Chiunque ad inizio stagione avesse pronosticato Connecticut-Kentucky come finalissima del torneo NCAA 2014, avrebbe ricevuto come risposta “troppo facile”. I talenti che ogni anno entrano, ed escono, da Lexington e la tradizione cestistica che accompagna gli Huskies rendono questi due programmi fra i più vincenti di tutto il college basket, 12 titoli combinati fra i due team, ma anche fra i più criticati e controversi dal punto di vista puramente accademico. Al contrario chi avesse pronosticato questa finale un mese fa, avrebbe ricevuto solo sorrisetti ironici e amichevoli pacche sulle spalle; già perchè di queste due squadre era stato recitato un de-profundis, anche giustificato visto i risultati non propriamente esaltanti della stagione che si andava a cocludere. Ma la “march madness” è proprio questa, dove tutto viene rimesso in gioco e dove possono sempre accadere storie di questo tipo che rendono unico e affascinante questo universo.

uconn2Il trionfo di UConn ha ovviamente due sontuosi protagonisti: l’MVP del torneo Shabazz Napier e il coach degli Huskies Kevin Ollie, della talentuosissima guardia sono proprio i compagni a tessere lodi incondizionate. “Shabazz è il nostro LeBron James” dichiara il centro Phil Nolan, mentre sulla sua serietà e sulla sua importanza nel corso dell’intera carriera accademica è Omar Calhoun a dire che Napier è fenomenale, fondamentale per tutti i compagni dentro e fuori dal campo, un esempio. Parole bellissime per un giocatore che non era certo entrato a UConn per diventare uno dei più grandi di sempre come Ray Allen, Emeka Okafor o come il suo ex compagno di squadra Kemba Walker.Ma gli Huskies non solo solo Napier straordinario protagonista di queste final four è stato anche Ryan Boatright a cui a questo punto tutti chiedono notizie sul suo possibile futuro NBA, “sono talmente felice del presente che non riuscirei a pensare al futuro, adesso riesco solo a dire di essere onorato di giocare per questa università”. Anche coach Ollie non vuole sentire parlare  di futuro, e di come potrà sostituire le numerose partenze, si diceva questo anche il dopo titolo 2011 e la partenza di Walker e adesso a tre anni di distanza siamo qui, anche e forse prorio questo è  il nostro lavoro, viviamo per questo. Dopo i ringraziamenti che il coach ha voluto risevare a sua moglie e sua madre, figure fondamentali della sua vita e che nonostante le ben più importanti battaglie a cui sono state chiamate, non hanno mai fatto mancare il sostegno al coach, riesce ad analizzare la partita in poche frasi, “sapevamo che erano state le guardie a portare i Wildcats in finale, ma abbamo ritenuto che fosse decisivo bloccare Randle sottocanestro, lui aveva ottenuto in tutte le partite del torneo delle doppie doppie e tenerlo a 10 punti e 6 rimbalzi è stato un bel lavoro da parte di tutta la squadra”. Le ultime parole dei vincitori sono, noblesse oblige, lasciate a Shabazz Napier “cosa si può immaginare di più bello di questo mio periodo passato a UConn, dopo 2 titoli, dopo anni passati con 2 coaches straordinari e quattro con compagni che tutti vorrebbero avere è incredibile, mi chiedono tutti del mio futuro NBA cosa a cui non sò proprio rispondere , vorrei solo dire che resterei a Storrs ancora a lungo e che la mia carriera accademica non finisse oggi, anche se oggi è un giorno che ricorderò per sempre”.

Solo frasi appena accennate escono dai Wildcats, tante faccie scure e poca voglia di parlare, tutti sanno che per la maggior parte di questi ragazzi di 18-19 anni è stata una occasione che non si potrà ripetere e la delusione si tocca con mano. Esordisce uno dei gemelli Harrison che dice “all’inizio della stagione eravamo la numero uno del ranking, ma non siamo riusciti quasi mai a giocare da numeri uno, merito del coach riuscire a portarci qui contro ogni pronostico, ci siamo arrivati veramente vicino”. Anche le parole e gli elogi di Alex Poyhtress sono per il coach, “lui ha avuto una pazienza infinita, quando nessuno più credeva in noi lui ancora ci spronava e ci incitava ed ogni giorno ripeteva, lo possiamo fare, tanto che giorno dopo giorno abbiamo cominciato a crederci veramente e finire così ad un passo, purtroppo ad un piccolo passo”. A questo punto diventa coach Calipari dall’alto della sua esperienza a doversi destrggiare fra le miriadi di giornalisti che vogliono disegnare anche il punto di vista degli sconfitti. Si comincia con la domanda relativa alle voci che lo vogliono sulla panchina dei Lakers per il prossimo anno, “Los Angeles ha un coach di basket, l’università di Kentucky anche, non voglio entrare in questi rumors adesso proprio non mi interessano”. Fioccano anche le critiche sul suo operato, qualcuno gli chiede perchè ha tolto Randle dopo solo 2′ di gioco, a cui risponde “perchè è un freshman, perchè è ansioso, perchè è una finale nazionale davanti a 17 miliardi di persone e lui aveva fatto il campo due-tre volte a grande velocità e doveva recuperare, è tutto nella normalità del gioco”. Le domande continuano su Randle è sulla sua possibile chiamata al #1 del prossimo draft NBA, la risposta del coach è di quanto più scontata sostenendo che per adesso lui è uno studente-atleta di Kentucky e che ovviamente non sà altro. Nella sua sempre lucida analisi del match, coach Cal riesce ad individuare anche due delle chiavi della partita “come spesso accade tirare bene i liberi in partite di questo genere fà molta differenza, loro 10 su 10 noi 13 su 24, in un match finito con lo scarto di 6 punti, è un fattore, inoltre quando nel secondo tempo siamo saliti a -3 dovevamo sfruttare il vantaggio fisico e atletico che Randle aveva su Niels Giffey (45 pounds di differenza), invece il ragazzo a ribattuto colpo su colpo e alla fine il tabellino dei due è stato paraticamente identico”, grande merito quindi anche a questo silenzioso protagonista.

Una nota di colore per terminare: la prossima settimana UConn si giocherà il titolo anche nel basket femminile, per una straordinaria doppietta, che non si verifica dal 2004. Allora furono sempre loro, gli Huskies, who else