INCROCI ( Seconda Parte)

Italia: De Simoni (U.S.M.), Varisco (U.S.M.), Calì (Doria), Trerè (Ausonia), Fossati (Inter), Capello (Torino), Debernardi (Torino), Rizzi (Ausonia), Cevenini I (Milan), Lana (Milan), Boiocchi (U.S.M.). “I primi calci della massima rappresentativa calcistica vennero tirati il 15 maggio 1910, rifilando, in un’Arena assiepata da circa 4mila spettatori, un tennistico 6-2 alla Francia.La vittoria del 15 maggio – annotava la “rosea” milanese – è, si può dirlo, con piena coscienza, una vittoria di squadra, uno per tutti e tutti per uno, una vera vittoria convincente, e che apriva un’era di nuove e più ambite battaglie nel nostro paese. In tutti prevalse la virtù di sacrificio, e solo il Lana, in qualche momento, fece un po’ di giuoco personale, d’altronde meritevole”. L’individualista Pietro Lana dal suo egoismo trasse tre dei gol inferti ai transalpini: nessuna segnatura, invece contro l’Ungheria che, nell’“Epifania” del 1911, passò all’Arena per 1-0. Gli Italiani che sino ad allora erano sempre scesi in campo in camicia bianca, pantaloni bianchi o neri, calzettoni della società di provenienza, si presentarono in azzurro con lo scudo Sabaudo sul petto, e ben sei di loro militavano nella “Pro Vercelli. […] La terza partita disputata dagli “azzurri” nell’Arena ambrosiana fu in scaletta il 7 maggio 1911. Avversaria la Svizzera, scaturì un pari. 2-2, siglato da Gustavo Carrer (Milan) e Arturo Boiocchi (“Unione Sportiva Milanese”). Per il successivo esame coi maestri del foot-ball “mitteleuropeo” bisogna attendere l’11 gennaio 1914, Italia-Austria 0-0, di fronte al Duca di Torino. Alle domande postegli dal cronista della “Gazzetta” l’alto dignitario reale rispose così: “Fossati, capitano (interista) della squadra nazionale, è sotto-tenente del Regio Esercito… dunque ha un’attitudine al comando e alla disciplina… Com’è piccolo il difensore della nostra porta (l’“Unionista” De Simoni). Un vero soldatino italiano”. Queste riflessioni calcistico-militari acquistano un sapore vaticinante”. Virgilio Fossati difatti andò in guerra e dal fronte non tornò. Come tanti altri sventurati giovani della nazione in quell’immane bagno di sangue.

Abbiamo tratto il brano dallo stupendo Milano-L’Arena Napoleonica-Storia Costume Sport di Sergio Giuntini (1996, Comune di Milano-Settore Sport e FIDAL-Comitato Regionale Lombardo). E sempre alle pagine del bel testo, ricchissimo anche dal punto di vista iconografico, ci affidiamo per tracciare altri due paralleli fra football e basketball.

Il primo: “Al seguito delle truppe americane, col compito d’organizzare un programma di esercitazioni sportive di retrovia, nel 1917 giunse in Europa James Naismith, l’ideatore della moderna pallacanestro. Il 1° gennaio 1918, a Gondrecourt, oltralpe, egli dava il via ad un grande torneo militare al quale parteciparono ventuno rappresentative, e l’8 giugno 1919, in attesa dell’arrivo del “Giro d’Italia”, proprio l’Arena ospitò la prima partita italiana di basket passata agli albi. Un confronto in “grigioverde”, salomonicamente pareggiato 11-11, tra “Avieri” della Malpensa e “Autieri” di Monza. Pochi canestri come quelli che, il 4 aprile 1926, all’Arena, su un campo in erba, sanzionarono il debutto della nazionale cestistica: Italia-Francia 23-17. Gli azzurri esordirono, in realtà, in divisa bianca con stemma sabaudo. L’avversario, come avrete notato, fu il medesimo della prima in assoluto calcistica e medesimo il successo che arrise agli atleti in entrambe le discipline.

Diamo il tabellino della partita (primo tempo 12-6): Valera 6, Valli 8, Canevini 9, Brocca, Ortelli, Caccianiga, Fedeli. Alberto Valera accumulò con l’Italia 2 presenze, come Giannino Valli, Canevini, Brocca e Caccianiga, mentre Fedeli e Ortelli si limitarono a quel solo primo, ma storico, gettone.

Il secondo parallelo/incrocio riguarda un altro polisportivo, come il nostro amato Leo: Armando Filiput. “Ex calciatore del “Pieris”, club di Divisione Nazionale C, e cestista dell’“Itala San Marco” Gorizia di serie A, abbandonato l’ostacolismo si cimentò anche nel baseball: sport “principe” nella sua Ronchi dei Legionari. Ad illustrare il curriculum di Filiput basterebbe questa spiccata ecletticità: praticare quattro diverse discipline, e ognuna a livelli d’eccellenza, non è da tutti”. Dal calcio e dall’atletica giocata all’atletica leggera il passo fu breve. Anzi quello di Filiput, campione europeo 1950 a Bruxelles nei 400 ostacoli, addirittura fulmineo, giacché all’Arena Civica di Milano l’8 ottobre 1950 batté con il tempo di 51”9 il record mondiale delle 440 yards hs. Chissà com’era il suo terzo tempo? L’Itala Gradisca giocò molti campionati di A nel dopoguerra, dal 1946-47 al 1953-54, quando vi fu la retrocessione nella serie inferiore. Da sottolineare la chicca di due quarti posti nelle stagioni 1949-50 (16 vinte 9 perse e 1 pareggio) e 1952-53 (12-9-1).

Aggiungiamo un’ulteriore notizia riguardo alla logica della Polisportiva. Appurato che l’Internazionale Milano ha conquistato uno scudetto anche nel basket, va aggiunto che Luigi Beccali, meneghino doc, campione olimpionico sui 1500 metri a Los Angeles 1932 e recordman mondiale della distanza, era un agguerrito interista e nel nome di quel sodalizio gareggiava fieramente e orgogliosamente affermando la sua appartenenza. L’Internazionale ha vinto 18 scudetti nel calcio, 1 nel basket e oltre 20 titoli italiani di atletica. Il Milan peraltro si è distinto anche in bocce, ciclismo e hockey su ghiaccio (in quest’ultima disciplina anche in sinergia con i cugini neroazzurri).

Peschiamo ora da un libro affascinante, Tutti i colori del calcio, autori Sergio Salvi e Alessandro Savorelli (casa editrice Le Lettere): “Negli anni dieci del XX secolo, la società ginnastica senese “Mens Sana in Corpore Sano” (nome di per sé ragionevole e beneaugurante), nata addirittura nel 1871, oggi nota per la pallacanestro, espresse un proprio club di calcio: il Sena, nome latino della città, dalla sgargiante maglia rossa, che si fuse nel 1921 con la Robur, la quale diverrà, meno retoricamente, Siena soltanto nel 1934”. E ancora: “Virtus, veneranda società ginnastica che ha avuto diverse incarnazioni e poi si è data alla pallacanestro (quando giocava anche al calcio indossava un palato biancazzurro comune ad un altro club, il Bolognese, da essa assorbito così come il Nazionale Emilia, dalla casacca palata bianconera)”.

Altre curiosità in ordine sparso… Sandro Mazzola, straordinario campione della Grande Inter e azzurro di gran rango, fu tentato dal basket, e vi giocò anche, prima di comprendere qual era la sua strada definitiva. Chissà che pure la pallacanestro non abbia qualche merito nell’aver forgiato quel fenomenale calciatore che egli è stato. Sandro Gamba, coach che non ha bisogno di presentazioni (e milanista doc), una volta ha raccontato di quando a Milano, città in cima all’Europa nel corso degli anni Sessanta fra calcio e basket, s”inventò una sfida incrociata fra cuoio dei verdi prati e arancia dei parquet. Risultati pubblicitariamente assai interessanti. Ripercorribili? Ci vorrebbe un coraggio che forse oggi non esiste più. Negli anni di Sergent Pepper’s Lonely Hearts Club Band e del Magical Mystery Tour tutto era più possibile, che fosse nel mondo reale o in quello della fantasia. O, forse, le migliori fantasie si realizzavano.

Eppure spesso atleti di entrambi gli sport, football e basketball, adorano le virtù dell’altra disciplina: Per esempio, Billy Costacurta e il capitano rossonero Ambrosini, pesarese quest’ultimo, quindi inevitabilmente condotto alla passione per la palla a spicchi, adorano il basket e non ne fanno mistero. Poi, avete mai visto palleggiare con i piedi Steve Nash? Un autentico mago. Ma, se tale potrebbe essere mera attività circense, di un prestidigitatore completo quale l’ineffabile canadese demiurgo di assist è, invero, per spostarci di nuovo su un piano pù propriamente tecnico, il pressing, i raddoppi, la difesa a zona, i blocchi stessi sono stati mutuati con successo da uno sport all’altro (diremmo, più dal basket al calcio che viceversa). La triangolazione che altro è se non un dai e vai? Per non parlare della scienza degli spazi, così come possiamo anche citare i centravanti-pivot et cetera. Schemi di gioco e fantasia individuale si compenetrano perfettamente, materia comune e imprescindibile concetto, in ambedue gli sport di squadra più diffusi. A quando il time out o l’instant replay nel calcio?

Indubbiamente, tuttavia, gli esempi più fulgidi d’incrocio fra i due mondi governati dalle sfere più popolari rimangono quelli di Elliott Van Zandt e Leo Picchi. Anche se pure Cesare Rubini, detto il Principe o il Padrino a seconda degli umori (altrui), si dilettò, ottenendo spettacolari successi e risultati e accedendo alle relative Hall of Fame, con la palla in due sport diversi: pallacanestro e pallanuoto (nel waterpolo fu addirittura oro olimpico a Londra ’48). Ma questa è un’altra storia. Altrettanto bella.

ALBERTO FIGLIOLIA