“La famiglia è sempre al primo posto, il lavoro al secondo”: poche ma così decise e decisive parole, descrivono al meglio l’uomo Giulio Griccioli, allenatore della Novi Più Casale Monferrato, militante nella serie Gold della Lega Nazionale Pallacanestro. “Il sacrificio che faccio e che fanno loro (i miei figli mancano di un genitore 6 giorni su 7, per 10 mesi all’anno) è ben presente nella mia testa: loro stanno avanti a tutti”.
Le suo origini toscane, ma soprattutto senesi, si leggono da ogni suo gesto, e ancor più dalla cadenza parlata che lo rende cordiale e gioviale fin dal primo saluto: “Siena me la porto dentro”. Famiglia storica, la sua, della contrada del Nicchio(Bandiera blù, con conchiglia disegnata in riferimento al pellegrinaggio del santuario di Santiago de Compostela: ultima vittoria al Palio nel 1998, ndr), e della famiglia ne porta i segni sul proprio corpo: “Contrariamente a quanto pensa qualcuno, il tatuaggio non rappresenta la città di Siena, ma è lo stemma della mia famiglia a ricordo loro e di cose mie personali. Non sono tipo da tatuaggi, ma la perdita di mio padre mi ha fatto maturare questa scelta”. E il suo percorso parte proprio da Siena, giovanissimo, prima come ragazzino che sogna di giocare tra i professionisti, poi come istruttore: “Sport ne ho praticati tanti: Siena è una città di cultura che offre molte possibilità. Forse quello che mi riusciva peggio era quello che più mi piaceva: la pallacanestro, e quindi, ho iniziato a praticarlo fin da piccolino. I primi passi li ho mossi da giocatore poi, arrivato ad un’età più matura, chiuso il percorso giovanile senza poter ambire a categorie alte, ho deciso di smettere dando prima un appoggio da assistente per i più piccoli, poi prendendo la via che mi ha guidato fino a Casale”. Dopo un lungo periodo da allenatore nel settore giovanile di Siena, la promozione ad assistente al fianco dell’attuale coach della Nazionale Simone Pinigiani, collaborazione impreziosita da tanti successi: “La forza che avevamo a Siena, prima col settore giovanile, poi con la prima squadra, stava nel far convivere persone molto diverse tra loro, questo perché dal confronto e dalle discussioni nasce sempre qualcosa di positivo. Quando invece si và tutti d’amore e d’accordo il lavoro può risultare piatto. A Simone ruberei sicuramente la fortuna: nel nostro mestiere serve bravura, ma anche l’essere baciati dalla dea bendata. Lui è un amico carissimo, ci sentiamo spesso, altro non gli rubo e mi tengo tutto quello che c’ho io (affermazione in chiaro spirito toscano, ndr)”.Poi il salto tra i ‘grandi’, con analogie e differenze marcate nel gestire le diverse situazioni: “La più grande similitudine sta nel modo di essere: sei allenatore sempre, esempio per etica e lavoro, rappresentando qualcosa di importante per la squadra, e tra i professionisti mi sono portato molto della scorta fatta nel vivaio. Poi le differenze sono tante, a partire dalla primarietà del lavoro fatto su se stessi, per migliorarsi, alla base del fare sport a livello giovanile. Altra cosa da sottolineare nel preparare i ragazzi, è come si debba seguire un percorso di crescita tecnica, ma soprattutto umana e personale: importante è il compito di un istruttore perché ha la responsabilità del vivere a contatto con ragazzi nell’età del loro più grande cambiamento”.
Quella che si è appena conclusa è una stagione di grandi novità vissute in quel di Casale Monferrato, ripartita da zero dopo il grosso rischio di ridimensionamento estivo. Giulio ha avuto un ruolo determinante, in questa ripartenza, ben supportato dallo staff della Novi Più nella costruzione della squadra. “L’allenatore ha un’idea di quello che può servire come caratteristiche dei giocatori che poi allenerà”, afferma il coach senese, “Idea da cui poi ci si muove per fare la squadra, che comunque non può essere allestita senza l’aiuto di figure preposte. A Casale ho avuto la fortuna di lavorare con Marco Martelli, grande conoscitore di pallacanestro. Per quanto riguarda la stagione appena conclusa, devo confessare che, con grande senso di pragmatismo, abbiamo puntato da subito su giocatori del nostro range, avendo risposte positive da tutte quelle che sono state le nostre prime scelte, aggredendo i nomi che poi sono venuti da noi”. E la squadra ha risposto alla grande, ma Griccioli sottolinea che…“non c’è una ricetta particolare: anche se pare ovvio che senza talento, in particolare quello offensivo, non puoi fare la squadra.
Quest’anno avevamo l’obiettivo di salvarci: si è cercato di costruire una squadra che fosse, nei giocatori più esperti, il più solida possibile, così da dar modo ai giovani di aver spazio senza essere caricati di responsabilità”. Squadra fatta da tanti buoni giocatori, senza un go to guy per definizione, su precisa scelta: “Chiaro che se devo salvarmi posso fare a meno di un giocatore ‘faro’, soprattutto per far quadrare i conti: aggredendo una fascia di mercato medio/bassa, puntare su un giocatore accentratore significa puntare su qualcuno che non sarà ‘sto gran che’, e il suo essere accentratore si tramuta in difetto”. Individualità marcata che richiama alla memoria l’americano della passata stagione, Rodney Green: “lui però aveva un pedigree importante”, chiarisce il nicchiaiolo Griccioli, “con grande talento offensivo, individualista però con potenzialità di miglioramento: il rammarico della stagione passata è quello di non aver visto completato l’arco del suo salto di qualità, a causa del brutto infortunio patito, e che lo avrebbe portato ad un livello superiore”.
Stagione, quella passata, che lo ha ulteriormente spinto sotto le luci dei riflettori del mondo basket di più alto rango. Alla notizia della rinuncia alla Gold di Casale, quindi, tanti contatti e offerte (su tutte quelle di Varese e Biella, ndr), che non hanno però prodotto un cambiamento: “A Varese la scelta della società è andata su un allenatore tipologicamente diverso da me: quando lui vinceva la Coppa Korac con Cantù, io prendevo il tesserino da allenatore di base, avendo quindi due esperienze completamente diverse. Io sarei stato un allenatore emergente, lui di conclamata capacità. Con Biella sento di essere probabilmente mai stato in ballottaggio: mi ha fatto piacere essere accostato a una società come l’Angelico, ma credo che Fabio (Corbani, ndr) fosse nella loro testa già da tempo”.
Ora lo sguardo và ad un futuro imminente, programmando la prossima stagione, ma premette: “Sottolineo che sono arrivato a Casale sostanzialmente non conosciuto e mi sono guadagno la stima e il rispetto del presidente, dei soci, dello sponsor in due anni completamente diversi uno dall’altro: il primo dopo il risveglio da un sogno (il campionato di serie A giocato nella stagione 2011-12, ndr), come lo ha definito il presidente in una intervista alla Gazzetta dello Sport, il secondo quasi come risorgendo dalle ceneri. Stima e rispetto anche della gente di Casale: importante sentire l’affetto che mi trasmettono fermandomi per strada a chiedere del mio destino. Io ho dato una disponibilità di massima già intorno a Pasqua: in Monferrato sono stato bene, e sto bene. Ora ne stiamo ulteriormente parlando, vediamo cosa viene fuori, ma la stagione passata e partita con grandi incognite ha dimostrato che non ho problemi ad allenare questo tipo di situazioni, fermo restando che gradirei ci fosse dietro una pianificazione, visto il superamento dell’annata di emergenza. Ed essendo ben consci di quello cui possiamo ambire, con tanta acqua sotto i ponti che dovrà ancora passare. Vivo lontano da casa, dalla mia famiglia e lo faccio anche con una ambizione personale che comunque non và mai lontano dall’avere connotati realistici: non nego che vorrei, in un futuro più o meno vicino, potermi testare ad un livello diverso”.
Tra le righe, coach Griccioli evidenzia anche un ulteriore merito alla città di Casale Monferrato: “quando si menzionava della mia adolescenza, uno degli sport di cui si parlava era proprio il tennis, che praticavo nelle vacanze estive da mia nonna, ex giocatrice, e da lì non feci più nulla, nonostante mi sia sempre piaciuto. Ho ripreso l’anno scorso (c’è un rovescio su cui ancora dover lavorare!! ndr), e anche di questo devo essere grato a Casale. Probabilmente sarò l’unico al mondo a pensarla così, ma trovo che basket e tennis abbiano parecchie assonanze: chi gioca a pallacanestro è facilitato nel tempo sulla palla e, con una racchetta in mano, può imparare in fretta a giocare a tennis, anche se non credo valga il contrario”.
Un sogno nel cassetto, però, c’è sempre, e allora perchè non pensare di tornare indietro nel tempo per aver l’opportunità di allenare due campioni come… “Micheal Jordan e Julius Erving: il primo è il giocatore più forte della storia del basket, vincente per antonomasia, il secondo rappresenta l’idolo della mia gioventù. Mentre il giocatore che vorrei allenare per doti caratteriali è senza dubbio Daniel Hacket. Non voglio fare torto a nessuno, avendo avuto la fortuna, sia a Casale che a Scafati, di allenare giocatori di grande passato come Chiacig, Radulovic, Malaventura, o Pierich: restando nel campo dell’impossibile, si casca sempre in piedi!”.
Fine del sogno di coach Giulio Griccioli, o forse no, mentre non finisce il sogno dei tanti appassionati casalesi che sperano fortemente nella conferma del coach toscano, fiero condottiero di tante belle battaglie vinte.