Tra le tante persone che ruotano attorno ad una squadra di basket ci sono tanti soggetti che non lavorano sotto i riflettori ma in silenzio nelle retrovie ma che il loro contributo e’ di vitale importanza. Tra questi il team manager, vero interfaccia tra proprietà e gruppo. Colui che spesso deve risolvere i tanti problemi dei vari giocatori al di fuori del parquet oltre ad organizzare trasferte e mettere a disposizione di staff tecnico e ragazzi materiale e campi ove allenarsi.

Adam Sollazzo (Uff. Stampa Basket Ravenna)

Adam Sollazzo, primo Usa firmato a Ravenna (Uff. Stampa Basket Ravenna)

A sobbarcarsi da ben quattro stagioni questo ruolo (oltre a quello di addetto stampa) nel Basket Ravenna è Miro De Giuli, classe 1985, da otto a collaborare con questa società prima delle esperienze come giornalista per La Voce di Romagna e Il Domani di Bologna.

Miro, siete partiti tra grosse difficoltà in estate col serio rischio di chiusura. Quali le tue maggiori difficoltà ad inizio stagione ? Quali i maggiori problemi nel tuo lavoro quotidiano attuale con la squadra?

Principalmente il tempo. abbiamo mantenuto in sospeso per oltre un mese tutte quelle situazioni legate alle forniture del materiale, agli appartamenti per i giocatori ed a tutta una serie di situazioni che ci siamo trovati a dover risolvere tra la metà di giugno ed il 10 agosto, giorno in cui bene o male tutto doveva essere al suo posto. E’ stato necessario essere realmente veloci! Sempre il tempo. Occupando due ruoli, ovvero team manager e addetto stampa, devo essere bravo ad assolvere il prima possibile ai compiti “classici”, per essere poi pronto a risolvere quei problemi, grandi o piccoli, che ogni giornata porta con sè.

Sesto posto in classifica con 9 vittorie (pari merito con Roseto) dopo 16 giornate con un grosso entusiasmo della piazza ravennate. Pensi che la svolta sia stata la reazione all’infortunio di Rivali con l’ingresso di Casini e la vittoria ad Imola? Quale il vostro reale obbiettivo di squadra per questa stagione?

Prendo in prestito il tema che ci ha accompagnato sin dal primo giorno in Silver e dico che Ravenna deve “durare nel tempo”, cercando di legarsi ad una città che si sta avvicinando al basket solamente in questi ultimi anni. Questo obiettivo si raggiunge facendo il passo secondo la gamba, che quest’anno vuol dire trovare una propria dimensione in un palasport ed in un campionato che per noi erano totalmente nuovi. L’infortunio di Rivali è arrivato in un momento in cui la squadra stava prendendo fiducia, dopo due vittorie a Jesi e in casa con Treviglio, ed una grande partita, persa all’ultimo minuto, a Brescia. Il suo stop e l’arrivo di Casini hanno rallentato un percorso di amalgama e di crescita di un gruppo profondamente rinnovato. Avremmo avuto bisogno di lavorare senza intoppi sulla crescita generale, ed invece ci siamo trovati a dover gestire gli allenamenti fino a metà dicembre. Non appena questi problemi sono stati risolti, la squadra ha mostrato un netto cambio di marcia.

Rispetto alle stagioni precedenti che gruppo hai trovato/ composto?

ll gruppo degli anni passati era molto forte, perché gli uomini sono stati scelti uno ad uno e perché i legami che si creano nel corso delle stagioni vincenti sono più pronti a reagire nei momenti di difficoltà. Salutando uomini di grande spessore come Amoni e Foiera, o anche Singletary, holloway e Tambone, è stato necessario un periodo di incubazione in cui i ragazzi e lo staff tecnico si sono conosciuti e hanno capito come comunicare e lavorare insieme. In questo ha aiutato l’idea di ingaggiare giocatori motivati e di grande spessore umano, caratteristica comune di questi anni del Basket Ravenna.

Il giocatore col quale hai legato maggiormente in questi anni e quello invece più difficile da gestire

Penso di avere conservato un ottimo rapporto con quasi tutti i giocatori che sono stati a Ravenna negli ultimi anni, prima di tutto perché non ci sono stati soggetti problematici, ed in seconda battuta perché quando si lavora in modo serio e appassionato, il rapporto che si crea è sincero e destinato a durare nel tempo. Il giocatore che mi ha creato qualche difficoltà in più è Adam Sollazzo, ma soltanto perché è stato il primo giocatore americano con cui ho avuto a che fare, e le esigenze di un giocatore straniero, in questo caso anche molto giovane, sono profondamente diverse da quelle di un giocatore che parla la nostra lingua o che è abituato a vivere la nostra quotidianità, a partire dai piccoli infortuni o all’utilizzo del cellulare in Italia. In questo caso devo dire grazie a Giorgio Bottaro, per tre anni direttore generale qui a Ravenna. Su questo, come su un altro milione di cose, ha sempre saputo darmi la dritta giusta

Raccontaci un aneddotto, curiosità’ o scherzo dello spogliatoio avvenuto durante la settimana o in trasferta.

Proprio Giorgio ha l’abitudine di condire la “classica” pasta con il pomodoro che viene servita durante i pasti pre-partita in trasferta con il peperoncino in grani. Ad Omegna cadde nella trappola del cameriere, che lo sfidò a mangiare quello prodotto da loro, che aveva un colore verde acceso e non prometteva nulla di buono. Ed infatti….nel giro di pochi secondi cambiò colore, comincio a sudare e fu costretto a spogliarsi del maglione il più in fretta possibile.

Hai dei rituali o cabale prima di ogni match?

No. Solitamente sono il primo ad entrare al palasport prima dell’allenamento della mattina per assicurarmi che sia tutto in ordine, ma non ci sono particolari scaramanzie.