(Foto di Claudio Devizzi Grassi 2014)

JaJuan Johnson arriva alla corte di Corbani (Foto di Claudio Devizzi Grassi 2014)

Alla fine, come ampiamente pronosticato, Cantù esce tutta intera dalla querelle creatasi negli ultimi giorni con la FIP in merito all’acquisto di JaJuan Johnson. Poche ore fa si è infatti espressa la Corte Federale di appello presieduta da Carlo Maria Scipio che si è espressa a favore dei brianzoli giudicando regolare il loro comportamento in sede di mercato e giudicando dunque valido l’acquisto del lungo ex Pistoia, che potrà essere regolarmente schierato. La società con a capo il russo Gerasimenko ha sfruttato a proprio vantaggio il sesto capitolo delle Disposizioni Organizzative Annuali Professionisti 2015-2016 con una libera interpretazione, come già spiegato dal nostro Fabrizio Quattrini e come viene confermato dalla sentenza di oggi: per la poca chiarezza nel capitolo preso in esame il settimo tesseramento non è considerata una condizione obbligatoria per cambiare formula e passare al 3+4+5 senza potersi opporre. Una società, in questo caso Cantù, ha il diritto di poter continuare a schierarsi con il 5+5, a patto che ci si impegni a depositare 12 contratti ossia il numero minimo dei contratti per il 3+4+5, l’inaccessibilità ai premi Serie A-FIP per la stagione (non un problema per la nuova gestione) e il versamento dei 40.000 euro per il ‘cambio di formula’ (già fatto anche questo). Se Cantù sorride, aggiungendo un altro tassello per consegnare a coach Corbani una squadra ancor più competitiva di quel che era, la FIP è la grande sconfitta della vicenda. L’organo di gestione della pallacanestro italiano, affidatosi alla Corte Federale per poter annullare il trasferimento, si fa mettere nel sacco non dall’Acqua Vitasnella, ma da se stessa, visto che le righe prese in questione dai brianzoli sono poco chiari, oseremmo dire contraddittori: ed è qui che nasce la libera interpretazione da parte di Gerasimenko e soci, dando un’altra pesante botta alla credibilità di un organo che già in passato aveva dimostrato di non avere la situazione perfettamente fra le mani. E poi ci si lamenta del poco gioco in campo, dei tanti americani, del basso livello del nostro basket: iniziamo ad essere più seri dai capofila, per poi sperare in un miglioramento della situazione con il tempo. Un vecchio detto dice: ‘Il pesce puzza dalla testa’…