Passaggio: un’arte perduta

Aldo Oberto

Osservando le partite, ci sono a volte momenti in cui viene da chiedersi come giocatori di un certo livello possano cadere in un errore tanto banale quanto marchiano: la perdita del pallone per un passaggio sbagliato, sia esso intercettato, deviato o finito fuori campo.

Mettere in evidenza questa carenza della tecnica individuale può apparire eccessivo, ma se le si dedica un poco di attenzione balza evidente come si rifletta, in modo spesso significativo, sul gioco e sul risultato di squadra. Basta pensare che è il mezzo che consente di far circolare il pallone spostando il possesso da un giocatore all’altro e si può fare punto fermo in modo indiscutibile. Se poi si aggiunge che la sua esecuzione, per puntualità e precisione, risulta determinante, nel bene e nel male, la rilevanza di questo aspetto del gioco emerge in modo nitido.

Ogni passaggio – purché, come appena accennato, eseguito con tempi e tecnica corretti – ha in sé una dote concreta: indebolisce la difesa provocando effetti negativi quali sbilanciamento, mancanza di equilibrio, ritardo nei movimenti e nei recuperi, concessione di maggiore libertà al tiratore. Per verificarne la veridicità, basta dedicare pochi minuti e un po’ di attenzione e osservare lo sviluppo delle azioni offensive di qualche squadra (mettendo a confronto, possibilmente, quelle che dispongono di manovre fluide e ben ritmate con quelle che incorrono in pause e inceppamenti).

Quando il pallone circola efficacemente, prima o poi (da intendersi nel volgere di pochi secondi) almeno un difensore è sorpreso fuori posizione, in ritardo e per l’attacco il malfunzionamento difensivo è manna dal cielo che porta ai due o tre punti o al fallo sulla penetrazione.

Ma proprio qui sta il nocciolo della questione. La correttezza delle linee di passaggio, ottenuta con movimenti adeguati e combinati fra il possessore del pallone, che può cercarla con il palleggio, e gli attaccanti senza palla è condizione imprescindibile per ottenere una efficiente ed efficace circolazione del pallone. Non ci sono, e non devono esserci, dubbi in merito, ma quante volte queste semplici norme vengono disattese e perché?

La risposta è semplice e può essere sintetizzata con un termine inequivocabile: esecuzione, la cui correttezza determina o meno l’errore. Quale che sia la tipologia del passaggio – a una o a due mani, battuto a terra, baseball, ecc…. – e/o la posizione sul campo dei due attori coinvolti – due guardie nella fascia centrale del campo, una guardia e un’ala in angolo, un piccolo e un post, ecc…. – una “sbavatura” nel passaggio non può che tradursi in un vantaggio per la difesa. Vantaggio che nella quasi totalità dei casi si traduce nella conquista del possesso di palla.

Un passaggio impreciso, lento, “telefonato” si presta ad essere intercettato e si trasforma in una opportunità per gli avversari. Cosa accade di solito? Basta qualche cenno ai casi più ricorrenti per mettere a fuoco errori e conseguenze.

Il passaggio errato da guardia a guardia, per posizione sul campo dei due giocatori, è quello più pericoloso poiché, se intercettato, può dare il là al contropiede.
Sul penetra e scarica – oggi in voga, soprattutto verso l’angolo per il tiro da tre punti – inatteso, il destinatario del passaggio del penetratore che rinuncia spesso incomprensibilmente a completare l’incursione con il tiro da sotto o in arresto e tiro (dov’è finito costui?) è impreparato o sorpreso non solo tecnicamente (posizione, equilibrio) ma anche, e soprattutto, mentalmente. Può così subire l’intervento di un difensore attento e reattivo che recupera il possesso del pallone o lo devia.

Infine, lo si vede sempre più frequentemente, merita la ribalta il passaggio ispirato dall’intenzione di eseguirlo ma non coordinato con il necessario movimento del ricevente. L’esito? Come si diceva ai bei tempi andati “passaggio indirizzato alle signore sedute in tribuna” e palla persa.

Quindi, sia il contropiede, che produce un effetto esiziale, sia la palla intercettata, che consente il cambio di possesso e la ripresa immediata della manovra offensiva, o quella deviata, che assicura il possesso “ritardato” e, comunque, una nuova opportunità offensiva, il risultato è il ritorno al controllo del pallone da parte della difesa senza aver subito canestro.

Un bel risultato, non c’è che dire. Quante volte le partite finiscono con un divario di un solo punto? Se la causa è un passaggio sbagliato, non c’è da mangiarsi le dita? Forse è opportuno che, soprattutto negli anni di formazione (ma lo spazio per il miglioramento c’è sempre), gli addetti ai lavori dedichino a questo fondamentale un po’ di tempo in più nei loro piani di allenamento.

ALDO OBERTO

Per ulteriori approfondimenti e curiosità sugli stili di gioco delle squadre si rimanda al sito www.lavagnatecnica.it