Il Rosso è tornato. L’Olimpia Milano è lieta di avere come proprio ospite durante i playoffs Arturo Kenney, il grande rosso che diventò negli anni 70 simbolo dello spirito guerriero del club contribuendo alla conquista di uno scudetto (tre spareggi consecutivi contro Varese), una Coppa Italia e due Coppe delle Coppe.
olimpialogo
Adesso Kenney ritorna ufficialmente: verrà celebrato durante l’intervallo della partita di playoff contro la Montepaschi Siena, venerdì 10 maggio al Mediolanum Forum, e la sua maglia numero 18 verrà formalmente ritirata. Kenney ha insistito perché Nicolò Melli continui ad indossarla finché vorrà, ma sarà l’ultimo a farlo. Kenney era un’ala forte fisica che poteva giocare anche da centro, grande spirito (memorabile il suo furore agonistico, con episodi leggendari come l’inseguimento di Moka Slavnic in tribuna a Belgrado: il playmaker aveva cercato di colpire il suo coach intoccabile, Cesare Rubini) e tecnica sottovalutata. Newyorkese, ha giocato nella squadra liceale considerata più forte di tutti i tempi, quella della Power Memorial High School dove la stella era Lewis Alcindor che poi sarebbe divenuto più famoso come Kareem Abdul-Jabbar, una squadra che è stata eletta nella Hall of Fame del basket scolastico americano. Il vice allenatore della squadra era Rick Percudani che poi avrebbe allenato la Pallacanestro Milano e anche Varese. Kenney veniva dalla Francia, dopo aver completato una carriera da Hall of Famer a Fairfield, dove il suo coach era George Bisacca in seguito alla Virtus Bologna. A Milano si ambientò benissimo: amato da tifosi e compagni, rimbalzista indomabile imparò la lingua (anche adesso la parla perfettamente) e lasciava tutto sul campo, era l’Anti-Meneghin dell’Ignis. Rimase tre anni e fece la storia dell’Olimpia: non il miglior giocatore, non il primo a vincere in Europa ma il primo a conquistare una tifoseria e restare legato al club in eterno, anche nel corso della sua eccellente carriera post basket a Wall Street.

Ufficio Stampa EA7 Emporio Armani Olimpia Milano