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Rick Pitino ed i suoi Cards (AP Photo)

Rick Pitino ed i suoi Cards (AP Photo)

RICK PITINO: primo coach della storia a vincere due titoli NCAA con due college diversi, e pure grandi rivali come Kentucky e Louisville, addirittura nel giorno del suo inserimento nella Hall of Fame. Lo fa portando al titolo una UL che si specchia non nel talento individuale, tanto che il solo Dieng più che Russ Smith ha reali chance di carriera nella NBA, ma nell’identità di gioco che fa del pressing a tutto campo pitiniano il marchio di fabbrica, una difesa che spazza velocemente le squadre deboli ma che impoverisce progressivamente le energie pure di squadre forti come Michigan o Duke che non a caso hanno ceduto nel secondo tempo nonostante due play come Burke e Cook in grado di battere il pressing. Le sue parole a fine gara confermano poi la sua leadership assoluta sulla squadra che lo adora e lo segue senza il minimo dubbio.

wolverinesTALENTO DI MICHIGAN: Beilein ha portato alla finale una squadra di grande talento, probabilmente la più talentuosa in assoluto quest’anno, mettendo col tempo in riga i suoi puledri sino a farne una squadra vera che nella finale ha solo pagato la maggiore esperienza dei Cards nei confronti di un team formato soprattutto da sophomores e freshmen. I Wolverines erano carichi di talenti da NBA, in primis Burke che sarà sicuramente il primo play del prossimo draft e potrebbe essere anche la scelta numero 1 visto che il talento nel draft ’13 non è che sia abbacinante ma Burke ha tutto per divenire un top point man fra i professionisti avendo fisico, tecnica e coraggio. Ma pure Robinson III è una pietra preziosa da sgrezzare, forse non un diamante ma uno smeraldo lo può divenire avendo NBA body per fare l’ala piccola e buone mani (gli manca il ball handling), Hardaway Jr non sarà un fenomeno come daddy ma è una guardia alta che fa sempre gola ai pro e Mitch McGary ha tutto per avere un impatto alla Love. In pratica almeno quattro dei Wolverines hanno davanti una carriera nella NBA.

Tim Henderson

Tim Henderson

SPIKE LUKE & CO.: il titolo di Most Outstanding Player è andato ad un colletto blu come Luke Hancock, esperto e furbo tiratore bianco di Louisville, mostrando come nella NCAA l’applicazione ed il coraggio contano (a volte) quanto il talento. La storia di Hancok e quella di Allbrecht la abbiamo raccontata qui (https://www.dailybasket.it/ncaa/dailybasket-live-from-atlanta-spike-luke/) ma è stata anche la final four di Luke Henderson il walk on originario di Louisville che entrò in squadra solo dopo aver tempestato di lettere coach Pitino e che, a causa dell’infortunio di Kevin Ware, ha visto il campo ad Atlanta segnando pure due triple piazzate che hanno riportato sotto i Cards contro Wichita State che a sua volta ha mostrato il buon talento dell’esterno Ron Baker e dell’ala piccola Cleanthony Early. La classe operaia al potere.

Atlanta

Atlanta

ATLANTA: Carina ma non bella, piacevole ma non eccitante, la Coca Cola è l’aspetto storico più interessante di questa città che però ha organizzato delle Final Four bellissime sfruttando le strutture create per le Olimpiadi del ’96 che hanno l’immenso pregio di essere ravvicinate così tutto era comodo, dal Georgia Dome alla Philips Arena (dove hanno giocato le finali di Divisione II e III) a Bracket Town sino alla enorme festa al Centennial Park, dove vi sono stati concerti gratis di artisti del calibro di Sting, Muse, Dave Matthews Band, Ludacris e Florida (vabbè… c’è chi ama l’hip hop) con centinaia di migliaia di persone che hanno generato pure problemi di accesso ed uscita dal parco (a cause dei pochi gates) che solo l’enorme civiltà degli americani ha fatto sì che non degenerassero in seri problemi. Al Dome in due serate oltre 150.000 persone, record battuto, che crediamo verrà sbriciolato l’anno prossimo quando a Fort Worth si giocherà al Cowboys Stadium che di persone ne contiene oltre centomila… Atlanta però si è candidata per l’edizione del 2016 e se le merita anche solo per la proverbiale gentilezza della gente del South, non ci era mai capitato di uscire da una partita salutati e ringraziati dagli stewards…

DOWNS

Mark Emmert, presidente della NCAA

Mark Emmert, presidente della NCAA

IL COMITATO NCAA ED IL POSSESSO ALTERNATO: diciamolo apertamente, la stesura del bracket di quest’anno è stata demenziale ed a pagarne le conseguenze sono stati Duke e Michigan State che avrebbero meritato entrambe di andare alle Final Four ed invece si sono massacrate a vicenda per poi uscire con Louisville finendo non a caso la benzina nel secondo tempo. Blue Devils e Spartans al posto di Wichita State e Syracuse ci stavano eccome, assurdo poi premiare Gonzaga con una #1 per aver dominato la debolissima WCC premiandola poi con un regional facile che non a caso ha portato alla fine gli Shockers di WSU ad Atlanta. Sarebbe poi ora di finirla con il possesso alternato in caso di jump ball, regola assurda ed ingiusta che ha tagliato la testa proprio agli Shockers a cui è stata scippata la possibilità di avere il tiro per i supplementari in semifinale per una palla contesa per al massimo un secondo.

Jim Boeheim

Jim Boeheim

JIM BOEHEIM: ci spiace perché ammiriamo il coach di Cuse ma dopo gli scandali sessuali del suo storico vice-allenatore e la vicenda delle irregolarità con Fab Melo ed altri Boeheim ha mostrato pochissima lucidità nella gestione della semifinale contro Michigan prima non chiamando time out sotto di due a 30” dal termine con Brandon Triche, non uno scienziato del gioco, che è andato a sfondare (anche se il fischio, pure qui, è stato assai dubbio) e chiamandolo poco dopo, stavolta sotto di tre, ma Cooley, il suo play di riserva, si è fiondato subito a canestro trovando una stoppata invece di dare palla a CJ Fair o Southerland per la tripla del pareggio. Cavolata del play o scelta sbagliata del coach?! Brutto poi il siparietto con Doyle in conferenza stampa con Boeheim che, in aperta polemica,  non ha voluto rispondere all’analyst della CBS che gli chiedeva delle sue eventuali dimissioni.

Mark Few

Mark Few

GONZAGA: era stata spianata per bene la strada per portare finalmente alle final four la ex Cindarella d’America, in realtà oramai una potenza grazie al lavoro di Mark Few, ma pure stavolta Gonzaga ha fallito miseramente uscendo con la #9 Wichita State, squadra solida e ben allenata, mostrando i soliti problemi difensivi, il vero limite di Few che è bravissimo a reclutare in tutto il mondo lanciando il canadese Olynyk ed il tedesco Harris ed è un buon allenatore per l’attacco ma che spesso si accontenta di una zonetta per coprire dietro e non a caso uno come Adam Morrison aveva le spalle coperte al college ma nella NBA si è mostrato incapace di difendere. Così quando il biondo freshman Ron Baker spara quattro triple per WSU si chiude il sipario sugli Zags pure quest’anno. Per l’ennesima volta.