Doum Lauwers

E’ il leader della “rivolta” pacifica dei “passaportati”, colui che ha diffuso nella giornata di ieri la lettera inviata a FIP e Legabasket in merito all’ennesima riforma del nostro basket, che si sta discutendo a Roma in queste ore. Stiamo parlando di Dimitri “Doum” Lauwers, playmaker dell’Air Avellino, inventatosi sindacalista per difendere la particolare categoria di cestisti di cui fa parte.
Nato nel Belgio francofono, sangue friulano nelle vene (la nonna è di Udine), Lauwers si sente italiano a (quasi) tutti gli effetti, e ribadisce in quest’intervista esclusiva il suo punto di vista. Con un italiano da fare invidia a molti atleti cresciuti nel Bel Paese.

Qual è la vostra posizione?
E’ semplice: anche noi siamo italiani e vogliamo essere considerati come tutti gli altri, non svantaggiati dalla regola che esige la militanza in un settore giovanile per 4 anni per essere considerato di “formazione” e quindi italiano a tutti gli effetti.

Avete trovato degli interlocutori alla FIP, alla Legabasket o altrove?
Abbiamo appena rilasciato un comunicato e lo abbiamo fatto prima che venisse presa una decisione definitiva. Ci piacerebbe essere coinvolti a un tavolo di dialogo ma non penso che accadrà. Le risposte che cerchiamo ci arriveranno direttamente attraverso le decisioni che verranno prese nei prossimi giorni. Per ora il nostro unico interlocutore e’ la GIBA, che ci ha espresso comprensione nelle chiacchierate telefoniche che sono intercorse nei giorni scorsi. Chiaramente ci aspettiamo che lo facciano anche nelle sedi opportune.

Pare che nella riforma sia prevista una sanatoria per permettere ai “passaportati” già in Italia di scendere in campo come italiani dalla prossima stagione. Vi ritenete soddisfatti o avete altre proposte?
Oggi questa pare essere l’unica soluzione per mettere fine a una discriminazione che è già in atto. Si sente parlare di questa “sanatoria” ma noi comunque ci aspettiamo di recuperare un diritto che prima abbiamo acquisito e poi “perduto”.

Che ne sarà dei futuri “passaportati”?
Pare che la strada della formazione italiana sia una scelta ormai indiscutibile. Chi arriverà nei prossimi almeno saprà, in anticipo, quali sono le regole della Federazione. Poi sceglierà o meno una strada per far valere un diritto. Noi crediamo di averlo acquisito, questo diritto, e che sta cambiando una regola, cosa che potrebbe penalizzarci enormemente.

Non temete che il vostro movimento sia troppo “piccolo” per poter essere ascoltato? Pensate di rivolgervi all’Unione Europea?
Abbiamo scelto la strada della lettera perché non è nostra intenzione alimentare polemiche, bensì proporre un dialogo costruttivo. Non c’è la volontà di fare altri passi perché confidiamo nel buonsenso degli organi federali e del Presidente Meneghin. L’Unione Europea ha posto all’Italia certe domande, e queste domande sono state fatte perché qualcuno ha segnalato la cosa. Non siamo stati noi, ma sapremmo a chi rivolgerci.

Credi che anche i club beneficerebbero delle vostre proposte? In che modo?
Dicono che gli stipendi sono troppo alti. Se siamo 100 italiani di livello invece di 50, la concorrenza aumenta, il mercato va a favore dei club. Lo stipendio scende ma la concorrenza in campo anche aumenta. Anche noi vogliamo allenarci e sudare per lo stipendio!

Malignamente, si potrebbe dire che non è tanto questione di identità italiana, quanto di un maggiore valore sul mercato e quindi uno stipendio più alto. Come rispondi a questo?
Ma prima dell’ identità italiana e prima dello stipendio vengono i diritti che abbiamo come cittadini italiani. La gente non deve vedere troppa malizia ma deve sapere che è una cosa giusta prima di tutto. Poi ci vedo anche un discorso di identità. Nel volley la Agüero (Taismay Agüero, ndr) che ha vinto tanto con Cuba ha vestito la maglia della Nazionale! Faccio una domanda: perche non è possibile nel basket? Sarebbe un sogno per qualcuno di noi!