Gigi Datome (2013 Foto Alessio Brandolini)

Gigi Datome (2013 Foto Alessio Brandolini)

La Fibrillazione a Roma per questa inaspettata e imprevedibile finale scudetto è salita ai massimi livelli, e Toti, in una intervista a La Stampa, conferma che NON si trasferirà nell’asettico PalaEur per godere di questa improvvisa notorietà pur se la richiesta è venuta da tanti appassionati tifosi che temono di perdere il posto surclassati dagli arrivisti presenzialisti, incompetenti di basket che però sanno dove devono andare per farsi notare. Così domenica pomeriggio dalle ore 15.00 al Palazzetto dello Sport si apre la vendita per i biglietti di Gara1 e Gara2 di Finale PlayOffs tra Acea Roma e MPS Siena, rispettivamente martedì 11 e giovedì 13. Alla fine di gara 7, dopo aver staccato il biglietto per la finale, il coach Marco Calvani si è fatto tagliare i baffi, come da promessa. La Virtus Roma torna a giocarsi una finale scudetto dopo 5 anni dall’ultima apparizione, e l’avversario è ancora una volta la Montepaschi Siena. Di diverso però c’è che il fattore campo adesso è in favore dei capitolini, che in campionato sono arrivati terzi davanti alla Mens Sana quinta. Non è poi un così grande vantaggio, visto che seppur l’avversaria non sembra che una copia impallidita della corazzata degli ultimi sei anni targati Simone Pianigiani, è pur sempre una squadra capace di vincere in trasferta a Milano e due volte a Varese per giungere al trraguardo di giocarsi una serie finale. Ogni partita si annuncia già come una lotta all’ultimo coltello. In ogni caso la favola dell’Acea, per una città che vive quasi esclusivamente di calcio e di derby calcistico, riaccende l’interesse per la pallacanestro che sembrava un pò sopito.

Il patron della Virtus, Claudio Toti

Il patron della Virtus, Claudio Toti

Presidente Claudio Toti, undici mesi fa il basket a Roma stava per scomparire, oggi la sua Virtus è in finale…
«In finale dopo aver costruito una squadra in fretta, una società di persone competenti e con il 60 per cento di budget in meno rispetto a quella che raggiunse l’ultimo atto del campionato contro Siena cinque anni fa quando in panchina c’era Repesa e in campo Bodiroga.
Legare il mio nome alla fine della pallacanestro nella Capitale un po’ mi bruciava, ma la scorsa estate ero convinto come mai di non iscrivere la squadra al campionato. Poi, i miei figli e quelli che amano davvero il basket mi hanno fatto cambiare idea.
Il Palazzetto dello Sport non chiuderà per la finale. Sì, ho letto l’invito dei tifosi che chiedono il cambio di sede, ma in gioco c’è lo scudetto e la pressione di 3 mila e cinquecento sugli spalti è un patrimonio da non perdere. Il basket non è come un concerto di Claudio Baglioni: i tifosi appassionati verranno trattati come meritano, file riservate agli abbonati, prezzi differenti. Dico no al tifoso da finale e basta».

L’incredibile avventura di questa stagione pensa abbia fatto riesplodere l’amore della città per la Virtus?
«Credo che abbia fatto riaccendere i riflettori su di noi. Ma adesso niente ansia da prestazione per l’anno prossimo».

Come si costruisce una squadra dopo aver deciso di uscire di scena?
«Si devono vincere tante scommesse e tutte insieme. Sul mercato siamo stati decisionisti. Poi è nata una grande famiglia. I ragazzi vivono tutti nello stesso residence. Cucinano insieme, escono insieme: l’idea della condivisione dello stesso spazio fuori dal campo
la coltivavo da tempo e, adesso, chi arriva a Roma sa che nel contratto trova non solo le cifre dell’ingaggio, ma anche molto altro».

Milano spende 20, Roma 1, ma Milano è fuori dai playoff e voi in finale…
«Noi siamo il modello di noi stessi. Degli altri non parlo se non conosco la situazione».

Siete pronti per l’Eurolega?
«Il nostro direttore generale dice che con qualche piccolo ritocco faremo bene anche nell’Europa più importante».