INTERVISTA IMMAGINARIA A… Cesare Rubini

Cesare Rubini

L’accampamento è provvisorio, le armature devono ancora essere lucidate e molti guerrieri devono ancora arrivare, ma l’Ultima Legione alza gli scudi, e lo fa con un’intervista immaginaria ad un un’istituzione della palla a spicchi, che da un anno non è più tra noi ma certamente guiderà i legionari dal cielo: Cesare Rubini.
La firma è quella di Decio Meridio, di cui vogliamo oggi svelare il nome senza indugiare oltre con gli pseudonimi: è Werther Pedrazzi, che esordisce su DailyBasket con il “numero zero” di quello che presto diventerà un appuntamento fisso nel contesto di un vero e proprio blog. Che la battaglia abbia inizio!

Bestia, che salita. Infinita!
Toc… toc… toc
Con un soffio pneumatico, senza rumore, si aprono gli imponenti Cancelli del Cielo.
“Chi bussa alle Porte del Paradiso? Non aspettiamo nessuno. Tutto fermo, la reception è chiusa. Oggi è giorno di Adorazione”.
Ci scusi, signor San Pietro, veramente noi… Tanto per chiarire: non siamo in anticipo!! Siamo venuti in visita.
“Chi sarebbe questo nostro ospite tanto speciale?”.
Il Principe Cesare Rubini. Sa, è giusto un anno che ci ha lasciato per venire a stare da Voi…
“Ehmm… – anche San Pietro sembra diventare un po’ meno autoritario – Beh… Si può fare un’eccezione. Ecco, lo potete trovate là in fondo, un po’ sotto, ma pur sempre alla destra del Padre”.
Grazie, ben gentile. Ci avviamo, emozionati.
“Che ci fai, tu, qui?.
La voce del Principe è sempre la stessa, tonante. Appare sorpreso. Noi ancora una volta siamo costretti a chiarire. Siamo di passaggio, solo per venire a trovare Lei.
“Mi vorrai mica rompere con la storia che vi manco e che se ne vanno sempre i migliori?.
Ritrovare il Rubini ruvido e burbero ci mette subito a nostro agio. In effetti, gli rispondiamo, di quelli che in vita non hanno combinato una (beata) mazza, chi vuole che se ne ricordi. Piuttosto, ci dica: come si trova?
“Come vuoi che stia? Qui cantano gli angeli, suonano arpe, cetre e violini, tutto è azzurrino, non si suda, non si fa sport, non si combatte (sssttt… è un verbo proibito)”.
Quindi?
“Quindi sto bene, ma mi rompo i maroni!”. “E poi, non sai cosa mi è capitato”.
?
“E’ arrivato anche l’Avvocato Gianluigi Porelli. Te lo ricordi?”.
Ehhh… Ha voglia… Ma sembra che invece di essere contento Lei sia infastidito?
“E ti credo. Mi ha stressato per tutta una vita, con quella sua Virtus, e adesso vorrebbe stressarmi per tutta l’eternità: ogni mezzora arriva e mi vuole sfidare a bridge. Strano, che non sia ancora arrivato”.
Scusi, ma perché non accetta?
“Bravo! Allora non mi conosci. Lo sai o no, che non voglio perdere mai, nemmeno alle carte? E lui, quel dannato Avvocato, a bridge è un vero califfo, era arrivato alla soglia della nazionale – di bridge, s’intende, perché a basket quante gliene ho date. Comunque, alle carte lui è più forte e io non gli darò mai la soddisfazione di battermi”.
A proposito del bridge, Lei ne sa qualcosa di quella mitica sfida tra l’Avvocato Porelli e il presidente del Simmenthal Adolfo Bogoncelli?
“Certo, ero io che facevo il garante”
Dunque?
“Anche Bogoncelli, si piccava di essere un gran giocatore di bridge, così fu ineluttabile la grande sfida: Milano contro Bologna, anche alle carte. Ognuno si scelse il compare, lo scontro avvenne in campo neutro, a Rapallo, e Porelli diede a Bogoncelli una ripassata memorabile. Tra gentiluomini, si sa, i debiti di gioco si pagano e Bogoncelli sborsò, senza battere ciglio, una vagonata di milioni. Ma subito dopo l’Avvocato Porelli girò Marco Bonamico, mica un frillo, all’Olimpia, in prestito assolutamente gratuito. Capito l’antifona? Avversari sul campo, o al tavolo, di gioco, senza sconti, ma sempre pronti a collaborare per l’interesse superiore del basket. Porelli aveva capito che il basket perdeva d’immagine senza una Milano competitiva…”.
Beh… Proprio come adesso…?
“Se sei venuto per provocare… Sono 5 anni che Siena domina incontrastata. Bravissimi, sono sincero, basta che non dicano che oltre al loro fanno anche l’interesse del campionato. Infatti, io tifo come un matto per Siena in Eurolega, ma contro in campionato”.
Principe!?! Guardi che l’Eminenza si offende..
“Tanto, vedrai che non viene fin quassù per cazziarmi”.
Ma allora, un’occhiata di sotto, ogni tanto la butta?
“Si, ma vedo poco o niente. Sai, qui sono all’antica, niente tv, e sui giornali il basket è oramai semiclandestino. Come si fosse sotterrato nelle catacombe”.
Lei con chi se la prende?
“Con Dino Meneghin!”.
Ohi ohi, non eravate amici?
“E allora? Io me la prendo solo con quelli forti”.
Che le avrà mai fatto SuperDino?
“Mi ha tradito! Una volta diventato presidente della Fip si è dimenticato del guerriero che era sul campo. Non ha spazzato via tutti quelli che sono stati i miei più grandi nemici. Ci speravo tanto”.
Quali nemici?
“I burocrati federali. La burocrazia è il cancro che con le sue continue metastasi uccide il basket. Se hai un solo interesse, quello superiore del basket, allora ognuno
deve essere disposto a perdere qualcosa (poco) e alla fine tutti ci guadagneranno (molto). Se, al contrario, ognuno vuole guadagnare qualcosa a scapito degli altri, allora si complicano le norme, si appesantiscono i regolamenti, affinché nelle pieghe ognuno possa trovare soddisfazione al proprio privato interesse. Questo è il significato della burocrazia. E alla fine ci rimette il movimento”.
Ma che bella orazione, però, che c’azzecca Meneghin?
“Il guerriero adesso si è messo a fare anche il “postelegrafonico”, spedisce le lettere… Come quella al presidente del Consiglio Mario Monti, sono quelle cose che si devono fare, anche se non contano un c…”.
Principe, per favore!!! Mi sembra eccessivo…
“Hai tempo, che ti racconto una storia?.
Non quanto Lei, ma insomma, sentiamo…
“Qui, come ben sai no esiste il tempo e se ne incontrano di tutte le razze e di tutte le età. Ho conosciuto una tipo tosto, mi pare si chiami Aessandro Magno. Lui si che era un gran conquistare, e una volta dalle parti di Gordio certi fenomeni volevano metterlo in difficoltà, esporlo ad un fallimento, sfidandolo a sciogliere un nodo che nessuno al mondo era riuscito a sciogliere. Ah si? Chiese Alessandro, prese la sua spada e tagliò di netto quel nodo. Ecco, quello che avrei voluto facesse anche Dino Meneghin con i burocrati, e tutti i loro nodi”.
Arrivederci, Principe, noi torniamo giù, a riferire a SuperDino.

Commentate l’articolo o scrivete a: [email protected]