hamilton singaporeL’immagine di Hamilton che al via del giro di ricognizione affronta sicuro la prima piega verso sinistra, mentre il suo compagno di squadra Rosberg batte con rabbia i pugni sul volante della sua W05 rimasta in folle a causa di un guasto tecnico, è l’immagine che apre e di fatto chiude la gara di Singapore.

Ben due ore di corsa son servite all’inglese per assicurarsi i 25 punti che lo fanno balzare prepotentemente in testa al Mondiale con 3 punti di vantaggio sul team mate, ma sin dai primi giri si è capito che i ridottissimi distacchi tra le prime tre file in qualifica, erano solo una pia illusione per coloro i quali, per tutta la stagione, hanno osservato le Mercedes fuggire dopo poche curve.

Mentre Hamilton, a poco a poco, costruiva a velocità di crociera il suo vantaggio, e Rosberg partito dalla pit-lane con un nuovo volante, soffriva nel superare la Caterham di un sempre più imbarazzante Ericsson, fino a ritirarsi per risparmiare il mezzo, dietro di lui, Alonso dava battaglia alle due RedBull, riuscendo anche a tenerle a bada per quasi metà gara. L’altro alfiere Rosso, Raikkonen, seguiva il piano della Ferrari per recuperare terreno nei Costruttori alla Williams, lottando con le monoposto di Groove, decisamente poco a loro agio nelle strette pieghe del cittadino asiatico, ma come al solito poderose negli allunghi.

A cavallo di metà gara, il susseguirsi di eventi che cambia il volto della corsa: il muretto RedBull, nel tentativo di sopravanzare Alonso, cambia la strategia di Vettel e Ricciardo ed anticipa le loro soste di qualche giro, contando sulla differenza prestazionale tra soft nuove e supersoft usurate, montate in quel momento dall’Asturiano. La Ferrari non risponde e tiene fede alla strategia prefissata, tenendo per qualche giro lo Spagnolo in pista a debita distanza da Hamilton.
La strategia del muretto rosso è chiara: portare a fine vita le Supersoft e tentare l’ultimo stint con le gomme Soft: le simulazioni indicavano una divisione della gara quasi matematica, ma a quanto pare a Maranello non avevano fatto i conti con l’eventuale ingresso della Safety car.
Eventuale sì, ma non qui a Singapore, dove non c’è mai stata gara senza la vettura di sicurezza protagonista per qualche giro: puntualmente, dopo poche tornate, Mr Mailander viene chiamato in causa quanto Perez, in lotta con Sutil, perde l’ala anteriore in pieno rettilineo, disseminando la pista di detriti in carbonio.

La Ferrari reagisce e tenta la carta dell’azzardo, probabilmente pensata in fase di briefing pre-gara: richiama Alonso e monta ben prima del previsto le Soft al pilota asturiano;  con Pirelli Soft nuove e 30giri da compiere, rientra in quarta posizione, subito dietro le RedBull, che però girano su pneumatici già vecchi di qualche tornata. Andrea Stella, il suo ingegnere di pista, ha fatto i suoi conti: “le vetture austriache dovranno fermarsi per un’altra sosta, cosi come Hamilton: se l’anglo-caraibico ha le potenzialità per costruire il vantaggio per l’ultimo pit, così non è per Vettel e Ricciardo, che dopo aver montato l’ultimo treno, si ritroveranno dietro all’Asturiano”.

Sulla carta la strategia non fa una piega, peccato che, come successo già troppe volte quest’anno, la Safety car rimanga in pista ben più del necessario (o, se preferite, i commissari impieghino troppo tempo per pulire la pista) e, tornata dopo tornata a velocità ridotta, le Redbull allungano la vita dei propri pneumatici ed il piano della Ferrari, basato sull’assioma dell’ulteriore sosta delle vetture austriache, perde quota fino a quando ci si rende conto che i meccanici in tuta blu non hanno alcuna intenzione di lavorare ancora fino al termine della gara. A questo punto, mentre Hamilton si prende il lusso di girare oltre 2” più veloce del gruppo, fare una sosta e tornare in testa con facilità, Alonso capisce che deve cominciare a spingere per tentare l’aggancio ed il sorpasso alle Redbull.

Troppo tardi: il trio Vettel, Ricciardo, Alonso, passa gli ultimi minuti di gara, fino al termine delle canoniche due ore, nello spazio di 1,5”, senza che ne l’Australiano che lo Spagnolo riescano a trovare lo spunto per la manovra vincente per sopravanzare il tedesco.

Come detto, vince Hamilton su Vettel, che torna a battere il suo compagno di squadra che però colleziona il settimo podio in stagione (un podio ogni due gare), davanti ad un Alonso, tutto sommato soddisfatto, per aver finalmente potuto competere per posizioni importanti fino alla fine.

Gara tutto sommato noiosa, certamente non paragonabile ad alcune delle corse che l’anno preceduta in questa stagione: emozioni concentrate tra il via, con il ritiro di Rosberg e qualche lotta dietro Hamilton, e le ultime tornate della gara, quando gli alfieri Redbull difendevano il podio dagli attacchi di Alonso.

Appuntamento ora a Suzuka, tra due settimane: casa della Honda, prossima al rientro in F1 come fornitore e partner della Mclaren: proprio nel paddock giapponese potrebbe concretizzarsi la lunga trattativa tra Alonso e la Casa del Sol Levante, che da tempo lo corteggia e che pare sia disposta a tutto pur di portare un top driver a Woking per la prossima stagione.


Alessio De Marco / Avens-Images.com