5. I PADRONI DI CASA

E’ mancato giusto quel centesimo per fare il dollaro; la ciliegina sulla torta. Benché la torta era già bella pronta, gustosa e ricca.

I San Antonio Spurs non riescono nella stagione perfetta tra le mure amiche, ma tanto basta per scrivere un’altra pagina di storia NBA. Solo i Boston Celtics versione ’85/’86, infatti, avevano raggiunto lo stesso obbiettivo: 40 partite in casa in una stagione da 82 partite.

Unico neo, come ben noto, la sconfitta con i Golden State Warriors a pochi giorni dal termine della regular season. Un passo falso che brucia il giusto, perché, come ha sempre ripetuto Popovich, la perfezione casalinga è mai stata un cruccio dei neroargento. Anzi, c’è che dice che Pop sperasse in una sconfitta, così da arrivare ai playoff come un pizzico di pressione in meno.

Sarà, ma rimane il fatto che, volenti o nolenti, i texani hanno infilato un altro record. Ulteriore perla di un’annata stellare, che solo la magia Warriors ha parzialmente oscurato.

 

4. ALTRO CHE AMERICAN SNIPER…

Calcolatrice a portata di mano: 402 diviso 82. Fa 4,9. Ma come 4,9!??

Steph Curry chiude la stagione con poco meno di cinque triple a partita di media. Sembra fantascienza, ma non lo è. Nessuno mai aveva toccato tale vetta. Anche perché il massimo precedente era di “sole” 286 bombe, sempre a firma Stephen Curry. Ovviamente.

Un miglioramento pazzesco, considerando anche la percentuale con cui ha tirato: 50,4%. 886 tentativi, mandandone a bersaglio più della metà. Roba da strabuzzare gli occhi o pizzicarsi. Ma è realtà, ve lo assicuro.

L’MVP in carica entra nel club dei 50-40-90 in carrozza. Da miglior tiratore di sempre, per numeri e reputazione. Perché, come sappiamo bene, buona parte delle sue conclusioni sono “soltanto ed esclusivamente sue”. Frecce scagliate da lontano, con tre uomini addosso, senza logica apparente. Chiunque altro avrebbe, al massimo, sfiorato il ferro. Per lui, invece, sono tutti tiri ad alta percentuale.

E’ tutto talmente assurdo che sfugge a ogni legge o regole. Ed è questo che rende Steph unico, immenso, rivoluzionario.

 

3. MISSION ACCOMPLISHED

Abbiamo seguito l’avvicinamento di Russel Westbrook al record di triple doppie passo dopo passo. Quasi fosse una telenovela: prima il tambureggiante marzo, quindi l’aggancio al secondo posto di Magic Johnson. Se non fosse arrivato il primato, beh, un po’ ce la saremmo presa…

Ma Russell non delude: perla numero 18 e primo posto in questa speciale classifica. Ora può condividere, sempre con Magic, annata ‘82/’83, il gradino più alto di questo virtuale podio.

E il #0 non ha nemmeno dovuto faticare molto: nella sfida tra Oklahoma e Orlando (guarda caso ancora “Magic”), gli sono bastati 18 (ancora questo numero) minuti per mettere a referto 11 punti, 10 assist e 10 rimbalzi. Insomma, aveva una certa fretta.

La cosa che va sempre ricordata, infine, è che non sono state prestazioni fini a se stesse. In tutte queste occasioni, infatti, OKC ha portato a casa la vittoria. Se non è leadership questa….

 

1-bis. NON BASTANO LE PAROLE

Esiste qualcosa da aggiungere a quanto già è stato detto? Si può parlare o scrivere di Kobe senza risultare retorici, ridondanti e banalmente ampollosi? No, penso di no.

Kobe lascia il parquet, dopo venti stupendi anni. A modo suo, onorando il campo e il Gioco. Il basket che ha tanto amato e che gli ha regalato una vita da leggenda.

Ha detto addio con 60 punti, come ai bei tempi. Con difesa connivente quanto volete, a ritmi compassati e menti sgombre, ma sempre 60 sono. Farli è comunque un’impresa inaccessibile ai più.

Ma non per uno dei giocatori più forti di sempre, degli sportivi più amati del globo e dei professionisti più maniacali e viscerali della storia dello sport.

Grazie Kobe. Grazie davvero. 

 

1. SIMPLY THE BEST

Dopo le sconfitte con Boston e Minnesota abbiamo dubitato tutti: “Ce la faranno questi Warriors a fare il nuovo record?”. Tentennamenti, mugugni. C’è chi diceva che, al massimo, avrebbero pareggiato il 72-10 dei Bulls, e chi, invece, pensava che non avrebbero fatto manco questo.

Il calendario di fine regular season, inoltre, non facilitava il già assai arduo compito: due volte gli Spurs, altrettante i Grizzlies. Rivali ostici, soprattutto quelli in maglia neroargento, e nessun margine d’errore. Per una squadra parsa, ai più, un po’ stanchina.

In barba agli scetticismi, quattro vittorie in fila e il mitico 73-9 che diventa realtà. Un traguardo pazzesco, inseguito sin da inizio stagione, con la pressione di dover lottare contro quei fantastici Bulls di metà anni Novanta. Qualcosa di inimmaginabile e che, forse, ancora stentiamo a realizzare. Come se fosse scontato che i californiani sarebbero stati in grado di collezionare così tanti successi. 73! A ripensarci vengono i brividi.

Hanno fatto la storia. Hanno alzato ulteriormente l’asticella. Hanno dimostrato al mondo di essere i più forti e, soprattutto, di aver ancora fame. Il titolo della passata stagione non è abbastanza; voglio dare il là a una dinastia. Una nuova era.

Impossibile sapere come andranno i playoff. Vinceranno ancora? No? Poco importa (da un certo punto di vista). Nulla intaccherà quanto di fantasmagorico hanno fatto.

P.S.: cliccate sul tweet e troverete un video da brividi.