(Foto Savino Paolella 2014)

Per Hackett 6 mesi di squalifica (Foto Savino Paolella 2014)

È arrivata nel pomeriggio di ieri la notizia della squalifica di sei mesi, a partire da Ottobre 2014, inferta dal Giudice Sportivo all’atleta Daniel Hackett, reo di aver lasciato lo scorso 18 Luglio il raduno triestino della Nazionale senza autorizzazione.

Il tam-tam di comunicati e commenti sui social che si sono susseguiti dopo la fuga del giocatore, passato nel Dicembre scorso da Siena a Milano, è stato probabilmente uno dei momenti più bassi del nostro movimento a livello mediale. Federazione contro Hackett, Hackett contro Federazione, Hakcett contro Gazzetta, Gazzetta conto Hackett, Milano contro Hackett… di sicuro una storia da non raccontare ai nipotini davanti al falò. Ed il bello è che tutti ne sono usciti con le ossa rotte.

Il primo a subire le conseguenze dei propri errori sarà Daniel Hackett stesso che, a meno di sostanziosi sconti in appello, perderà la stagione agonistica a livello FIBA fino a Marzo 2015 e che sarà, vista la lontananza mostrata in questi giorni, scaricato da Milano che potrebbe chiedere l’annullamento del contratto firmato solo sei mesi fa. Come ha giustamente ricordato anche Mario Scotti, agente ed angelo custode di Hackett, sei mesi vogliono dire perdere una stagione, o comunque una grossa parte di questa, ed un giocatore che solo dodici mesi fa pareva sulla rampa di lancio verso la tanto agognata NBA non può certo permettersi uno stop tale. Scotti ha anche dichiarato che ci sono molte offerte dall’estero per il giocatore (Barcellona dalla Spagna e Fenerbahce dalla Turchia su tutti, due squadre che possono tranquillamente attendere la fine della sanzione visti i rispettivi roster, nda), ma che la volontà del giocatore è restare a Milano, che però non si è fin qui fatta viva direttamente con il suo tesserato.

 (Foto Savino Paolella 2014)

Hackett contro il Fenerbahce. Potrebbe essere la sua prossima destinazione? (Foto Savino Paolella 2014)

Perde Milano che, si con l’arrivo del pesarese ha vinto lo scudetto e sfiorato le Final Four casalinghe di Eurolega, ma che ha investito una somma importante su un giocatore dal valore assoluto ma che non hai mai messo l’Olimpia in cima ai suoi desideri. Per ben due volte infatti Hackett ha rifiutato il trasferimento alla società meneghina: nell’estate 2012 quando preferì l’offerta ed il progetto di Siena ed in quella del 2013 quando Minucci lo aveva ceduto insieme a Moss in cambio un buyout importantissimo per le casse poi risultate vuote delle Mens Sana ma, pur di non andare a Milano, il giocatore accettò una grossa diminuzione dello stipendio. Anche le lacrime trattenute a stento con cui, dopo la beffarda eliminazione rimediata in Eurolega da parte della Montepaschi, il giocatore aveva anticipato il suo approdo all’EA7 non erano certo lo spot di un amore mai sopito. Se, come ammesso da Scotti, la società non ha mai contattato né il proprio tesserato, né il suo rappresentante, lasciando come unici interventi sulla vicenda un intervista del presidente Proli, che categoricamente riprendeva il comportamento del suo atleta senza lasciargli neppure la più ipocrita delle attenuanti, e le dichiarazioni del GM Portaluppi, che parlando di Hackett si è lasciato scappare un non sappiamo quanto involontario “era un giocatore molto importante per noi”, l’immagine della stessa non ne esce rinvigorita.

Daniel Hackett - Foto Savino Paolella

Un’immagine che rischia di essere già di repertorio, Daniel Hackett al raduno della Nazionale nell’estate 2013 (Foto Savino Paolella)

Perde la Nazionale che, analizzando la vicenda dalle dichiarazioni di Hackett, avrebbe forzato un atleta a proseguire l’attività agonistica anche di fronte alla volontà dello stesso di fermarsi. Che poi questa sia arrivato dietro la presentazione di referti clinici, o solo per la richiesta di non prendere parte alle cortissima qualificazione per i prossimi Europei, poco ha a che vedere con l’aspetto etico della faccenda. La Nazionale è un onore, nessuno dovrebbe rifiutarla, MAI, ma quando venne strumentalizzata come ricatto da parte dei giocatori italiani per ottenere un cambiamento a livello regolamentare nessuno fu punito tra gli scioperanti. Hackett ha sbagliato, su questo non ci sono dubbi, ma così facendo l’Italia ha perso uno dei pochi giocatori di livello assoluto che ha a disposizione perché, ne siamo certi, in futuro Pianigiani o i prossimi CT riceveranno sempre un no alle convocazioni.

Perdono anche i colleghi de La Gazzetta dello Sport che, rei secondo Hackett di aver raccontato una verità distorta, hanno gonfiato il petto e iniziato un muro contro muro sfociato poi in un patetico sfogo sulle pagine della rosea verso il rifiuto da parte del giocatore di rispondere alle domande dell’inviato nel giorno del deferimento. Senza stare a polemizzare sulle politiche editoriali del principale quotidiano sportivo italiano, togliere spazio a quello già limitato riservato alle cronache del basket per un fatto del genere è demoralizzante, sia da lettore che da appassionato. Il basket va raccontato nella sua infinita bellezza, ognuno in base alle proprie capacità, e non fatto scadere nel gossip che sta avvelenando il calcio.