Dario Colombo

Dario Colombo

A PROPOSITO DI STERLING (E WIKIPEDIA)

Adesso che è finita la gara a chi dice più forte: “Che brava l’NBA a cacciare Sterling”, “Che palle che ha questo Silver, dopo tre mesi da Commissioner ha fatto una cosa che forse nemmeno Stern…” e via discorrendo, la vera domanda che un movimento serio dovrebbe porsi a margine della vicenda Sterling-Clippers è: ne saremmo stati capaci?

Noi che abbiamo copiato dall’NBA, i playoff e l’All Star Game, gli skybox e le cheerleader, la regular season e il terzo arbitro, saremmo stati capaci di copiare l’ NBA anche in questo e cacciare a vita il proprietario di un club per dei commenti a sfondo razziale, per di più non espressi in pubblico ma carpiti in maniera non proprio limpida da una compagna di letto in cerca di vendette o, meglio ancora, di un’uscita di sicurezza ben remunerata?

Adam Silver (foto Getty Images)

Adam Silver (foto Getty Images)

Non state a pensare la risposta, né a chiedere un aiutino come nei quiz che si rispettino: la risposta è sicuramente no.
La risposta è ‘no’ perché siamo da sempre il popolo (e dunque lo sport) della doppia morale, quella esibita nei convegni e nelle interviste e quella poi davvero praticata; ma soprattutto è ‘no’ – per non farla più grande di quella che è e restare all’orticello del nostro povero basket – perché la vera differenza tra il Commissioner dell’NBA e chiunque sieda indifferentemente sulla poltrona di presidente di Lega o di Federazione è che a quello si chiede di decidere, ai nostri si chiede di mediare. A Silver, una volta accordata la fiducia e firmato il ricchissimo contratto, si lascia completa autonomia sapendo che comunque deciderà per il bene della lega; a questi, pur dopo aver accordato voti e fiducie di vario titolo e spessore, si chiede di ricambiare sempre e comunque voti e fiducie con decisioni che non scontentino nessuno e soprattutto non appaiano nemmeno al microscopio a favore di qualcuno: il bene del movimento viene dopo.

Poi, se proprio vogliamo dirla tutta, come ha fatto il mitico Kareem in un editoriale su TIME Magazine andando ancora una volta controcorrente, non è che Silver e l’NBA siano stati così tempestivi. Erano anni che le battute e gli atteggiamenti razzisti di Sterling erano noti in tutti gli States e nessuno aveva mai mosso un dito. Che Paese è mai quello – si è chiesto Kareem – che ha bisogno di una conversazione carpita di nascosto per difendere i diritti delle minoranze?

P.S.: Tra le minoranze da difendere d’ora in poi chiediamo di mettere anche quelli – come noi – che per valutare il valore di un manager da candidare (eventualmente) alla presidenza della Lega, già ottimamente occupata, non cercano il suo curriculum su Wikipedia. Anche perché, con questo criterio, scopriremmo che Sergio Marchionne è laureato in filosofia, ha lavorato in finanziarie e studi legali e non aveva mai messo piede in un’azienda di automobili prima della FIAT. Sappiamo poi com’è andata. Ma, ovviamente, siamo una minoranza a pensarla così.

DARIO COLOMBO