Sul parquet qual è stato l’avversario che ti ha messo più in difficoltà?
E sempre mentre giocavi quando hai deciso di intraprendere il mestiere di
direttore sportivo?

Ho giocato nella mia carriera sia da ala forte che da centro e quindi mi
sono scontrato con giocatori che stavano dentro l’area, ma che
gravitavano anche a sei-sette metri dal canestro.
Senza dubbio coloro che mi hanno più impegnato sono stati Oberto e Scola
durante la finale di Coppa Campioni contro il Tau Vitoria di Ivanovic (3-2
per la Virtus Bologna) ed anche Rebraca della Benetton Treviso non lo
definirei di certo un avversario soft.
Per quanto concerne la scelta di intraprendere il mestiere di Direttore
Sportivo, è stato un fulmine a ciel sereno. Avevo appena terminato la mia
seconda stagione a Reggio Emilia come giocatore, culminata con una
straordinaria salvezza sofferta fino all’ultimo. Ero a Verona insieme
alla mia famiglia e una sera, anzi a dire il vero era notte fonda, ricevo
una chiamata dall’AD Dalla Salda. Mi propone, d’accordo con il
Patron Landi ed il Presidente Paterlini, di appendere le scarpe al chiodo
e di sedermi dietro una scrivania. Confesso che all’inizio sono
rimasto un po’ spiazzato, ma dopo una notte di riflessioni ho capito
che era giunto il momento di prendere una decisione importante per la mia
vita ed ho fatto questo grande passo. Una scelta della quale sono molto
soddisfatto a distanza di qualche anno. Ci tengo a ringraziare anche Max
Menetti che soprattutto nel primo anno da dirigente mi ha aiutato a
calarmi alla perfezione dentro questo nuovo ruolo.

Passiamo ai momenti che caratterizzano la costruzione di una squadra in
estate, quali sono i vari step? Si fa una lista per ogni ruolo o si
contatta il giocatore e si attende l’eventuale ok dello staff tecnico
e della proprietà?

Non esistono un diktat preciso e degli schemi pre fissati nella costruzione
di una squadra durante il periodo estivo. Naturalmente le scelte sono
tutte “di staff”, ossia si cerca di confrontarsi il più
possibile per il bene della squadra. E’ chiaro anche che, essendo
ormai al quarto anno da DS, piano piano mi sto prendendo sempre più
responsabilità nelle scelte come impone il mio ruolo. La base di partenza
è sempre rappresentata dagli atleti che hai sotto contratto, si fanno
scelte su di loro e poi si tratta di un domino ad incastri, cercando di
costruire una squadra con delle idee sia tecniche che caratteriali. Per
esempio l’estate scorsa dopo che James White ha rifiutato la nostra
proposta, abbiamo deciso di puntare su Silins da ala piccola e ci siamo
lanciati su un italiano come Polonara.

Con le regole sul numero minimo di italiani non si rischia di proteggerli
troppo e quindi di imbattersi in un “doppio listino” tra
italiani e stranieri?

Un po’ è così, negli ultimi anni il giocatore italiano è diventata una
sorta di specie protetta, e in pratica, se vuoi un giocatore del nostro
paese lo devi strapagare. Ultimamente però la crisi ha calmierato il
mercato, pertanto i prezzi si sono abbassati anche per quanto riguarda gli
italiani. Noi comunque, come filosofia generale, valutiamo la qualità del
giocatore indipendentemente dal passaporto.
Non ci dispiace l’idea di creare un nucleo di italiani che possano
contribuire a formare un gruppo solido e con un attaccamento alla maglia
mediamente superiore.
Inoltre, gli atleti statunitensi difficilmente accettano un contratto
pluriennale a causa del loro modo di pensare virato sul business che li
porta a rimettersi sempre in gioco al termine di ogni stagione.

La Grissin Bon la prossima stagione potrebbe non giocare le coppe europee,
disputare l’Eurocup o addirittura l’Eurolega. In linea teorica
Frosini dovrebbe avere in testa 3 diverse squadre..

Partiamo dicendo che abbiamo già alcuni elementi importanti sotto
contratto; detto questo la squadra sarà quella di quest’anno con
l’aggiunta di un paio di giocatori. Qualora si dovesse raggiungere
l’Eurolega si potrebbe alzare un po’ il target ma sostanzialmente
le cose non verrebbero stravolte. Tutto dipenderà dal risultato finale che
raggiungeremo.

Senza fare nomi perché non me li diresti, ma c’è già l’idea su dove
intervenire? Dove si può migliorare?

Abbiamo le idee chiare, ma ora il nostro obiettivo è sul finale di
campionato e sui playoffs.
Con Vitalis ( Chikoko) ci siamo già portati avanti ed abbiamo
un’opzione per la prossima stagione, in pratica come avevamo fatto
l’anno scorso con Della Valle.
È chiaro che la nostra società è in crescita, vogliamo sempre migliorarci,
ma non dimentichiamoci che siamo ancora giovani come società.

La crescita della società ha avuto un impatto sui rapporti con gli altri
procuratori e i direttori sportivi? Ad esempio nelle trattative, nella
considerazione generale, ecc..

Le cose sono ovviamente cambiate, il pedigree è diverso e le difficoltà nel
raggiungere certi giocatori magari sono un po’ diminuite.
Reggio Emilia è una società di grande blasone e tradizione, ma soprattutto
per gli stranieri il poter giocare due volte la settimana è spesso un
fattore determinante. Noi non giocavamo le coppe e ci siamo scontrati a
volte con trattative proibitive proprio per la volontà dei giocatori di
disputare una competizione europea. Ad esempio nella trattativa con James
White è stata decisiva l’esperienza europea che ci apprestavamo a fare.

Openjobmetis Varese - Grissin Bon Reggio EmiliaChiudo questa chiacchierata chiedendoti cosa faresti se fossi Federico
Mussini..qual è secondo la tua opinione la scelta migliore per il ragazzo
e per il giocatore?

Credo che lui abbia un sogno, come molti ragazzi della sua età, ed è quello
di giocare nell’NBA; detto questo è una scelta difficile, è dura
dargli un consiglio istintivamente.
Lui ha dimostrato di poter giocare in prima squadra in serie A, e in più ha
disputato l’Eurocup, pertanto è molto più avanti rispetto ai giocatori
che eventualmente troverà al college a livello di qualità di gioco.
L’NCAA è un’ottima vetrina nella quale è importante ed
affascinante farsi vedere, quindi spesso i giocatori prendono questa
decisione per mettersi in mostra.
Ad esempio Della Valle, ma anche Hackett, sono andati la per fare si
un’esperienza, ma anche perché qui trovavano meno spazio di Federico.
L’NBA si può raggiungere anche attraverso una crescita costante nel
campionato italiano.