Napier e Young: due giocatori fondamentali per le sorti di queste due squadre

Napier e Young: due giocatori fondamentali per le sorti di queste due squadre

#7 Connecticut-#8 Kentucky. Alzi la mano chi, non ad inizio di stagione (più probabile), ma l’8 marzo, nemmeno un mese fa, pensava in maniera razionale che anche solo una di queste due squadre sarebbe arrivata a giocarsi il titolo NCAA, se poi le pensavate entrambe siete evidentemente dotati di abilità divinatorie e dovreste mangiarvi le mani perché scommettendoci 10 euro ora sareste probabilmente a Saint Tropez a festeggiare la vincita. Sì perché l’ 8 marzo si chiudevano le stagioni regolari della SEC e della neonata AAC: Kentucky e Connecticut andavano ad affrontare sul suolo avversario rispettivamente Florida e Louisville, due tra le squadre favorite per arrivare alle Final Four. I risultati? Una seconda lezione per Kentucky, 84-65, ed una seconda, sonora, sconfitta anche per UConn, letteralmente annichilita dai Cardinals col risultato finale di 81-48. I destini paralleli di queste due squadre sono proseguiti circa una settimana dopo: entrambe le squadre sono infatti riuscite a raggiungere la finale del proprio torneo di conference, nuovamente contro Louisville e Florida. Sia UConn che Kentucky hanno dato segnali di vita rispetto alle uscite di pochi giorni prima, con gli Huskies sconfitti 61-51 e Kentucky addirittura con l’opportunità di vincere la gara, buttata però via con un uso scellerato dell’ultimo possesso, 61-60 Florida il risultato finale. Forse avremmo dovuto dare più peso ai miglioramenti (comunque minimi rispetto a ciò che si è visto al torneo) visti in quelle due partite, ma si parlava pur sempre di 3 sconfitte su 3 gare contro due squadre da Final Four, perché mai avremmo dovuto pensare di vedere UConn e Kentucky in finale e non Florida e Louisville? Perchè la pallacanestro, come la gente cantata da Mia Martini, è strana, soprattutto al torneo NCAA. Oggi ci troviamo a dover commentare una finale tra Connecticut e Kentucky..e Florida e Louisville? A casa, eliminate rispettivamente da..UConn e Kentucky. Consideratelo uno scambio di favori. Ma dopo aver ripercorso la straordinarietà del cambio di sceneggiatura visto in questa stagione, degno di un film di Don Siegel, entriamo nel vivo di questa finale, di queste due squadre e di quello che ci possiamo aspettare (a questo punto poco) dal loro incontro.

Fermi tutti, è il momento di UConn

Fermi tutti, è il momento di UConn

Iniziamo dagli Huskies: Connecticut è arrivata in finale eliminando in due partite consecutive quelle che erano considerate dalla maggior parte degli appassionati ed esperti le due squadre favorite per la vittoria finale, ovvero Michigan State e Florida. Se le prime tre vittorie degli Huskies erano arrivate in partite sulla carta comunque equilibrate (nonostante i seed) e con squadre che non potevano far pagare particolarmente dazio al leggero frontcourt di UConn, nelle ultime due gare si può tranquillamente dire che i ragazzi di Ollie abbiano stupito gran parte degli osservatori e tutto ciò in primis per una difesa a dir poco eccellente. Infatti sia MSU che Florida sono state costrette a prestazioni da 39% al tiro, ma più delle percentuali a stupire è stata la capacità di togliere completamente agli avversari ogni punto di riferimento offensivo: l’attacco in area degli Spartans è stato spazzato via, limitato a 6 punti in pitturato in tutta la partita; nella partita successiva Florida non ha avuto nulla dalle sue guardie, con Wilbekin incapace di ottenere linee di penetrazione e costretto a 4 punti, 1 assist e 3 palle perse e con un lavoro eccezionale dei ragazzi di Ollie su Michael Frazier che in 32 minuti è riuscito a prendere solo 3 tiri, totalmente avulso dall’attacco dei Gators; lo stesso Patric Young, prima di concludere con un 7-13 dal campo, è stato costretto ad un inizio da 1-7 al tiro con UConn che pur di non concedergli facili conclusioni lo ha mandato con continuità in lunetta con il “sacrificio” di Nolan e Brimah. Florida era statisticamente la miglior difesa della nazione, ma in semifinale UConn ha dimostrato di possedere la miglior difesa del momento. E che momento. Napier, dopo i 25 contro MSU, nella partita contro Florida si è dato ad una prestazione non impressionante a livello statistico, ma assolutamente perfetta per ciò che si è visto sul campo: nel momento in cui ha iniziato ad attaccare con aggressività e a colpire i compagni sul perimetro con i suoi scarichi la partita è svoltata per Connecticut. Una volta innescati i compagni e con un Daniels in ottima serata, cosa non rara in questo torneo, i punti di Napier non erano più una necessità: a UConn serve un Napier aggressivo, dalle ottime letture e che muova la difesa avversaria, se i compagni danno il loro contributo allora i punti di Shabazz non sono più così vitali, specialmente finché dall’altra parte del campo continua ad esserci un lavoro di così alto livello difensivo.

Se trovate una spiegazione logica siamo contenti per voi

Se trovate una spiegazione logica siamo contenti per voi

Andiamo ora a vedere Kentucky. Il viaggio dei Wildcats era forse sotto un certo punto di vista più preventivabile, ma sotto diversi aspetti è stato ancora più incredibile: la squadra di Calipari è piena di talento ed ha approcciato la stagione con addirittura speranze di una stagione perfetta a detta di alcuni, quindi da questo punto di vista la finale di Kentucky dovrebbe stupire relativamente poco. D’altro canto però parliamo di una squadra che ha concluso una regular season molto deludente (mai più di 4 vittorie consecutive da dicembre) e anche in questo torneo NCAA sta ottenendo un successo sì giustificabile dal valore del proprio organico, ma che d’altra parte è più difficile da giustificare con statistiche o aspetti tattici: i ragazzi di Calipari hanno vinto le loro 5 gare con uno scarto totale di 18 punti (minimo storico per una squadra giunta in finale), colpendo con una tripla di Young a meno di due minuti dal termine e sopravvivendo all’ultimo tiro di VanVleet contro Wichita St., inseguendo tutta la partita e guidando solo nell’ultimo minuto di gioco, principalmente grazie ad un tiro da tre di Aaron Harrison, con Louisville, battendo a 3 secondi dalla fine Michigan con un tiro da 3 di Aaron Harrison e sconfiggendo a 6 secondi dalla fine Wisconsin con un tiro dalla lunga distanza di..esatto, Aaron Harrison. Ora, siamo tutti consapevoli che con due centimetri di differenza Kentucky sarebbe potuta uscire in ciascuna delle ultime 4 gare, ma è anche vero che quattro indizi tendono a fare una prova e se a saltare all’occhio sono quei tiri nei secondi decisivi delle gare, bisogna anche ragionare sul come Kentucky sia sempre arrivata a giocarsi le partite all’ultimo secondo e sia sempre riuscita, in un modo o nell’altro (ma principalmente nel modo Aaron Harrison), a portarle a casa: innanzitutto i soliti rimbalzi offensivi, avere 10-15 seconde occasioni ogni partita aiuta e Kentucky sa come far fruttare queste occasioni dato che ha messo a segno 27 punti su seconde occasioni contro i Badgers e ha tirato con oltre il 50% dal campo in 3 delle ultime 4 gare. I Wildcats hanno fatto un ottimo lavoro nel limitare Kaminsky nell’ultima gara (8 punti) e hanno limitato i punti fuori dall’area di Michigan nelle Elite 8, ma non c’è stato a livello difensivo il salto qualitativo di una UConn, tant’è che gli ultimi quattro avversari di Kentucky hanno comunque sempre tirato con oltre il 47% dal campo. Offensivamente la squadra esegue meglio e produce meno palle perse rispetto alla regular season, delle ottime percentuali di Young e degli Harrison già abbiamo parlato presentando le Final Four, ma anche su questo lato del campo il gioco non è mai illuminante, con i rimbalzi offensivi che risultano spesso vitali. A questo punto per spiegare una corsa del genere, in cui hanno battuto in partite tiratissime una #1, una #2, una #3 e una #4 non resta che ricorrere, oltre che all’indiscutibile talento e agli elementi già menzionati, al fattore X, quello delle motivazioni, della fiducia in sé stessi, forse di un pizzico di fortuna, che però aiuta sempre gli audaci. Solo con una completa convinzione nei propri mezzi Aaron Harrison ha potuto colpire con tanta continuità negli ultimi secondi di 3 gare consecutive (peraltro nelle ultime 2 occasioni perfettamente marcato); solo così Kentucky, nella partita in cui ha avuto più difficoltà nell’affrontare la difesa avversaria, contro Louisville, ha tirato fuori una prestazione da 22-27 ai tiri liberi (dove vanno con ottima frequenza), dopo aver tirato col 68% per tutta la stagione, difficile spiegare certe cose con dati o schemi.

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Napier dà indicazioni ai suoi: è lui la stella polare di UConn

A questo punto, dopo un torneo del genere, mettersi a fare pronostici è più inutile del solito, ma quali saranno le chiavi della partita? Sicuramente UConn dovrà provare a limitare lo strapotere fisico di Kentucky sotto le plance (e UConn è ottima nella difesa dell’area concedendo il 42%, ottava nella nazione) e cercare di rendere l’attacco dei Wildcats più un attacco fatto di jumper contestati che non di layup, tap-in e schiacciate, ma attenzione a James Young, più talentuoso e capace di crearsi il proprio tiro rispetto a Frazier di Florida: una sua ottima notte al tiro renderebbe la vita durissima a UConn. Se gli Huskies sono stati ottimi nel far giocare a MSU e Florida il gioco da loro imposto è anche vero che comunque Florida, specialmente nei primi minuti, ha mostrato la vulnerabilità a rimbalzo dei ragazzi di Ollie (247esimi per rimbalzi difensivi), con i Gators autori di 12 rimbalzi offensivi: una Kentucky dominante a rimbalzo offensivo è già stata troppe volte letale perché gli Huskies possano correre il rischio di coloro che li hanno preceduti. A livello di backcourt Kentucky ha spesso sfruttato la fisicità delle proprie guardie per creare problemi alle avversarie, UConn non ha un backcourt così lungo e fisico, ma Boatright è uno dei difensori sulla palla migliori della nazione e gli Huskies hanno dimostrato grandi capacità di limitare le linee di penetrazione avversarie, vedasi Wilbekin, sulle quali poggia buona parte dell’attacco di Kentucky. Se la difesa di UConn riuscisse anche a causare palle perse alle guardie di Kentucky come fatto contro Florida, riportando i Wildcats alla discontinuità offensiva della regular season, allora la partita potrebbe andare dalla parte degli Huskies. Abbiamo accennato prima alla difesa di Kentucky: i Wildcats nella partita contro Wisconsin non hanno convinto con la loro difesa sul perimetro (8-20 concesso) e dovranno fare un lavoro migliore per evitare che le guardie di UConn e Daniels entrino in ritmo, Napier con le sue scorribande in area potrebbe essere un pericoloso accentratore, liberando i compagni con le sue ottime letture di gioco, senza contare ovviamente la letale pericolosità di Napier stesso. I liberi potrebbero essere un altro aspetto da tenere d’occhio: UConn in questo torneo sta tirando con l’85% e sta andando con buona frequenza in lunetta, Kentucky dall’altro lato è specializzata nell’ottenere liberi, ma ha spesso problemi a realizzarli (20-32 nelle ultime due partite). Con Shabazz da una parte e Aaron Harrison dall’altra in caso di finale punto a punto non ci stupirebbero 5 cambi di fronte negli ultimi 30 secondi: a parte gli scherzi (ma neanche troppo), questi due giocatori con la loro abilità di decidere le partite nei finali con i tiri più improbabili ben rappresentano la difficoltà di prevedere il risultato di questa partita, che è probabile venga decisa proprio nei minuti se non persino secondi finali. Kentucky sembra più attrezzata a livello di centimetri, talento, capacità di ottenere canestri ad alta percentuale e apparente “destino”, d’altra parte UConn per vincere dovrebbe svolgere una partita tatticamente perfetta, forzare il gioco avversario con la propria difesa e avere almeno un paio di giocatori che possano sostenere gli sforzi offensivi di Napier: potremmo considerare tutto ciò difficile se non perfino improbabile, ma non essendo l’8 marzo e avendo assistito alle ultime prestazioni degli Huskies darli per sfavoriti e incapaci di un’altra straordinaria prestazione sarebbe quasi una mancanza di rispetto per il lavoro svolto in questo torneo da Ollie e i suoi giocatori.

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John Calipari e Kevin Ollie: tantissimo in palio questa notte

Chiunque vinca, questo titolo avrà un peso specifico ancora maggiore di quello, già enorme, in esso insito: a livello di programma sarebbe il nono titolo per Kentucky, che si avvicinerebbe ulteriormente a UCLA e otterrebbe il secondo titolo in una decade (peraltro appena iniziata) come negli anni ’90, ’50 e ’40, tornando definitivamente ai fasti storici dell’ateneo. Per UConn vorrebbe dire un incredibile quarto titolo dal ’99 raggiungendo, proprio a quota quattro, Duke al quinto posto per titoli conquistati. In ogni caso sarà un titolo per un programma che l’anno scorso nemmeno partecipò al torneo (UConn per ineleggibilità, Kentucky per una pessima stagione che li relegò al NIT). Il titolo però vorrebbe dire ancora di più per gli allenatori delle due squadre: per Ollie sarebbe la conferma di un eccellente lavoro che culminerebbe con un incredibile titolo nel primo anno di eleggibilità dei suoi per il torneo NCAA, inserendolo già nel gotha degli allenatori di college e non solo; per Calipari significherebbe un secondo titolo (in tre anni) che potrebbe portar molti a rivalutare il suo valore come allenatore e il suo “sistema” di one and done. Se questo sia un bene o un male sta a voi deciderlo.

Che dire..tante storie, un lungo viaggio tutt’altro che scontato, un titolo che vale tutto, gli ultimi 40 minuti di gioco della stagione. Come recitano le parole sul campo dell’AT&T Stadium (purtroppo): The Road Ends Here.