FABIO FACCHINI

“Arrivare ad alto livello puo’ essere facile, il difficile è restarci.”
Parole di Fabio Facchini, uno che al massimo livello non solo ci è arrivato, ma ci è anche rimasto fino in fondo.

Sono stato fortunato, perché quando ho iniziato il mondo arbitrale viveva un ricambio generazionale, sia a livello italiano che internazionale, quindi ho potuto prendere il treno giusto. Chiaro che ho anche lavorato molto, non ho mai smesso di studiare, di visionare partite per conoscere le caratteristiche dei giocatori e rivedere le mie gare per correggermi costantemente”.
Fabio nella vita fa l’assicuratore, da subagente per avere il tempo libero da dedicare all’arbitraggio. Non ha mai giocato a basket, e dice che “paradossalmente lo considero un vantaggio perché quando c’è un cambio di regolamento io non vivo il cambiamento con gli schemi mentali del giocatore, non mi immedesimo ma mi limito a fischiare la regola”.
E’ controverso, ammirato o detestato, mai indifferente, spesso accusato di voler essere protagonista più dei giocatori: “divento protagonista mio malgrado, quando le situazioni mi portano a fischiare cose che magari altri non fischiano. Non tutti ci prepariamo alla partita nello stesso modo, io sono capillare”.
Sa perfettamente che ogni allenatore italiano (e in passato non solo…) quando vede la designazione arbitrale, se legge il suo nome raccomanda ai giocatori di tacere, non reagire mai davanti a quel fischietto intransigente: “da un lato mi viene da sorridere, dall’altro ci vedo il riconoscimento della mia preparazione, tutti sanno che io non accetto certe cose, ma sanno anche che possono giocare tecnicamente dentro le regole. Non c’è mai preconcetto, solo conoscenza”.
Recentemente è stato protagonista di un episodio a Cantù; ha interrotto la partita in attesa che un tifoso venisse allontanato. Questa intervista è stata realizzata precedentemente a quella vicenda, ma l’argomento era stato toccato: “credo che spesso manchi l’educazione sportiva, e per questo mi piacerebbe poter incontrare i tifosi prima delle partite, per far capire loro che siamo persone come loro, che come loro amano il basket. Mi piacerebbe spiegare il nostro lavoro, perché anche i tifosi possano comprendere tutto il lavoro, la preparazione e la passione che c’è dietro. Sogno un giorno in cui anche gli arbitri potranno andare in sala stampa a spiegare situazioni tecniche particolari.” Forse in questo modo tutti capiremmo cosa sia la fallibilità, e quanto sia più facile giudicare stando seduti, magari disponendo anche di qualche replay.
L’arbitro Facchini ha partecipato ad ogni tipo di competizione, nazionale ed internazionale. Ha diretto finali, ha calcato parquet sui quali si muovevano i migliori giocatori del mondo, ha viaggiato ovunque il suo fischietto lo potesse portare: “avere l’opportunità di visitare Paesi diversi, confrontarmi con culture, religioni e sistemi di vita differenti mi ha aiutato a crescere, mi ha spinto a rimettermi sempre in discussione, a cancellare gli stereotipi. E mi ha portato ad amare ancora di più l’Italia, al punto che mi piacerebbe che anche in serie A si suonasse l’inno prima delle partite”.
Ora la sua carriera internazionale si è conclusa per limiti di età, e lui, per ringraziare tutti coloro con cui aveva lavorato, ha fatto confezionare una maglietta sulla quale sono riportati i nomi di tutti gli arbitri che lo hanno affiancato in questa avventura mondiale.  
La sua carriera sul campo si avvia alla conclusione anche in Italia (il limite è fissato a 55 anni), quindi Fabio deve pensare al domani: “Credo sia giusto rimettermi in gioco, ma non mi vedo nel ruolo di commissario, mettermi seduto e giudicare colleghi che magari un mese prima arbitravano con me mi metterebbe a disagio; piuttosto mi sentirei di trasmettere la mia esperienza di 35 anni di basket come presidente del Cia o come istruttore. Spero che il progetto di Nardecchia per formare giovani arbitri funzioni, il campo è anche una scuola di vita, e arbitrare è un modo per stare in un mondo che ami crescendo anche come persona”.
Controverso, ammirato o detestato, mai indifferente. Di certo coerente con se stesso, anche quando puo’ costare.

PAOLA ELLISSE