5. COME AL CAMPETTO

Sgomberiamo subito il campo dai dubbi di sorta: non è una giocata regolare. La palla tocca la linea di fondo e, dunque, non sarebbe in gioco.

Detto questo, who cares? Il colpo di genio è tanto semplice (cosa che, probabilmente, avete visto o fatto al campetto migliaia di volte) quanto, a suo modo, spettacolare. E, soprattutto, indicativo. Sì, nel senso che ci rende perfettamente l’idea di quanto Steph Curry giochi con rilassatezza (che non vuol dire superficialità!) e col pieno controllo di ciò che succede in campo. Si sente a casa sua, si diverte e fa ciò che vuole, specialmente se rompe con la routine.

E a noi piace così, regolare o no che fosse…

 

 

4. MAGNETISMO CESTISTICO

Se catturare 15 rimbalzi rovina la tua media stagionale, significa che c’è qualcosa che non va. In senso positivo, ovviamente.

Andre Drummond è l’attuale MVP della Eastern Conference; non dovrebbero esserci pochi dubbi a riguardo. Stiamo parlando di un giocatore che sta viaggiando a 18.7 punti e 19.3 rimbalzi a partita. Ripeto: 19.2 rimbalzi a partita. Roba che solo Rodman negli anni d’oro o Blatche con la Nazionale filippina. Mette insieme cifre che scomodano un totem come Chamberlain e fanno impallidire tutti gli altri centri della Lega. Primo giocatore dai tempi del leggendario Wilt a raggiungere i 135 punti e 135 rimbalzi in 7 gare. Tanto per capirci: DeAndre Jordan ne prende 13 a match, mica noccioline, sembrando un brocco qualsiasi (esagero eh).

Ed è proprio nella sfida tra Pistons e Clippers che mi sono accorto di una cosa: Drummond non va a rimbalzo; sono i rimbalzi ad andare da lui. La palla cade sempre dove c’è lui. E i compagni, diciamolo chiaramente (e senza dietrologie), non fanno chissà che per rovinargli la festa.

Il tutto si traduce in una Detroit che sorprende e si candida a mina vagante. Quanto possa reggere su questi ritmi ancora non si sa, ma non può non entrare nella Top-5 del momento.

 

3. INDIANAPOLIS a.k.a. GEORGE-TOWN

Bello, elegante, implacabile: Paul George è tornato.

Tornato del tutto. Eh sì, perché in campo c’era anche nella passata stagione, ma il vero PG13 si sta vedendo solo ora.

Il terribile infortunio di un paio d’anni fa non può essere dimenticato, ma, sicuramente, lasciato alle spalle. La stella dei Pacers ci sta riuscendo e il parquet ne è testimone: 24.3 punti, 8.8 rimbalzi e 4.6 assist in 36 minuti di media. Ovvero, il suo career-high in ogni statistica.  Aggiungiamoci una naturale propensione alla leadership, e riecco un All-Star con tutti i suoi crismi.

Jump-shots, isolamenti, penetrazioni, schiacciate, bombe da fuori… Il repertorio è quello dei tempi d’oro; la nostra ammirazione anche. Indiana se lo gode, sperando che, con l’aiuto degli altri, possa bastare per riassaggiare i playoff. Nel frattempo, può perlomeno accontentarsi di aver ritrovato il proprio pezzo da novanta.

 

2.PURE MAGIC!

Un buzzerbeater entra quasi sempre nella top-5 settimanale. Di diritto. Perché sono giocate tanto decisive quanto, a loro modo, spettacolari.

Nick Vucevic si prende la “quota buzzer” di questo giro. Il suo jumper con leggero fadeaway, alla Dirk ma con molta meno fluidità, a 1.5 secondi dalla fine in Lakers-Magic, vale, effettivamente, un riconoscimento. Anche perché, e mi pare chiaro, non era proprio la prima soluzione disegnata sulla lavagna da Scott Skiles.

Fatto sta che il centrone, tra l’altro appena rientrato da un breve infortunio, si è ritrovato in mano una palla con cui fare solo una cosa: tirare. Una conclusione che può andare dentro tanto quanto a due metri dal canestro, soprattutto un una situazione del genere.

Per fortuna di Orlando, e per la gioia del palazzo, la Dea bendata ha detto Vucevic.    

 

       

 

1. THE GOLDEN AGE

Ma che gli vuoi dire? Sono meravigliosi!!

11 vittorie e 0 sconfitte: la migliore partenza di franchigia all-time, che permette di guardare da vicino il record di sempre di 15-0 condiviso da Washington Capitals (‘48/’49) e Houston Rockets (’94).

E la cosa che impaurisce, soprattutto gli avversari, è che questi Warriors giocano persino meglio della scorsa stagione, quasi come se il titolo vinto fosse stato il viatico per qualcosa di ancora più importante: la leggenda. Ripeto: chi li ha accusati di aver conquistato l’anello solo per fortuna, si è dato una gran zappata sui piedi.

Curry è solo la punta, pregiatissima, dell’iceberg. Il meccanismo funziona meglio che mai e lo spettacolo è uno dei più accattivanti visti su un parquet negli ultimi anni, fate voi quanti. Un rallentamento arriverà, poco ma sicuro (sono umani pure loro, forse), ma certo è che questi hanno tutta l’aria di poter e voler insidiare quel celeberrimo 72-10.