L’attesissimo blog è ormai in dirittura d’arrivo, ma anche questa settimana proponiamo i contributi dell’Ultima Legione in questa forma.
Ecco l’Accampamento Alleato, dove si ritrovano nobili e valorosi guerrieri che ancora hanno il coraggio dell’ultima sfida. Averli al proprio fianco è il massimo orgoglio dell’Ultima Legione.

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OVERTIME – di Angelo Costa

Simone Pianigiani (foto Brandolini)

da: Il Resto del Carlino

E’ un basket da Oscar: ecco i migliori titoli dell’anno.

L’arte di vincere. Quarta coppa Italia in fila dopo cinque scudetti consecutivi, in attesa del sesto: Pianigiani non tiene il conto dei record solo perché li aggiorna di continuo. Magari chiedendosi come mai godano della sua stessa ribalta i colleghi ai quali regolarmente dà lezione.

Paradiso amaro. Cantù esce dall’Europa fra gli applausi, subito dopo aver fatto da comparsa in finale di coppa Italia: quando si dice una perdente di successo.

The artist. E’ colui che riuscirà a ridisegnare i destini del canestro italiano, sfondato dalla crisi delle finanze e delle idee, in cerca di una formula stabile e di creatività per risollevarsi, come livello di gioco e di immagine: in un ambiente dove la parrocchietta prevale sul campanile e la pugnalata alle spalle prevale sul confronto, esiste una figura del genere?

La talpa. Il presidente Meneghin è sempre più defilato, quasi a voler accelerare l’uscita di scena preparata da chi l’aveva scelto: per come è stato maltrattato, inutile attendersi che porga anche l’altra guancia.

Quasi amici. Dopo aver rimarcato sul Corsera i fischi ‘inopportuni’ che hanno deciso le due semifinali di coppa Italia, il lupo solitario Pedrazzi ha avviato un interessante dibattito sugli arbitri: almeno lui, da ultimo legionario, conserva quella capacità di indignarsi che in troppi soffocano con la finta signorilità.

Debuttanti. Decisivo con Bologna, protagonista con Siena, fondamentale ad Atene col Pana. Se tre indizi fanno una prova, Nicolò Melli rappresenta una certezza: i giovani, per dimostrare di esser pronti, devono anche giocare.

Il debito. Comunicato di Teramo: ‘Anthony Goods ha deciso di interrompere il suo rapporto con il club a causa del mancato pagamento di parte dello stipendio di gennaio’. Intervista di Francesco Gervasio, presidente di Caserta: ‘Entro fine mese dobbiamo pagare 100mila euro alla Federazione, altrimenti c’è la radiazione’. Come diceva un popolare spot: l’ottimismo vola.

Qualcosa di straordinario. Avviso ai naviganti del parquet: anche se non gioca dall’8 febbraio e pure ieri è rimasta a guardare, Montegranaro esiste ancora. Prima o poi, tornerà anche in campo.

La frase della settimana. ‘Si terrà uno spettacolo di circo equestre nell’inedita cornice del PalaMaggiò, con l’incasso devoluto alla società cestistica impegnata a concludere il campionato di A’ (Il comunicato della Juve Caserta conferma che non siamo più al cinema, ma al circo).

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L’ARTIGLIO DELL’ORSO – di Oscar Eleni

da: Indiscreto

(In viaggio verso Gorizia, Oel ha lasciato all’Ultima Legione i suoi  pensieri notturni)

Oscar Eleni fra i castagni di Gorizia con le mani tutte smangiucchiate e  per la rabbia di una Eurolega che ci lascia con una sola squadra nella fase del gusto, ci dispiace davvero di non poter portare a Pino Brumatti la notizia che Milano, la sua Milano, sembra uscita dal letargo ingiusto e senta fiorire una nuova primavera. Siamo sull’Isonzo per onorare un grande campione, uno che era il cuore dell’Olimpia  negli anni  in cui Cesare Rubini e Adolfo Bogoncelli avevano rifondato la  meravigliosa creatura dopo le stagioni del vino a delle rose, prima come Borletti e poi come Simmenthal. Saremo in largo Masina dove, come dice il biglietto d’invito sarà intitolato il palazzetto dello sport al campione di basket Pino “Pinoooo” Brumatti scomparso nella malasanità che devasta questo Paese dal Nord austro-ungarico al Sud borbonico, che ci ha lasciato quando il suo grande cuore ha detto basta.

Cesare Rubini

Un bel viaggio verso il castello goriziano dove un tempo nascevano grandi campioni, dove il basket ha visto crescere talenti straordinari, una scuola che, purtroppo, la grande crisi ha inaridito, come del resto quella di Trieste. A Gorizia  era cresciuto come giocatore anche il Roberto Premier che divenne l’ariete di Peterson nell’età dell’oro dell’Olimpia  che ha vinto scudetti, coppe dei campioni, che ha fatto storia. Il paron Zorzi che ha costruito la sua storia di giocatore nella prima Varese campione d’Italia, e quella di allenatore a Venezia, è  stato uno dei maestri di questo  meraviglioso giardino dove un tempo anche Jim McGregor ha insegnato ai ragazzi di quella scuola che il basket è vita se corri, se difendi, se hai la mente libera.

Tante ore di macchina sentendo la natura risvegliarsi, ma portandosi dietro anche il ricordo della penultima giornata del girone a 16 di Eurolega, quella che ha promosso Siena anche se a Bilbao è stata beffata all’ultimo tiro, anche se in terra basca non poteva certo avere la mente fresca e i muscoli pronti dopo la quattro giorni torinese che è diventata storia per i campioni in carica, per  chi ha vinto 4 volte di fila la Coppa Italia. Siena , il suo marchio su Torino dove forse non si tornerà più perché ora la RCS cerca piazze dove non è così difficile potare gente al palazzo anche se  tutti erano contenti dei 24mila spettatori delle 4 giornate, 3mila in meno dell’anno scorso per la verità, ma vedendo le finali spagnole ci è venuto il magone perché a Barcellona era sempre pieno anche quando non era in campo il Barca e stiamo parlando del Palazzo olimpico di San Jordi. Comunque sia di questo ci occuperemo dopo aver ascoltato i soliti profetini di sventura che non vedono potenzialità in un basket che, per noi, resta un mondo da vivere nel bene e nel male, sperando sempre che   qualcuno abbia l’umiltà di voltarsi indietro e di capire dove sta sbagliando chiudendo la fortezza al libero pensiero, alla fantasia che servirebbe davvero per far muovere tutto.

Torniamo però all’Eurolega che ha congedato una grandissima Cantù, sconfitta in casa dal Barcellona nella volata finale, un’ altra volta perché era stato così anche in Catalogna. Record d’incasso, grande entusiasmo, ma una lira in meno di quella che serviva per non perdere questa cappa dorata dove abbiamo ritrovato una grande protagonista.

L’Eurolega ha chiuso in faccia la porta anche all’Emporio Armani, ma questa volta non  ha potuto mandare la squadra di Scariolo al portone dove  nella case di lusso si fanno passare gli ambulanti, i fattorini. Eh no. Milano è fuori, ma intanto è andata a vincere sul campo dei campioni in carica che, al momento, per la verità, sembrano proprio come la Grecia, sfiniti, demotivati, inciucchiti davanti ad una difesa che li ha smascherati. Obradovic pensava di mangiarsi l’arancia di don Sergio con la stessa facilità della partita di andata  a Milano. Per  poco non lasciava sul campo il suo orgoglio e la sua idea di superiorità quando si è trovato a meno 15 con 4  minuti da giocare.

L’Olimpia che  abbiamo visto rifiorire in parte a Torino, eliminata non senza qualche dubbio in semifinale da Siena, adesso sembra davvero libera di mente, più convinta di se stessa. Certo aver chiuso il rapporto con l’irriconoscibile Nicholas ha  cambiato tante cose, facendo chiarezza sui rapporti interni. Vedere reagire i greci nel loro regno non è stata un sorpresa, ma riscoprire un Cook propositivo ha fatto un gran bene e il taciturno Omar, insieme a Bremer, può far muovere la gru che deve alzare i piani della nuova casa Olimpia. Nuova casa dove ci stanno benissimo Alessandro Gentile e un Nicolò Melli che non ha più timori, si butta nella mischia, come a Kazan, e  lascia la sua impronta. Sono due da Nazionale per l’estate  e questa è una bella notizia.

Se tutto questo verrà confermato nei prossimi quattro mesi allora avremo un campionato con tre squadre che possono battersi perché la superiorità di Siena, confermata a Torino, non è più così certa ora che Cantù avrà la mente libera e Milano non camminerà contro i muri per paura delle ombre che devono accompagnare grandi società, se hanno avuto un grande storia.

Mentre il mondo basket cerca di capire come litigheranno ancora  quelli che hanno deciso di riformare tutto, sapendo di non avere la forza per rinnovare nulla se manca la spinta ideale, se le idee non diventano più chiare, nella Milano dei canestri ci sono fermenti che vanno ben oltre il sogno di quei giovani che hanno aperto il loro Rucker Park in via  Pirandello per vendere scarpe, maglie, per creare  qualcosa. La Milano che veste Armani, che si nutre all’Emporio di re Giorgio, potrebbe davvero essere interessata ad aprire una trattativa con Ferdinando Minucci, il faraone che ha fondato la grande dinastia senese. I tempi per avere il migliore fra i dirigenti sembrano maturi perché quello che sta succedendo al Montepaschi, inteso come Banca, potrebbe convincere l’uomo di Chiusdino a  cercare altri territori dove costruire le sue piramidi gestionali. Se la stagione dovesse chiudersi in gloria con una Final Four europea, un altro scudetto, quello certo sarebbe il momento per dire ai nuovi, a quelli che magari la pensano diversamente dal Mussari che ha sostenuto ogni passo della divina creatura, che se non ci sarà lo stesso impegno per una  rifondazione allora sarebbe meglio separarsi. Certo troviamo difficile un matrimonio del genere, soprattutto perché Scariolo potrebbe non essere in sintonia con un Minucci abituato a discutere tutto con il suo allenatore, a scegliere giocatori che vanno bene a tutti e due, ma che non accetterebbe ingerenze sul resto della gestione. Fra gente intelligente tutto si accomoda, ma per adesso sarebbe ingiusto disturbare i manovratori anche perché abbiamo un campionato se Cantù e Milano hanno digerito la pagella piena di note di metà stagione, se hanno superato le giornate torinesi e hanno visto più da vicino il  mondo della Mens Sana dove tutti, ma proprio tutti, contano qualcosa, hanno compiti precisi, dove tutti lavorano per arrivare al massimo risultato, avendone la facoltà e la competenza.

Ancora di Oscar Eleni

che di ritorno da Gorizia ci regala

Il Pagellone settimamale

Gigi Datome (foto Brandolini)

10 A Gigi DATOME che nell’ultimo affondo sulla Siena che lo ha  allevato, nel colpo vincente che ha portato bile superflua nel fegato del Pianigiani che, giustamente, deve sognarsi ancora di notte, perché manca ancora un po’ al vero traguardo dove merita di arrivare, in quei tiri liberi c’era anche la liberazione per il Calvani che va davvero forte e deve fare in fretta ad alzare il ponte levatoio perché la setta degli allenatori mai esistiti è pronta a tornare nel giardino dei Toti.

9 Al MAZZON vendicativo che nega di aver dato alla sua Reyer il veleno per far tornare Pesaro quella che era prima della partita di coppa Italia a Torino.

8 A Mason ROCCA, un cuore che fa provincia, perché bisogna essere grandi per non prendersela mai con chi ti legherebbe sulla panchina, con chi pensa davvero di avere inventato  acque caldissime e pensa che nessuno si accorga quando il piano partita va in vacca, quasi sempre nei primi 10 minuti, che nessuno faccia caso alla scelta in guanti antiruggine dell’uomo che cambia tutto in una squadra che  non ha fatto partitoni, ma soltanto scalato piccole montagne che sembrano panettoni.

7 Alla BENNET per aver trattato i dirigenti del Barcellona con molto più stile di quello che distingue in questi ultimi anni la dirigenza blau-grana. Per una Eurolega bellissima, giocata sempre da protagonista e il voto interno della coppa  per le italiane è questo: Siena 9 e mezzo, Cantù 8, Treviso 6, Milano 5 e non diteci che siamo avari perché fra l’esordio con il Maccabi e la vittoria con il Pana  sbandato c’è in mezzo il mar Morto.

6 Al GRICCIOLI di Scafati che ha portato in testa alla classifica la Givova in un campionato dove si gioca dando il massimo, facendo un discreto pubblico, avendo molte più idee dei plantigradi del piano di sopra, anche se alla fine della corsa ci sarà questa “ rivoluzione” che non cambierà davvero niente anche se Petrucci pensa che sia una mossa per far tornare in vita la perfida creatura.

5 A BIANCHINI, candidato presidente federale per la colonna romana guidata da La Guardia, e RECALCATI, candidato presidente per la colonna lombarda diretta da Ragnolini, se non si metteranno d’accordo per arrivare insieme al vertice della piramide tronca dove sbraitano regioni famose per il nulla che hanno generato. Ci servono alleati e non nemici. Se poi riuscissero a fare uscire dal palazzo tutti gli inutili allora gloria a loro.

4  Al PIANELLA per la sospensione di 5 minuti di una partita in attesa che si calmassero gli animi. Dare a Facchini  anche questa responsabilità dopo il 5 secondi sulla rimessa fischiato  contro Milano ci sembra ingratitudine  da chi, certo, non ama l’Armani. A proposito i veri credenti giurano di aver contato  i secondi e aver rilevato l’infrazione dell’uomo di Scariolo, ma altrettanti credenti dicono che il difensore senese aveva le dita negli occhi di Bremer. Visto che siamo nella settimana del faccia a faccia agitatevi un po’. Anche il basket vuole il suo Milan-Juve al veleno con accuse da postribolo. Caro Casalini il tuo idolo Pellegatti ti invita  a sparare, finalmente, dopo tutto questo tempo passato  a Canossa e fra i frati dell’ amor insincero.

3 A Jumaine JONES che sembra uno  dei nostri ragazzini: appena parli bene di loro si devono cambiare il pannolone. Contro la Reyer è rimasto a guardare e Pesaro è tornata sulla spiaggia piena di ricci.

2 Alla LEGA smemorata che tratta con i piedi i suoi ex presidenti, che tratta male tutti quelli che hanno dato qualcosa ad uno sport intossicato, se non spinge RCS ad aggiungere nella giornata  di Pesaro dove l’Italia incontrerà le “ stelle”, ad aggiungere le cose che hanno reso più interessanti le giornate americane dominate da Durant e  dalle interviste di Lin.

1 Alla FEDERAZIONE che organizzerà per il 12 marzo a Pesaro la cerimonia dove saranno ammessi nuovi “grandi” alla casa della gloria perché Scavolini andava premiato sul campo in mezzo ai giocatori, perché questa Casa non esiste ancora, perché si fa tanto fumo e poi l’arrosto se lo mangiano le cornacchie.

0 A TREVISO, GORIZIA, TRIESTE, UDINE,  culle gloriose che ora sono lasciate nel deserto dai presunti ricchi del luogo, dalle amministrazioni locali, da chi non si è accorto che perdendo questa fortezza Bastiano saremo davvero scoperti  per  far arrivare Tartari che non sanno distinguere una mela da un mandarancio, di gente che va in giro ciondolando il capo dicendo che non ci sono più ragazzi da reclutare perché se li portano via rugby e pallavolo. Azz… tornate tutti a bordo.