VIDI OMAR QUANT’E’ BELLO!

Geri De Rosa

E’ una brutta storia, non ci sono dubbi; è altrettanto vero però che mancano dei pezzi, che sulla vicenda Omar Thomas non è stato detto tutto. C’è stata una corsa, curiosa, di carattere innocentista: molti, infatti, quasi per giustificare l’interesse di qualche squadra nei confronti del buon Omar, si sono affannati a sottolineare il ruolo di semplice vittima del giocatore, trascurando il fatto che è stato falsificato un passaporto, è stato cioè commesso un reato grave. E forse quest’ultimo aspetto andava approfondito meglio. Volendo, poi, si può fare la classifica delle responsabilità: primi i due pseudo-agenti, ovviamente, che sono i veri fuorilegge, poi il giocatore che però non può essere definito solo ingenuo perché aveva almeno il dovere di verificare la validità di quel documento. Sinceramente è difficile definire ingenuo uno che, pur di guadagnare di più, si procura il passaporto di un paese di cui non conosce neanche la capitale, tanto da accettarne uno sloveno al posto di quello bulgaro che gli avevano promesso; e il discorso non vale solo per Thomas ma anche per coloro che hanno trovato un filone legale ma eticamente molto scorretto per moltiplicare il proprio valore sul mercato. Chi usa scappatoie di questo tipo, tutto può essere tranne che ingenuo e poco importa se il consiglio malandrino arriva dall’agente. Torniamo alla vicenda Thomas però perché l’elenco delle responsabilità non è certo finito, almeno a livello morale: c’è una società che lo ha messo sotto contratto, c’è una Lega che lo ha fatto giocare, c’è una Federazione che ne ha accettato il tesseramento. E’ mai possibile che in tutta questa sequenza non ci sia stato un dirigente a cui sia balenata l’ombra di un sospetto? Basta essere appassionati di basket ed averlo seguito un po’ negli ultimi anni, cosa non così comune per la verità nelle alte sfere del nostro movimento, per notare una cosa strana: in una miriade di passaporti macedoni, bulgari, georgiani, montenegrini, russi quello di Omar Thomas è l’unico sloveno. Almeno se si esclude il caso di Arriel McDonald, “sloveno” di Harvey, Illinois, autentico califfo del basket europeo degli ultimi 15 anni. Nel 1997 l’Olimpia Lubiana, “approfittando” del fatto che McDonald viveva in Slovenia da un paio d’anni e che soprattutto aveva sposato una slovena, gli fece ottenere il passaporto. Intendiamoci, eticamente non è il massimo, perché McDonald ha costruito una carriera luminosa e redditizia su questo passaporto; una slovena però se la è sposata, in Slovenia ha fatto una dura gavetta prima di sfondare e con la nazionale slovena qualche partita l’ha giocata. Insomma in Slovenia non danno via i passaporti come lupini come succede in Bulgaria o in Macedonia (almeno devi vivere lì per un po’ e una slovena te la devi sposare, come i casi dei vari Ilievski, Boisa e Stepania dimostrano); possibile che nessuno, a nessun livello, abbia fatto questa semplice considerazione? Non abbia notato questo strano particolare? Probabilmente, un po’ per superficialità, un po’ per scarsa conoscenza dei fatti, tutti se ne sono semplicemente fregati. Anche perché avere l’MVP della Lega 2 da europeo faceva comodo a molti così come, se ci pensiamo bene, fa comodo a molti avere McCalebb macedone, Collins bulgaro e CJ Wallace congolese (!?!), al di là delle lamentele di facciata. Almeno questi passaporti, al contrario di quello di Thomas, sono puliti perché emessi dagli organi competenti: oddio, puliti… diciamo che di illegale non risulta nulla ma la procedura, almeno a livello etico, proprio pulitissima non è (a meno di voler credere alle favole); questa però è davvero un’altra storia.

GERI DE ROSA