Russell Westbrook e Kevin Durant

OKLAHOMA CITY THUNDER, 27W-7L (Alessio Bonazzi)
Miglior record della lega (insieme a Miami) per i Thunder. Segnali positivi che arrivano da tutto il roster di una squadra che ha dimostrato una concretezza e una compattezza da titolo. Il progetto “Thunder da anello”, partito diversi anni fa, sembra entrato davvero nella sua fase finale. Con Durant mediamente mostruoso (28 punti e 8 rimbalzi di media per lui) e un Westbrook, fresco di rinnovo, che sembra aver fatto il definitivo salto di qualità, Oklahoma culla il sogno di giocarsi il titolo. Se alle due stelle aggiungiamo un James Harden che uscendo dalla panchina fa la differenza ecco che tutto il quadro tende ad assumere l’aspetto della perfezione. L’aver trovato un Ibaka così determinante in difesa e un Perkins che svolge a pieno il “lavoro sporco”  mette non poca pressione sulle altre franchigie della lega. Certamente si dovrà valutare la tenuta mentale, soprattutto di Westbrook, quando cominceranno i playoff, ma certo è che nella corsa alle Finali 2012 i Thunder occupano, al momento, un posto in prima fila. L’unica nota negativa, in prospettiva futura, è la pressione che potrebbe gravare sulle spalle del team di coach Brooks. Infatti i Thunder, concedendo il massimo contrattuale a Russell Westbrook, sanno già da ora di dover probabilmente rinunciare ad almeno uno tra James Harden e Serge Ibaka dalla stagione 2013/2014. Questo impone a Oklahoma City di raggiungere il titolo entro il prossimo anno e mezzo, altrimenti le speranze di portare a casa l’anello rischiano di essere rinviate di non pochi anni.

LaMarcus Aldridge

PORTLAND TRAILBLAZERS, 18W–16L (Carmine D’Amico)
La stagione non era certo iniziata nel migliore dei modi, infatti negli occhi di tutti gli appassionati ci sono ancora le parole con le quali Brandon Roy annunciava il suo ritiro dalla scena professionistica. A tutto questo si è aggiunta anche l’ennesima ricaduta di Greg Oden, che per potersi operare al ginocchio sinistro sta saltando tutta la stagione. Non è purtroppo una novità, dato che la prima scelta del draft 2007 ha già perso tutta la sua stagione da rookie e anche lo scorso campionato, tanto che finora ha giocato solamente 82 partite con la maglia dei Blazers, facendo costantemente aumentare i rimpianti per non aver puntato su Kevin Durant quell’anno. Con Roy e Oden fuori dai giochi i Blazers hanno aggiunto alla propria rosa Raymond Felton, Jamal Crawford e Kurt Thomas, e l’apporto del playmaker di North Carolina è stato di tutto rispetto ad inizio stagione, portando i Blazers ad essere una delle squadre più in forma e belle da vedere di tutta la Western Conference, vincendo ben sette delle prime nove partite. Crawford si è confermato perfetto per il ruolo di sesto uomo, formando con Batum un’ottima coppia uscente dalla panchina. Ma il cambio di ritmo imposto dalla nuova point guard – fino all’anno scorso i Blazers erano tra le squadre più “lente” della Lega – e le rotazioni piuttosto ridotte non hanno permesso un rendimento costante. La squadra di McMillan è approdata così alla pausa dell’All Star Game con un record nei pressi del .500 e senza fornire la solidità degna di una squadra di fascia alta. Anche perché LaMarcus Aldridge, ormai consolidato uomo-franchigia nell’Oregon, ha avuto pure qualche guaio fisico che ha fatto calare le sue prestazioni (solo 19 punti e 7 rimbalzi nelle ultime 8 da lui giocate) e lo stesso Felton ha avuto un calo importante dopo un’eccellente inizio. In compenso pare esploso definitivamente Nicolas Batum, che viaggia a 17 di media abbondanti nelle ultime 10 partite. L’impressione è che i playoff siano decisamente a portata, ma che gli infortuni potrebbero essere determinanti per compromettere la stagione e vanificare la corsa di Portland ad un posto tra le prime 8 ad Ovest.

Danilo Gallinari

DENVER NUGGETS, 18W-17L (Matteo Plazzi)
Stagione di luci ed ombre per la squadra di coach Karl che dopo un primo mese sensazionale concluso al 2°posto della Western Conference con un record di 14W-5L, ha subito una serie di sfortunati inconvenienti che ne hanno minato la solidità. Primo tra tutti l’infortunio ad inizio febbraio di Danilo Gallinari, miglior marcatore dei Nuggets e alla migliore stagione in carriera con 17.0 punti frutto del 44.7% dal campo, 33% da 3 e 89% ai liberi a cui aggiunge 5.2 rimbalzi e 2.6 assist. Dal giorno del suo infortunio alla caviglia, Denver ha perso ben 8 partite su 11 giocate. Se a questo aggiungiamo anche gli infortuni di Nene (punto fermo dell’area e miglior rimbalzista di squadra con 7.8 a cui aggiunge 13.4 punti con il 52% dal campo) fuori dall’11 febbraio per un problema al polpaccio sinistro, Rudy Fernandez (panchinaro da 9.3 punti a partita) out dal 17 febbraio per un problema alla schiena e di Ty Lawson (point guard titolare alla miglior stagione in carriera con 15.4 punti con il 47.3% dal campo a cui aggiunge 6.1 assist) a cui si è girata la caviglia nel 1° tempo della recente sfida ai TWolves, allora il quadro rende ben conto della complicata situazione per i Nuggets. Con un roster dimezzato e privo degli uomini di punta, coach Karl è stato costretto a fare affidamento sul talento di un ritrovato Corey Brewer (10.0 punti e 3.3 rimbalzi di media ma ben 14.0 con il 42% dal campo nelle ultime sfide) e Al Harrington alla sua migliore stagione in maglia Nuggets, che da panchinaro segna 14.3 punti con il 45.5% dal campo a cui aggiunge 6.1 rimbalzi. Questi due controversi giocatori, ben coadiuvati dall’esperto Andre Miller e dalla conferma del positivo Arron Afflalo (12.7 punti di media nonostante un calo della percentuale dal campo, ma quasi 18 punti di media nelle ultime 10 partite), stanno cercando di mantenere Denver non lontana dalla zona playoff, in modo da poter rientrare in corsa non appena l’infermeria si svuoterà. Statisticamente l’attacco gira in maniera analoga allo scorso anno e con 103.4 punti realizzati è il 2° miglior della lega, mentre in difesa le cose non vanno bene ed i 101.3 punti di media concessi a partita fanno di Denver una delle peggiori difese dell’intera NBA. Al momento i Nuggets sono 9W-8L al Pepsi Center, da sempre un fortino difficile da espugnare: basti pensare allo scorso anno, quando le sconfitte in 41 partite casalinghe furono solo 8. Le prospettive ad inizio anno erano rosee, visto il roster sostanzialmente giovane, rapido e ricco di talento. Se gli infortunati torneranno presto, la squadra del Colorado avrà ancora tanto da dire e potrebbe garantirsi la nona partecipazione consecutiva ai playoffs.

Ricky Rubio

MINNESOTA TIMBERWOLVES, 17W-17L (Federico Cattaneo)
Molto probabilmente a metà stagione i Timberwolves sono la sorpresa dell’annata 2011-2012 e sicuramente saranno considerati tali se riusciranno a qualificarsi per i playoffs. Al momento sono in piena corsa, ma la concorrenza ad Ovest è agguerritissima. Chi ha trasformato la barzelletta della lega in una squadra da 50% di vittorie? Difficile rispondere con un solo nome, ma il principale artefice di questi successi non può essere che uno: Rick Adelman. Non ce ne vorrà Rubio, che da rookie navigato qual è ha preso in mano la squadra confermando quanto di buono si dicesse su di lui da diversi anni, dettando ritmi e facendo tutti felici smazzando ben 8.4 assist ad allacciata di scarpe. Purtroppo per lui sta confermando anche i difetti, il 37.5% dal campo è rivedibile, mentre dalla lunga distanza quell’interessante 35% sembra destinato a scendere. Fortunatamente la pallacanestro predicata da Adelman ne evidenzia più i pregi dei difetti, al contrario di quello che avrebbe fatto la “triple post offense” di Rambis utilizzata nel Minnesota nella scorsa stagione. Per questo ci sentiamo di premiare più il coach che il rookie spagnolo come protagonista di questo inizio dei TWolves. Non possiamo parlare di sorpresa guardando ai numeri messi insieme da Kevin Love, che si sta confermando tra i migliori realizzatori e rimbalzisti della lega, seppur con percentuali peggiori rispetto alla scorsa stagione. Il vero coniglio pescato dal cilindro di Adelman è Nikola Pekovic, centro montenegrino quasi inutilizzato la scorsa stagione e da un mese a questa parte fisso partente in quintetto con 17 punti e 10 rimbalzi di media. Se continua così quel posto da starter non gli verrà più tolto per tutto l’anno. Difficile parlare invece delle delusioni in un’annata del genere, l’unica che si può ritenere tale riguarda Michael Beasley, il cui rendimento altalenante sta facendo pensare la dirigenza ad una trade, prima che il suo valore di mercato crolli definitivamente (già basso per problemi extracestistici, se paragonato all’indubbio talento in dote al prodotto di Kansas State). Ora l’obiettivo sono i playoffs. La rincorsa sarà durissima, vista la concorrenza di Denver, Portland, Memphis e Utah, al momento tutte chiuse in una forbice di qualche partita, tuttavia a Minnesota fanno bene a crederci, magari con l’aiuto di una trade nel prossimo mese, visto che gli “asset” non mancano certamente. E grazie a Rubio e Love anche Minneapolis potrebbe diventare una meta non più così ostile in ottica di scambi.

Paul Millsap

UTAH JAZZ, 15W-17L (Alessio Bonazzi)
Campionato in chiaroscuro fino ad ora per i Jazz. Il record al di sotto del 50% rispecchia ampiamente l’andamento altalenante della squadra in questa prima metà di stagione. Dal reparto lunghi arrivano ampie garanzie grazie alla presenza di due sicurezze come Al Jefferson e Paul Millsap. I due viaggiono con cifre molto simili, anche se Jefferson tende ad essere più una sicurezza in attacco, mentre Millsap ha mostrato buoni progressi a rimbalzo. Se invece passiamo ad analizzare il reparto degli esterni cominciano le dolenti note per coach Corbin e il suo team. Devin Harris sta disputando una stagione deludente, non mantenendo fede ai buoni progressi fatti vedere negli ultimi anni, prima ai Nets e poi agli stessi Jazz. I 9 punti a partita di Harris risultano insufficienti se la guardia titolare è Raja Bell (7.4 punti, tirando col 49.3%), noto a tutti sicuramente non per le doti offensive, e l’ala piccola è il promettente ma ancora molto discontinuo Hayward (9.4 punti col 42.1% dal campo). Il 29% da oltre l’arco è lo specchio di questa Utah attualmente all’undicesimo posto nella Western Conference. Ma di certo spazio per ricostruire un roster ad alti livelli ce n’è, così come il tempo per poter recuperare le due vittorie che la separano dall’ultimo posto disponibile per i playoffs 2012.