“Bene, ma non benissimo”: l’abusatissimo refrain calza a pennello anche per la Southeast Division 2015/2016. Manca la super squadra in grado di sbaragliare la concorrenza e guidare la Lega, ma ci sono cinque franchigie che possono dire molto e sorprendere, con tanti perché e spunti interessanti. Analizziamole più da vicino, dopo aver fatto lo stesso con Atlantic e Central Division.

ATLANTA HAWKS

Mike Budenholzer, allenatore degli Hawks e 'Coach Of the Year 2014/2015'(Photo by Kevin C. Cox/Getty Images)

Mike Budenholzer, allenatore degli Hawks e ‘Coach Of the Year 2014/2015’ (Photo by Kevin C. Cox/Getty Images)

In cima alla lista, ovviamente, gli Atlanta Hawks, finalisti di Conference nella passata stagione. Lo starting five ha subito un solo cambiamento: DeMarre Carroll ha fatto le valigie ed è volato in quel di Toronto, rapito dai molti dollaroni canadesi. Un giocatore solo può fare la differenza? Sì e no. Ma il rischio c’è, soprattutto in una formazione che fa del ‘gruppo’ e del sistema il suo punto di forza. Budenholzer perde il suo equilibratore e tuttofare, palesatosi, soprattutto nell’ultimo scorcio di annata, anche come arma offensiva di primissimo livello. In quintetto, aspettando segnali dal rientrante Sefolosha, dovrebbe scalare Kent Bazemore: atleta pazzesco e di pura energia, ma acerbo tatticamente, incompleto tecnicamente e troppo incostante, forse, per non far rimpiangere Carroll. Per il resto, tutto come l’avevamo lasciato: Teague a dettare tempi e giochi (e Schroeder scalpitante in panca), Korver a cecchinare e allarmare le difese (ma, ormai, sarebbe riduttivo etichettarlo come semplice specialista), Millsap e Horford a far ammattire i lunghi avversari. La conferma dell’ex Jazz, che è stato molto vicino all’addio, è stata fondamentale, perché con Al forma una coppia unica e perfettamente funzionale al sistema “spursiano” di coach Bud. E proprio per non tradire le proprie origini, ecco che il Coach Of the Year in carica ha pescato da San Antonio Tiago Splitter, che, dopo anni di cura Popovich, non dovrebbe avere troppi problemi a inserirsi nel nuovo ambiente, garantendo respiro a Horford e rotazioni più ampie. Quello che, forse, è mancato alla franchigia della Georgia nel finale di Playoffs.
Replicare la passata regular season sarà difficile, ma, magari brillando meno, la finale a Est sembra ancora un obiettivo raggiungibile.

Roster: Earl Barron (C), Kent Bazemore (G), Tim Hardway Jr. (G), Justin Holiday (G), Al Horford (F-C), DeQuan Jones (G), Kyle Korver (G), Shelvin Mack (G), Paul MIllsap (F), Mike Muscala (F-C), Lamar Patterson (G-F), Dennis Schroeder (G), Mike Scott (F), Thabo Sefolosha (G-F), Tiago Splitter (F-C), Walter Tavares (C), Jeff Teague (G).

Partenze: Pero Antic, Elton Brand, DeMarre Carroll, Austin Daye, John Jenkins, Adreian Payne.

WASHINGTON WIZARDS

John Wall: stella e leader dei Washington Wizards (Foto: 3news.co.nz)

John Wall: stella e leader dei Washington Wizards (Foto: 3news.co.nz)

Negli scorsi Playoffs, delle difficoltà proprio degli Hawks ne stava per approfittare Washington, fatta fuori in semifinale ma a un passo dal colpaccio (almeno stando ai pronostici di allora). I capitolini, quest’anno, dovranno fare a meno di Paul Pierce e affidarsi, più che mai, a John Wall, in costante e continua crescita.
Il #2 avrà in mano le chiavi della squadra, prendendosi licenza di costruzione e, perché no, finalizzazione. Le sue accelerazioni spaccano le difese e aprono spazi fondamentali, se sfruttati a dovere. Proprio per questo, è necessario che Bradley Beal trovi la forma giusta per rendere al massimo per tutta la stagione. Se questi due dovessero essere assistiti dalla fortuna, e non incappare nei soliti infortuni, la musica potrebbe cambiare. A patto che, ovviamente, tutto il resto funzioni al meglio. Il ruolo di ala è un’incognita, con Porter, Anderson, Dudley (questi due già clienti dell’infermeria) e il giovane Oubre a giocarsi posto e fiducia di Randy Wittman. Nel pitturato, spazio all’eterno Gooden e a Gortat, il “martellone polacco” che, per merito acquisito, nelle gerarchie rimane davanti a Nené, giocatore che i “maghi” stanno ancora aspettando.
Se ogni ingranaggio dovesse funzionare, potrebbero diventare pericolosi per chiunque. La finale di Conference sarebbe già un trionfo.

Roster: Alan Anderson (F-G), Bradley Beal (G), DeJuan Blair (C-F), Jared Dudley (G-F), Drew Gooden (F), Marcin Gortat (C), Josh Harrellson (C), Kris Humphries (F), Jaron Johnson (G), Toure Murry (F), Gary Neal (G), Nené (F-C), Kelly Oubre (F), Otto Porter (F), Jaleel Roberts (C), Ramon Sessions (G), Ish Smith (G), Garrett Temple (G), John Wall (G), Martell Webster (F).

Partenze: Paul Pierce, Rasual Butler, Kevin Seraphin, Andre Miller, Will Bynum, Glen Rice.

MIAMI HEAT

Welcome back Chris Bosh (Steve Mitchell-USA TODAY Sports)

Welcome back Chris Bosh (Steve Mitchell-USA TODAY Sports)

L’attesa degli Heat, invece, è finita: finalmente Chris Bosh is back. E coach Spoelstra può sorridere. Perché ritornare a due anni fa, quando ancora c’era LeBron e ci si giocava il titolo, è quasi impossibile, ma almeno riassaporare i Playoffs…
In estate si è rischiato che di quei “fantastici tre” rimanessero solo le briciole. Ma i capricci di Wade non hanno portato a un addio, e Flash sarà ancora al suo posto. Non è più quello di un tempo, ma la classe non si cancella: quando sta bene, predica basket. E figuriamoci con una spalla come Dragic, cervello della squadra fin dalla prima (dopo una mezza stagione da stella o quasi) e nuovo pilastro dei rosso-neri, come più volte sottolineato da Pat Riley, già baciato dalla Dea bendata nella notte del draft: Winslow alla dieci, infatti, è stata una beneficiata inattesa. L’uomo da Duke ha il potenziale per imporsi come uomo chiave: equilibrio, duttilità, prepotenza fisica e intelligenza cestistica. Visto il balbettante Luol Deng del 2014/2015 (chi gli chiedeva di sostituire LBJ, comunque, sbagliava a prescindere), il ruolo di ala piccola potrebbe aver trovato il suo detentore. Sotto le plance, non mancano alternative ed esperienza. Bosh, che recupererà coi suoi tempi, potrebbe allontanarsi un po’ dal ferro e convivere con Hassan Whiteside, chiamato alla sempre difficile, e mai scontata, conferma dopo la scintillante epifania di un anno fa. E poi c’è il nuovo arrivato Stoudemire, che ha da mettere sul parquet curriculum e fame. Non dimenticandoci che ci sarebbe anche Josh McRoberts, sempre alle prese col suo fisico: l’avversario più ostico degli ultimi tempi.
Il potenziale del quintetto base ideale sarebbe da piani alti della Conference, ma le variabili sembrano troppe e il condizionale deve rimanere d’obbligo. Perlomeno, ci si augura di rivederli nella postseason.

Roster: Chris Andersen (F-C), Keith Benson (C), Chris Bosh (F), Mario Chalmers (G), Luol Deng (F), Goran Dragic (G), James Ennis (F), Gerald Green (G), Udonis Haslem (F), Tyler Johnson (G), Tre Kelley (G), John Lucas III (G), Josh McRoberts (F), Josh Richardson (G), Amar’e Stoudemire (F-G), Dwyane Wade (G), Briante Weber (G), Hassan Whiteside (C), Greg Whittington (F), Justise Winslow (F).

Partenze: Michael Beasley, Shannon Brown, Henry Walker, Shawne Williams, Shabazz Napier.

ORLANDO MAGIC

Nikola Vucevic: solidissimo centro dei Magic (foto di alex-cool.com)

Nikola Vucevic: solidissimo centro dei Magic (foto di alex-cool.com)

Molto interessante anche l’altra faccia della Florida, quella targata Magic. Giovani, atletici, imprevedibili. La nuova Orlando riparte da coach Scott Skiles e da un quintetto tutto da scoprire. O meglio, tutto da testare. La linea verde potrebbe portare risultati inaspettati, ma anche cocenti delusioni. Punti fermi, ma chiamarli veterani è troppo, Oladipo, Harris e Vucevic.
“Mister 360” è reduce da una buona stagione e ha momenti di grande basket, soprattutto offensivo, che compensano i molti bassi e passaggi a vuoto. Ma è un uomo su cui puntare, anche se stella non è. Preferibile, forse, il buon Nikola Vucevic: centrone silenzioso che, vuoi o non vuoi, riempie sempre il tabellino e nel pitturato se la gioca con chiunque. Harris ha strappato un contratto spaventoso (64 milioni in 4 anni) che lo metterà, gioco forza, sotto i riflettori. I soldi possono fare la felicità, non il valore di un giocatore; normale, comunque, che ci si attenda molto. E poi ci sono “gli altri”: Payton ha dimostrato di poter fare molta strada, mentre Aaron Gordon, che tutti aspettano, ha toppato l’annata da rookie, complici i diversi problemi fisici, ma in Summer League ha fatto intravedere quelle qualità che hanno catturato molti scout due anni fa: potrebbe esplodere da un momento all’altro.
Come Mario Hezonja, scommessa al draft e matricola con molte credenziali, anche a sua detta. Di certo, personalità e self-confidence non gli mancano. Che il nuovo coach sappia amalgamare il tutto? Il G.M. Hennighan se lo augura. La politica dei “giovani e di belle speranze” deve cominciare a dare i suoi frutti. Dunque, Playoffs come obiettivo minimo, anche se sarà difficile, per poi giocarsela a cuor leggero.

Roster: Dewayne Dedmon (C), Nnanna Egwu (C), Evan Fournier (G), Channing Frye (F), Aaron Gordon (F), Tobias Harris (F), Mario Hezonja (F), Devyn Marble (F), Shabazz Napier (G), Andrew Nicholson (F), Victor Oladipo (G), Elfrid Payton (G), Jason Smith (F-C), Nikola Vucevic (C), C.J. Watson (G).

Partenze: Ben Gordon, Willie Green, Maurice Harkless, Kyle O’Quinn, Luke Ridnour.

CHARLOTTE HORNETS

Frank 'The Tank Kaminsky': nona scelta assoluta dell'ultimo draft (photo Jasen Vinlove / Usa Today Sports)

Frank ‘The Tank Kaminsky’: nona scelta assoluta dell’ultimo draft (photo Jasen Vinlove / Usa Today Sports)

Anche Charlotte vuole provare a uscire dalla mediocrità. Patron Michael Jordan si è stancato di promesse a vuoto e stagioni pallide. E la preseason ha dato risposte in chiaroscuro: ottime prestazioni sul campo, pessime notizie dall’infermeria. Kidd-Gilchrist, potenziale stella, starà fuori a lungo, levando a coach Steve Clifford una delle tre star del team. Le altre due, che dovranno caricarsi sulle spalle i compagni, sono, ovviamente, Kemba Walker e Al Jefferson.
Entrambi si sono detti pronti a un anno da protagonisti, tanto che il buon Al si presenta ai nastri di partenza tirato a lucido, dopo un’estate di dieta ed esercizi. E pure Kemba, se nel contesto giusto e in buona forma, può finalmente essere una guardia di prima fascia. Il mercato estivo, poi, ha portato interessanti novità: Batum, uomo di equilibrio in cerca di rilancio dopo l’opaco 2014/2015, potrebbe essere un’arma tattica fondamentale; Jeremy Lin, a cui non si può chiedere un’altra “Linsanity”, ha altrettanta voglia di riscatto; Spencer Hawes e Tyler Hansbrough daranno soluzioni nel reparto lunghi, a patto che dimostrino di meritare minutaggio; Kaminsky, scelto al draft, è sì talentuoso e amato, ma da esaminare tra i muscoli della Lega. Insomma, tante scommesse e poche certezze. MJ se la gioca così; chi non risica non rosica. Ma siamo certi che un altro fallimento potrebbe aprire crepe molto profonde. Per non gettare l’ennesimo anno alle ortiche, è d’obbligo la qualificazione ai Playoffs. Impresa che non sembra impossibile.

Roster: Nicolas Batum (F), Troy Daniels (G), PJ Hairston (G-F), Tyler Hasbrough (F), Aaron Harrison (G), Spencer Hawes (F-C), Al Jefferson (C), Frank Kaminsky (C), Michael Kidd-Gilchrist (F), Jeremy Lamb (G), Jeremy Lin (G), Brian Roberts (G), Sam Thompson (F), Kemba Walker (G), Jason Washburn (C), Damien Wilkins (G-F), Elliot Williams (G), Marvin Williams (F), Cody Zeller (F-C).

Partenze: Bismack Biyombo, Gerald Henderson, Jason Maxiell, Jannero Pargo, Lance Stephenson, Jeffery Taylor, Noah Vonleh, Mo Williams.


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