Dal nostro corrispondente

CHICAGO, IL – In tipiche serate novembrine come questa, caratterizzate da grigiore e aria fredda (ma fortunatamente non ancora gelida), lo United Center rimane un posto decisamente accogliente in cui assistere a qualche qualitativa dose di pallacanestro.

Il pubblico della Windy City, si sa, è uno dei più competenti e presenti della nazione. Lo possiamo benissimo toccare con mano in questa serata, nonostante l’avversario di turno dei Bulls sia una compagine dal nome non proprio roboante come i New Orleans Hornets.

Ryan Anderson, partito in quintetto al posto di Anthony Davis, in difesa su Joakim Noah (Foto AP Photo/Num Y. Huh)

Purtroppo per noi, e per chi come noi è presente all’arena, il “rookie sensation” Anthony Davis non scenderà in campo, a causa di un trauma cranico subito nella partita precedente contro Utah. Una scelta, quella di tenerlo precauzionalmente fuori, per molti versi forzata, e che ad alcuni è sembrata eccessiva, Monty Williams in testa.

Il coach degli Hornets, pressato dai media nel prepartita, non esita infatti ad esprimere le sue perplessità riguardo a certi protocolli che, a suo parere, sono più adatti ad una lega come la NFL, che non alla NBA. Ad ogni modo, Davis è out, e il dispiacere di non poter assistere alle sue prime gesta da professionista è tanto e diffuso.

La partita. Bulls a dir poco letargici in avvio, con poca, pochissima mira, e tanti, tantissimi turnovers. Ne approfittano subito i più giovani e pimpanti Hornets — che schierano il tiratore Ryan Anderson al posto di Davis — anche grazie all’immatura effervescenza dell’altro rookie Austin Rivers.

A metà primo quarto, le cifre parlano chiaro per Chicago: 18% dal campo, e la miseria di 4 punti. Ecco che arriva dunque il momento dell’ingresso in campo del nostro Marco Belinelli, alle prese con una partita dal sapore particolare, visti i suoi recenti trascorsi in Louisiana. È un attimo, e il Beli prende subito fuoco: canestro (più tiro libero supplementare) in contropiede, schiacciata ancora su ribaltamento di fronte, e tripla dall’arco su assist di Carlos Boozer.

Ci voleva il Beli, dunque, per riscaldare a dovere il pubblico, e a riportare subito i Bulls in partita (sotto 18-21 al primo intervallo). Per Chicago, altra linfa in campo viene portata da Nate Robinson, reduce dai dodici, stupefacenti assist di Cleveland. New Orleans però tiene, con le bombe di Anderson e Roger Mason.

Nonostante la sconfitta, confortante la prestazione del nostro Marco Belinelli (Foto Nuccio DiNuzzo)

Luol Deng a metà secondo quarto riporta i Bulls in parità (30-30) con un prodigioso gioco da tre punti in traffico, che sembra dare il via ad una seconda parte di frazione favorevole ai Tori. Belinelli aggiunge altri 5 punti al suo tabellino, che dice 13 punti in 15 minuti, prima che gli Hornets non mettano in scena la loro contro-rimonta, che porta le squadre ad imboccare il tunnel degli spogliatoi sul +2 New Orleans.

Il copione si ripete ad inizio secondo tempo, con gli Hornets da subito più precisi, e avanti di 8 dopo 4 minuti di gioco (54-46), vantaggio che si dilata fino al +10 di metà terzo quarto (58-48). Nel frattempo, Rip Hamilton — reduce anch’egli dall’ottima performance di venerdì sera contro i Cavaliers — continua a non-ingranare, e si merita il ritorno in panchina.

È la difesa dei Bulls però ad impressionare maggiormente, e non sicuramente in positivo. Le occasioni concesse a Robin Lopez e compagni sono troppo ghiotte, e non degne di una formazione guidata da un coach come Tom Thibodeau, notoriamente fanatico degli aspetti difensivi.

Belinelli — protagonista assoluto del primo tempo — rientra in campo con due minuti da giocare nel terzo quarto, sbagliando subito il tentativo in entrata, e non riuscendo a cambiare l’inerzia di una partita che vede ancora avanti gli uomini di Monty Williams in chiusura del terzo parziale, 66-60.

Si entra nel quarto finale, ma le percentuali dal campo non migliorano, anzi: 33% per Chicago, 41% per New Orleans. Chicago continua a far fatica a segnare in pitturato, dove Lopez e Jason Smith riescono a tenere efficacemente a bada i tentativi di entrata a canestro dei Bulls.

Il deludente Rip Hamilton, qui in entrata (Foto Jonathan Daniel/Getty Images North America)

Il nostro Beli rimane in campo, ma non riesce a ri-sbloccarsi, tanto che i suoi ultimi punti coincidono con un paio di tiri liberi di fine secondo quarto. Il canestro da sotto di Taj Gibson dopo 4 minuti di gioco suona quasi come un gol, ma non riesce in ogni caso a scuotere i suoi.

Gli Hornets arrivano fino al +8 (77-69) con meno di 5 minuti dalla sirena finale. Quando tutti si aspettano il ritorno in campo del backcourt titolare Hinrich-Hamilton, coach Thibodeau lascia sorprendentemente in campo Robinson e Belinelli — sorprendentemente per modo di dire, visto il 13 su 51 totale dal campo fatto registrare dallo starting lineup.

Giunti sul 79-73 New Orleans a 2 minuti dalla fine, è proprio Robinson l’unico Bull capace di lasciare il segno in attacco, con 4 punti consecutivi che non fanno che illudere i tifosi di Chicago. Ebbene sì, perché un fallo a rimbalzo offensivo di Gibson manda in lunetta la mano ferma di Smith, che ridà il +6 ai suoi con meno di un minuto da giocare, spegnendo definitivamente le speranze dei padroni di casa.

New Orleans riesce così a sbancare a sorpresa lo United Center, inferendo ai Bulls la loro prima sconfitta dopo due vittorie nelle prime due partite di stagione. Nello spogliatoio di Chicago troviamo un Belinelli ovviamente deluso per la mancata vittoria contro la sua ex squadra, ma anche incoraggiato dai propri miglioramenti esibiti in campo: “Alla preseason ormai non ci penso più, stasera ho cercato come sempre di dare il massimo, anche se purtroppo non è arrivata la vittoria — afferma Belinelli nell’immediato dopo-partita — Dobbiamo cercare di migliorare, pensando alla prossima partita, e andando avanti.

Molto lucida anche l’analisi finale di un (apparentemente) pacato Tom Thibodeau, che si sofferma in particolar modo sulle distrazioni difensive dei suoi: “Il modo in cui siamo scesi in campo ha condizionato l’intera partita — afferma coach Thibs — Più che le difficoltà al tiro, è il nostro approccio in difesa che non mi è piaciuto, e che ci ha creato seri problemi questa sera. Difesa, rimbalzi, movimento della palla, riuscire a creare buoni tiri in attacco: questo è ciò che dovremmo fare, ma che stasera ci è mancato”.

Ed è così che allenatori e giocatori lasciano, uno dopo l’altro, la pancia dello United Center, e lo stesso facciamo noi. Già però pronti a tornarci. Il più presto possibile.