanno colpito. Inevitabile poi la menzione di alcuni altri elementi che sono andati davvero vicini ad entrare tra i primi cinque e che magari ci potrebbero entrare nelle prossime occasioni.

KYLE LOWRY, Houston Rockets
14.6 pts, 6.4 reb, 8.0 ast, 38.7% FG, 35.2% 3p, 87.3% FT
Le cifre sono di ottimo livello, ma non si discostano moltissimo da quelle del passato. Dunque ciò che conta maggiormente è la leadership che sta riuscendo a dimostrare in quel di Houston. La squadra, dopo un inizio difficile, si è riscattata con una serie di 7 vittorie in fila (e 9 su 10) ed anche grazie alle sue giocate è in grado di lottare per un posto ai playoffs. Una carriera in crescita costante, ma solo quest’anno ha dimostrato di poter valere davvero il ruolo di point-guard titolare nella NBA e di poter reggere certi livelli di pressione. Difensore attento. Da rivedere ad altissimo livello ma per ora ai tifosi dei Rockets va bene così.

LOUIS WILLIAMS, Philadelphia 76ers
15.3 pts, 2.4 reb, 3.5 ast, 41.6% FG, 40.3% 3p, 83.2% FT
Uno dei più sorprendenti in assoluto. E’ il classico giocatore sorpresa preso al secondo giro (45ª scelta assoluta), elemento di grande impatto dalla panchina, uno dei punti di forza dei lanciatissimi Sixers: quest’anno è migliorato tanto nella produzione offensiva quanto nelle percentuali, soprattutto da tre. Talento offensivo indiscutibile, gli oltre 15 punti di media sono il picco di una carriera NBA – partita da un’annata a quota 1.9 – andata sempre in crescendo e gli valgono ora il ruolo di miglior realizzatore di una squadra giovane ed in ascesa.

James Harden

JAMES HARDEN, Oklahoma City Thunder
16.4 pts, 4.1 reb, 3.3 ast, 46.9% FG, 38.2% 3p, 86.8% FT
Stagione impressionante per il “Barba” diventato una certezza ad altissimo livello insieme ai suoi Thunder, di cui è terzo realizzatore assoluto, a cifre comparabili con le due stelle riconosciute della squadra. Cresciuto rispetto al passato, segna tanto – è il sesto uomo più produttivo dell’intera NBA – perché ha un arsenale offensivo di tutto rispetto che gli permette di guadagnare minuti oscillando praticamente tra tre ruoli diversi. Sa tirare da fuori, ma anche creare con la palla in mano, è diventato molto più concreto, infatti tira meno di 10 volte di media dal campo ma va in lunetta, dove è una garanzia, quasi 7 volte a partita.

RYAN ANDERSON, Orlando Magic
16.2 pts, 7.2 reb, 0.7 ast, 43.4% FG, 41.7% 3p, 85.5% FT
Nell’annata fin qui altalenante dei Magic, la nota più lieta è certamente questo lungagnone nativo di Sacramento. Aveva una media in carriera di 20 minuti, ne sta giocando circa 30 raddoppiando praticamente ogni statistica di quantità. Sta tirando molto bene da tre, che è una delle specialità della casa, perché è un’ala forte perimetrale, teoricamente molto adatta ad aprire l’area ad un centro dominante come Howard. Ma è anche uno che non si sottrae dalla lotta sotto i tabelloni, anche se ha più istinto per il rimbalzo offensivo (3.4 di media) che non il fisico per segnare il territorio sotto il proprio canestro. A Philadelphia ha ritoccato il career-high con 20 (!!!) rimbalzi.

Marcin Gortat

MARCIN GORTAT, Phoenix Suns
15.0 pts, 10.1 reb, 0.8 ast, 56.1% FG, 62.3% FT, 1.8 blk
Il centro polacco sta già facendo disperare parecchia gente nella città di Topolino, che ancora non si capacita di come sia stato possibile cederlo per “spiccioli”. Gortat, che ad Orlando non è riuscito ad emergere perché avendo davanti Howard non aveva chance di essere titolare, a Phoenix ha trovato la propria dimensione e sta sorprendendo la maggior parte degli addetti ai lavori mettendo su ottime cifre. La doppia-doppia di media (con un massimo di 24 punti e 17 rimbalzi) è un dato di tutto rispetto per questo big man che sta beneficiando dell’ottima intesa con Steve Nash, ma si sa far sentire anche in difesa a livello di intimidazione.
 

HONORABLE MENTIONS
Ma ci sono altri elementi andati oltre le aspettative che sono rimasti per un soffio fuori dal nostro quintetto speciale. A cominciare da Mo Williams (14.5 punti col 48% da 3), che in estate pareva sul punto di essere ceduto dai Clippers e ora si sta rivelando fondamentale, per la capacità di sfruttare bene gli scarichi di Paul e dare un contributo offensivo importante (le percentuali al tiro sono ai massimi in carriera). Ma c’è anche un Jeff Teague (12.9+5.2 assist, 45.2% da tre) in grande ascesa, che ha approfittato dell’assenza di Hinrich per prendere possesso della regia degli Hawks, mostrando buona capacità di mettere in ritmo i compagni ma anche di colpire nelle fasi calde. Roy Hibbert (14.0 punti, 9.8 rimbalzi, 1.8 stoppate) poi è uno dei principali motivi dell’ottimismo presente in casa Pacers: che fosse un grande difensore lo si sapeva già, ma quest’anno ha aggiunto al suo arsenale un gancio dal centro dell’area, affidabile sia col destro che col sinistro (uno dei pochi in circolazione a saperlo fare). Per Al Harrington (15.3 punti col 50.8% al tiro) probabilmente c’è un discorso a parte da fare, cifre del genere le faceva anche a New York, ma in pochi avrebbero scommesso su un impatto di questo tipo uscendo dalla panchina in una squadra del livello di questi Nuggets: quando la palla scotta la vuole sempre lui e fino ad ora sta avendo ragione. L’ultima menzione è per un rookie, colui che ha fatto sgranare gli occhi a mezzo mondo: Ricky Rubio (11.4 punti con 8.9 assist) è riuscito in un mese a far impazzire l’America. Passatore sublime, è sembrato anche affidabile al tiro quando contava davvero, a Minnesota iniziano a vedere la luce in fondo al tunnel.

Peppe Mura e Davide Sardi