Marko Scekich (Foto R. Caruso 2014)

Marko Scekich (Foto R. Caruso 2014)

Questi sono i fatti: nel derby di sabato sera tra Cantù e Varese, Marko Scekic parte in quintetto al posto dell’infortunato Linton Johnson e nel primo quarto gioca ad altissimi livelli mettendo in croce Marco Cusin e tiene la Cimberio ai livelli di Cantù segnando 8 punti e pigliando altrettanti rimbalzi. In seguito il veterano serbo cala, come tutta Varese, ma chiude la gara con 12 punti e 10 rimbalzi in una delle sue migliori prestazioni stagionali.

Passati dieci minuti, quando il Pianella era semivuoto ed oltre ai giornalisti ed i parenti restavano i due gruppi ultras impegnati a pizzicarsi, Scekic esce dagli spogliatoi e va a salutare i suoi ex tifosi con cui per due anni e mezzo aveva condiviso gioie come la finale scudetto e dolori come l’infortunio al crociato e la lenta e difficoltosa ripresa dall’incidente. Gli Eagles gli offrono anche una sciarpa ma il serbo la rifiuta per non “disonorare” la sua nuova maglia bianco-rossa. Partono a quel punto i cori degli Arditi varesini “Marko Scekic uomo di m….” Scekic ci rimane male ma non risponde e si ferma a parlare con la radio locale prima di tornare negli spogliatoi.

Sino a qui stiamo parlando di schermaglie che rientrano nell’opinabile mentalità ultrà, ma oggi Francesco Caielli, che di mestiere fa l’inviato per il quotidiano La Provincia di Varese e non il capo ultrà, scrive in un editoriale: “L’hanno visto tutti il centro serbo (che, tra l’altro, in campo era stato uno dei meno peggio) andare a farsi festeggiare dalla curva degli ultras di Cantù. Abbracci, pacche sulle spalle, sorrisi… roba da matti“. E continua: “Ma chissenefrega se ha ancora amici a Cantù, ci mancherebbe: liberissimo di frequentare chi vuole al di fuori del parquet. Fuori dal parquet appunto, non un minuto dopo la fine di un derby amarissimo, non di fronte alle lacrime di delusione di quelli che sono i tuoi tifosi (biancorossi, non biancoblù, dai non è difficile distinguerli)...”. Chiosando infine con: “Nelle tante delusioni della stagione si aggiunge pure questa. Quella di un uomo che non ha capito proprio nulla di cosa significhi giocare qui… che non ha dimostrato un minimo di attaccamento alla maglia ed alla società che lo paga. Quella di un giocatore che nessuno rimpiangerà, domani, quando non ci sarà più“.

In pratica uno sfogo. Che potremmo capire da un tifoso su un forum, ma che non riusciamo a giustificare arrivando da un professionista pagato e stimato che, pur essendo un cronista locale, non dovrebbe permettersi di criticare Scekic come uomo e come persona, un lottatore che negli anni si è sempre distinto per il suo professionismo e l’attaccamento alla maglia, anche di colore biancorosso. Un editoriale che ora mette in grossa difficoltà l’atleta di fronte alla sua tifoseria, non solo quella estrema ma pure quella moderata. Il basket ha bisogno di ultrà da tastiera o di giornalisti in grado di analizzare la gara, trovarne le chiavi e rispettare gli atleti che sudano in campo?