Ovvero “il fondino”, con i temi caldi dell’attualità. Per discutere e far discutere.

Dino Meneghin

La Grande Riforma del basket è stata varata. Per il momento è un quadro di riferimento. Che in parole povere significa che al momento è una cornice vuota. Ci sarà una Commissione di saggi (speriamo, ma non garantiamo) che si occuperà del disegno e dei dettagli. Si, insomma, allo stato attuale lo hanno definito un “impianto”. Peccato che la lingua italiana abbia quella rigida regola grammaticale per cui alla lettera “p” va sempre anteposta la lettera “m”, poiché una “n” avrebbe reso meglio le preoccupazioni: sarebbe bastato un trattino divisorio: in-pianto. Già. Perché pianti e strepiti già si stanno sentendo.
Due considerazioni soltanto.
Il nucleo fondamentale della Riforma consiste sostanzialmente nella limitazione alla serie A dello status professionistico.
E tutti i giocatori di LegaDue, con la pensione, ad esempio, come dovrebbero metterla? Ma ancora. Se un allenatore di serie A, dunque professionista, l’anno successivo trova lavoro in LegaDue, che fa? L’altalena tra professionista e dilettante?
Senza contare i cattivi pensieri. La Riforma favorirà i salari in nero? Si, perché, seppur dilettante, se vengo a giocare per te mi dovrai pur pagare il tempo e le spese. Anzi, facciamo che tutto passi sotto la voce “rimborso spese”?
La Riforma, poi, sarà davvero così rivoluzionaria?
Opportunamente, si semplifica il campo: una serie A (professionistica) poi due serie inferiori (dilettantistiche), cui non è stata ancora attribuita la denominazione. Per forza: chiamarle serie A-serie B-serie C, avrebbe troppo sapore d’antico.. Ma non sarebbe ora di finirla con la tela di Penelope? E di contrabbandare per novità il ritorno ad un passato che era logico e razionale e che colpevolmente è stato abbandonato? E saremmo anche stanchi delle forze centrifughe che tirano a destra e a manca, secondo i loro interessi, facendo passare per innovativo il più vecchio dei metodi: pro domo propria!
Senza contare, poi, che 122 società su 144 appartenenti alla terza serie (la serie C?) hanno già annunciato ricorso contro la Riforma. E hanno pure ragione. Perché dilettantismo ed eccessiva regionalizzazione farebbero loro perdere ad esempio i premi di formazione per i giocatori che dalle serie inferiori dovessero passare a quelle superiori. In questo caso, non fermatevi alle parole, cercate il significato e le conseguenze dei fatti, la Grande Riforma non finirebbe per disincentivare ulteriormente le società alla formazione e all’addestramento dei giovani? Categoria, quest’ultima, di cui tutti parlano e nessuno si occupa più veramente.
Siamo in movimento, ma siamo ancora un movimento?
A conti fatti, di evidente e certo c’è solo la sottrazione di immagine. Il basket sarà l’unico sport che non avrà le sue squadre nazionali sulla Rai, cioè sul servizio pubblico. E non ci importa di chi sia la colpa. Non è questo il punto.
Mentre rischia di scomparire anche SuperBasket, l’unico settimanale di settore che ancora resisteva al confino del basket decretato dalla carta stampata. La crisi del “nostro” settimanale è un sintomo evidente. Superbasket, amici carissimi, in questo momento dovrebbe diventare la bandiera del movimento. Se un movimento ancora ci fosse…
Vorrei ricordare, brevemente, agli appassionati più giovani la vicenda di Giganti del Basket. Nel 1989 il glorioso mensile entrò in crisi, si mobilitarono e lo salvarono tre presidenti: Antonio Bulgheroni (Varese), Aldo Allievi (Cantù), Gianmario Gabetti (Milano), più due personalità eccellenti che erano stati giocatori, come Angelo Rovati ed Alberto Merlati. Ce ne fosse uno che ancora è rimasto nel basket… Sviluppate voi le considerazioni…
Si potrebbe trovare, oggi, un presidente disposto a salvare Superbasket? Forse. Ma temiamo che poi chiederebbe al giornale di diventare l’house organ della sua società. Questa è la differenza. E allora? Siete nati liberi, amici di Superbasket, e se dovrete morire, meglio farlo ancora da liberi. Oppure? Venite anche voi ad ingrossare le fila dell’Ultima Legione. Vi promettiamo libertà, orgoglio e dignità… E tanta fame.

Commentate l’articolo o scrivete a: [email protected]