Kurtis Blow è l’autore di “Basketball”. In quel 1984 l’hip hop era ancora una cultura oscura (in Italia almeno) e il rap una musica per pochi (idem). In una cavalcata di poco più di tre minuti, il rapper newyorchese dichiara il proprio amore per la palla a spicchi e immagina un dream team. Anzi, due.
Se in un giorno qualsiasi del1984 il nostro Dj preferito della nostra stazione radio preferita avesse mandato in onda un pezzo rap, lo avremmo insultato pretendendo senza appello un repentino cambio di mestiere. A meno che il poverino non avesse manifestato sincera e immediata redenzione, rendendosi altresì pronto a riparare al torto appena propinatoci con massicce dosi di dance tamarra. Già, cosa potevamo sapere noi, poveri mortali residenti all’interno degli stretti confini dell’impero, dell’hip-hop e della sua diretta espressione musicale, il rap, appunto? Poco più di niente.
D’altra parte, gli Usa erano ancora lontani: trent’anni fa, Toto Cutugno vendeva molti più dischi di Bruce Springsteen, per dire, e noi che ascoltavamo le telecronache del Jordan in tv pensavamo che il Menego avrebbe potuto tranquillamente fare la sua porca figura anche tra i professionisti che ogni anno si giocano l’anello. Non era così, e il sospetto cominciò a farsi largo quando, pochi mesi prima, cominciarono a circolare anche nello Stivale le prime immagini, e le prime partite, dei campioni Nba. Dan Peterson ci fece conoscere tipetti come Magic Johnson, Julius Erving, Larry Bird, una vera e propria illuminazione per noi novelli ragionier Fantozzi della palla a spicchi, fino a poco prima sinceramente convinti che Kareem Abdul Jabbar segnasse i tiri liberi di testa direttamente dalla lunetta. Eravamo eternamente seduti alle spalle di un macchinario che proiettava in loop la Corazzata Potëmkin e noi fermi lì, ad aspettare che la scena totemica della pellicola del grande Sergej Eisenstein, quella dell’occhio della madre, rafforzasse in pochi secondi le nostre certezze. In realtà, il mondo stava cambiando: la visione dell’Nba da vicino ci avrebbe travolto e Toto Cutugno sarebbe diventato da lì a poco un nemico del popolo.
Eppure, per svegliarsi sarebbe bastato poco, tipo non maledire il nostro Dj preferito quando, quel giorno, ci aveva proposto un rap. Magari avrebbe voluto catechizzarci proprio con “Basketball”, di Kurtis Blow e in un colpo solo saremmo riusciti a integrare le (scarse) conoscenze di cose Nba alla nostra fame di musica. Ci saremmo trovati bene, perché “Basketball” è un concentrato di tamarreide e Kurtis Blow, con i suoi baffoni e le catene ben stagliate sul petto, ne è un interprete sublime. Stiamo parlando di un pezzo perfetto per l’epoca, che spiega il motivo per il quale la pallacanestro è la disciplina sportiva più bella al mondo e in più ha il merito di fornire all’ascoltatore un supporto enciclopedico di gran valore: non è poco, davvero. Blow, infatti, grazie a un elenco, certamente non esaustivo, riesce a condensare il passato e il presente e a mettere insieme, almeno idealmente, un roster di prima grandezza. Ecco dunque, tutti insieme a calpestare lo stesso parquet, Moses Malone, Adrian Dantley, Isiah Thomas, Dominique Wilkins, i già menzionati Jabbar-Bird-Erving, Bernard King, George Gervin, Darryl Dawkins, Ralph Sampson, Clyde Drexler. Nella narrazione del brano tutti corrono, divertono, mettono in pratica il pick and roll, schiacciano che è un piacere. Loro sono (Sampson compreso, ehm…) i re del basket, come il modesto Kurtis è “il re del microfono”, nonché i discendenti di grandi vecchi, anch’essi protagonisti della canzone. E anche stavolta l’elenco è lungo: Blow tira dentro Nate “Tiny” Archibald, Chamberlain (“dov’eri la notte in cui Wilt segnò 100 punti?”), Earl “The Pearl” Monroe, “Pistol” Pete Maravich, Rick Barry, Bill Russel, Jerry West, Willis Reed. Insomma, un dream team, anzi, due. “Questi giocatori non potrebbero essere mai sconfitti”, sentenzia orgoglioso il Nostro.
Passato e presente (quello del 1984, ovvio) per ribadire la superiorità assoluta del basket, in una rap-song che non passerà alla storia (non in Italia, almeno) ma che è pur sempre in grado far scendere una lacrimuccia. Nonché provocare qualche mala parola: date un’occhiata al videoclip (peraltro, non si sa perché, frequentato da soggetti obesi in abbondanza) e guardate come palleggiano (e schiacciano) gli attori presenti. Da prenderli a schiaffi. Se ci buttate un’occhiata, meglio tenere lontani i bambini, specie nel caso frequentino il minibasket, potrebbero riceverne un trauma.
E Kurtis Blow dove si è cacciato? Tra alti e bassi, continua a occuparsi di musica e intanto rischia la stessa fine di Buster Keaton. Se il grande attore e regista finì la carriera accanto a Franchi e Ingrassia, le sue ultime comparsate Blow le ha fatte nientedimeno che a fianco di Er Piotta e Articolo 31. Un buen retiro proprio no?