Franco Casalini

Franco Casalini

Era il 14 giugno del 2006, quando si iniziava, al PalaDozza di Piazzale Azzarita, in Bologna, l’ultima finale incerta del nostro campionato, fra Climamio e Benetton. Tutte le successive finali, se ne voglia o no, non avevano altra favorita che la Montepaschi, che difatti ne avrebbe vinto 23 su 26, dal 2007 all’anno scorso.

Il fatto, poi, che sia ancora Siena a giocarsi lo scudetto, accresce ancor di più il valore della società toscana, se ancora ve ne fosse bisogno, dopo la rivoluzione della scorsa estate, a prescindere dal fatto che non goda della certezza di vincere, come nel recente passato. Anche perché, per la prima volta, dovrà vincerlo in trasferta, come nei quarti ed in semifinale, del resto.

In effetti, chiunque abbia voglia di inoltrarsi in previsioni e/o pronostici sia il benvenuto, per quel che può valere: già i playoff in sé sfuggono a qualsiasi logica, figurarsi in una landa inesplorata di una serie al meglio di sette, per di più dopo 28 partite giocate da entrambe le squadre in meno di un mese!

Già: Roma iniziò la post season il 9 maggio, Siena il 10. Quattordici partite dopo per ciascuna, Roma l’ha conclusa il 6 giugno, Siena il giorno successivo.

Entrambe, poi, si sono trovate sull’orlo del baratro in più occasioni: l’Acea dopo la sconfitta interna di Gara 5 di semifinale, la Montepaschi sotto 3-2 con l’EA7, ed entrambe hanno guadagnato la finale come sappiamo, quando molti, se non quasi tutti, le davano per spacciate.

Ergo: guai a fidarsi delle risultanze, tecniche, tattiche, fisiche e ancor più psicologiche dell’ultima partita disputata. Quella bestia imperscrutabile che è il cervello collettivo di una squadra non si lascia penetrare da alcuna riflessione mentale esterna e precostituita, per quanto competente, esperta e razionale essa sia.

Tuttavia, fatta questa debita premessa, proviamo a mettere nero su bianco alcune considerazioni preliminari, in ordine sparso.

1)      Come abbiamo detto, stiamo percorrendo una terra inesplorata. Inesplorata due volte: per il pregresso, ovvero le 28 partite di cui sopra, e il prossimo futuro, altra prevedibile serie da 7 gare: chi reggerà la fatica, lo stress, la pressione più a lungo? Stiamo parlando di due squadre in cui, Eze, Moss, Ress e Carraretto a parte, tutti sono esordienti veri. E giocarsi uno scudetto per la prima volta è cosa unica, relativamente alla quale non sai, finchè non l’hai vissuta, come si può reagire.

2)      Vero, stiamo parlando di grandissimi atleti, Così come l’esperienza insegna che l’adrenalina di una finale supplisce supplisce a tutte le stanchezze pregresse. Già le ultime gare di semifinale lo hanno dimostrato: l’Hackett e il Datome, il Goss e il Brown delle ultime partite lo hanno ampiamente dimostrato. Tuttavia, sempre di uomini si tratta: chi può sapere come arriveranno alle ultime partite? O magari avranno avuto delle involontarie pause in qualcuna delle precedenti, sperando magari che non fossero quelle decisive? E poi, ripeto, la gara 7 di finale, se ci si arriverà (ma questa è l’unica previsione per la quale sento di potermi sbilanciare), la gara 7, dicevo, è evento assolutamente inedito, per le nostre latitudini.

3)      Per Siena, uno dei problemi principali sarà, ovviamente, Gani Lawal, giocatore che non ha contraltare diretto dall’altra parte, sul piano fisico. Intendiamoci: a fronte di possibili 280 minuti davanti a noi, stiamo parlando di una goccia, se non nel mare almeno in un lago sì. Adn ogni modo, il problema per Eze, Ress, Ortner e, forse, Sanikidze, oltre che per coach Banchi, si porrà senz’altro. Magari anche con tanta difesa a zona, come del resto Siena ha già fatto a lungo nei turni precedenti.

4)      Coach Calvani, da parte sua, avrà un altro problema, una goccia forse un po’ più grande, ma sempre goccia, sia chiaro, una delle tante, tantissime cui assisteremo: le penetrazioni costanti e ficcanti di due giocatori, Brown e Hackett, cui contrapporre quelle del solo Goss. Uno squilibrio teorico, che dipenderà da diversi fattori. Un po’ le rispettive difese, certo, ma non principalmente: spesso la miglior difesa su giocatori di tanto talento e forza mentale è quella di impegnarli allo spasimo dall’altra parte: ecco perché un altro pericoloso, continuo penetratore farebbe davvero comodo.

5)      La difesa probabile di Moss su Datome: sarà uno spettacolo nello spettacolo. La mia idea è nota, almeno a me: nel basket di questo livello la difesa ha un impatto relativo: troppo è il talento dell’attaccante perché si possa di sola difesa contenerlo o addirittura fermarlo. Il massimo che puoi ottenere è far sì che: A) faccia la massima fatica possibile. E B) Se non è in giornata, o non sta bene, non possa comunque rubare canestri qua e là. Già il canturino Brooks, pur facendo un eccellente lavoro, ha dovuto alzare bandiera bianca in gara 6 e 7: quale difensore al mondo può fermare un avversario che si gira in allontanamento da 5-6 metri e segna col 60-70 percento? Ecco, l’unica è cercare che ne prenda il meno possibile, di palloni. O che che lo faccia col massimo sforzo: magari ora di gara 7 ne avrai un tornaconto pratico. Ma se Gigi è in giornata, così come David, o Bobby (Jones o Brown), o Phil o chi altri saprà illuminare di sé le finali, ci sarà ben poco da fare, nello specifico, se rendergli la pariglia dall’altra parte.

6)      Quanto bravi sono stati Calvani e Banchi? Difficile da quantificare: di certo al massimo grado. Se le due squadre sono a questo punto, gran parte del merito è loro. Per come le hanno impostate tecnicamente. Per come le hanno cesellate chimicamente. Per come le hanno messe in campo tatticamente. Soprattutto, per come le hanno supportate psicologicamente. Posso, alla luce di tutta l’ammirazione e la stima che ho testè dimostrato, permettermi un piccolissimo consiglio per entrrambi? Ebbene, cari Marco e Luca, non pensiate, adesso, di vincerlo voi ‘sto scudetto. Lasciate che se lo giochino loro, i veri fattori, senza voler intervenire con inutili, talvolta controproducenti “magate” (ricordo uno che tenne la sua stella in panchina per tutto il primo tempo, in una finale…). Il vostro, delicatissimo e difficilissimo compito, adesso, è solo quello di mettere le condizioni affinchè le vostre stelle possano giocarsi tutte le loro chances al meglio. Ricordatevi: nel tempo, si ricorderanno solo i vostri errori, non le vostre trovate. In compenso, chi di voi avrà vinto, godrà di gloria imperitura a prescindere da qualsiasi cazzata possiamo (e mi ci metto anche io) avere commesso in panchina. Un esempio? Quanti allenatori sono più bravi di Zeljko Obradovic? Pochini, vero? Ebbene, nella semifinale dell’anno scorso, a Istanbul, contro lo strafavorito CSKA di Kirilenko, letteralmente si inventò due mosse fantastiche: Jasikevicius in quintetto, e un gioco nuovo di zecca scritto per lui. Andò in vantaggio, è vero, all’inizio, ma comunque dovette soccombere perché Kirilenko e soci, in quella partita, furono semplicemente più forti. E, contrariamente a voi, che siete favoriti alla pari, lui comunque doveva inventarsi qualcosa, se non voleva soccombere fin dall’inizio. Dopo la partita, lo avvicinai per congratularmi: non avevo mai visto due mosse tutte del coach così efficaci in partita del genere. Mi ringraziò, ovviamente, ma poco gliene importava, visto il risultato.

7)      Daniel Hackett e Gigi Datome compiranno 26 anni rispettivamente in dicembre. Tutto lascia pensare (ma sarei in malafede se dicessi che ne sono sicuro, dopo quanto detto finora), che saranno le stelle della finale. Di certo, in sede di pronostico, allo stato attuale delle cose lo sono. Bene, andiamo a cercare nel passato quali giovani italiani (o, meglio, di mezza…età. Come loro) hanno ricoperto lo stesso ruolo, uno per squadra. Non certo negli ultimi sei anni di regno senese, dove gli unici italiani di peso erano Carraretto e Ress, grandissimi, ma non certo stelle attese della finale (a proposito, giovani: chiedete a Tomas Ress come si può migliorare esponenzialmente anche alla sua età. Ma quanto bravo è diventato? Superchapeau!). Dobbiamo dunque tornare ancora a quel 2006, nella già citata finale Fortitudo-Benetton, quando giocavano un certo Belinelli e un certo Bargnani. Tuttavia, sia pur grandi stelle quali già erano e sarebbero ancor più diventati in seguito, non avevano il peso della squadra su di sé, come in realtà Gigi e Daniel hanno, sia pure in condivisione. L’anno prima, la Fortitudo vinse guidata da Gianluca Basile, leader e primo reggente della pressione, ma dall’altra parte non c’era nessun italiano a contrastarlo. E comunque Gianluca aveva passato i 30 anni. Stesse valutazioni per l’anno prima, ancora Fortitudo di Basile e Mens Sana di Galanda, entrambi quasi trentenni. Insomma, ve la faccio breve: era il 1999 quando Andrea Menghin, 26enne stella di Varese affrontava in finale il 27enne playmaker della Benetton, Davide Bonora, mentre altre due superstelle italiane, Gianmarco Pozzecco e Riccardo Pittis denunciavano qualche anno di più. Non faccio per dire, ma proprio quell’anno, con due stelle ancor giovani a “reggere” le finali, vincemmo gli Europei in Francia…

Ma ora basta, le luci del teatro sono già ad intermittenza, si alzi il sipario…