Ancora una partita quasi senza domani per l’Olimpia Milano, ancora l’Efes Pilsen Istanbul sulla sua strada. Nel 1996 si giocavano una finale. Non era l’Eurolega, ma la Korac aveva il suo fascino, a partecipare infatti non erano squadre provenienti dalle fasce medie dei campionati di tutta Europa, ci trovavi nomi come Barcellona o Real Madrid, Alba Berlino e Aris Salonicco oppure Cibona e Partizan.

E per l’appunto Milano ed Efes. Squadre che negli anni successivi sarebbero entrate costantemente tra le partecipanti alla nuova Eurolega allargata. Si giocava con la formula delle due partite, andata e ritorno. L’Olimpia targata Boscia Tanjevic  perse con un solo punto di differenza nel doppio confronto, meno 8 all’andata ad Istanbul, più 7 al ritorno al Forum, e il pubblico milanese rimase a guardare Naumoski e compagni festeggiare sul parquet. Quello stesso pubblico sta ancora aspettando la possibilità di festeggiare qualche traguardo continentale della squadra targata Armani, e in queste ore teme di non poterlo fare neanche quest’anno.  Naumoski allora si chiamava Namik Polat, aveva ottenuto la cittadinanza turca, e a quell’epoca con il nuovo passaporto arrivava anche un nuovo nome (quante volte, leggendo su uno score i nomi Latsis o Makris qualcuno si domandava chi fossero senza sapere che erano la versione greca di Jaric e Nesterovic?). Le squadre erano fatte di italiani veri, veri greci o turchi nati in Turchia da genitori turchi, e di un paio di stranieri, non c’erano ancora le babele del terzo millennio. Oggi i nomi non cambiano, anche perché un bulgaro di nome Ibrasko Jaaberov non trarrebbe in inganno nessuno…

Ancora una partita quasi senza domani, ancora l’Efes. Non più l’Abdi Ipekci, storico palazzo che Flavio Tranquillo una volta definì “la discoteca più grande del mondo” perché già ore prima della gara la musica era totalmente assordante. Non più Namik Polat, non più Coppa Korac. Ma ancora un’Europa da conquistare, anche solo per un passaggio di turno. L’ultima top 16 targata Armani risale al 2008-09, prima stagione dopo il cambio di proprietà, entusiasmo alle stelle e finale di campionato accolta come un buon risultato. Da allora cambiamenti costanti ad ogni stagione, risultati in calo. Da Vitali a Finley a Cook. Da Katelynas a Hall a Fotsis. Gallinari illuminante campione o Gallinari fonte di ogni colpa. Nomi, parole, si è scritto e detto tutto su una squadra che in Italia è riuscita ad essere per tre anni la migliore tra le seconde e in Europa non ha mai trovato la sua collocazione. E probabilmente non ha mai trovato il proprio equilibrio, sia sul parquet che nelle stanze dei bottoni. Perché alla fine questo magnifico giochino che ci esalta è fatto di questo: equilibrio, squadra, insieme. I corpi in campo sono 5 alla volta, ma le menti che lavorano intorno a quei 5 sono tante.

PAOLA ELLISSE