Bradley Beal e John Wall

Bradley Beal e John Wall

Washington sta crescendo partita dopo partita in questa post-season, ha un gruppo giovane ma che sta dimostrando la giusta dose di entusiasmo e concentrazione, oltre alle indubbie qualità tecniche. Su queste basi ha confezionato la quarta vittoria su altrettante gare in trasferta in questa postseason, interrompendo una serie di 12 sconfitte consecutive negli scontri diretti ad Indianapolis. Già, di fronte c’erano i Pacers, gli inquieti Pacers usciti indenni per un soffio al 1° turno contro Atlanta e ora nuovamente costretti ad inseguire una squadra ancora più lanciata. Wall e compagni infatti hanno vinto imponendo il loro ritmo sin dall’inizio (con un 1° quarto da 28-15), sfruttando il predominio a rimbalzo per poter correre in campo aperto sul parquet di una squadra ancora troppo soggetta a blackout, soprattutto offensivi, che denunciano l’assenza di un uomo in grado di mettere ordine e creare gioco – definirlo playmaker sarebbe troppo – specie quando la palla scotta. E con un centro come Hibbert in vistosa crisi di identità, che sta diventando sempre più un peso anziché un valore aggiunto. Un problema a cui il pur generoso Scola da solo non può porre rimedio.

UPS

Bradley Beal. Il top scorer dei suoi, segna tanto e in tanti modi, ed è scatenato nel 1° quarto che indirizza la partita. In quel parziale mette infatti 14 dei 25 punti finali. 3/5 da tre, 8/18 totale su azione, col ricco contorno di 7 rimbalzi e 7 assist. In 6 gare di playoffs, ha aumentato la produzione di quasi 4 punti a sera (da 17.1 a 20.7), con una crescita importante anche nelle percentuali, che l’hanno portato all’attuale 48.1% dall’arco.

Trevor Ariza. Inarrestabile, mano caldissima, non sbaglia niente dall’arco. 5/5 da tre nel 1° tempo, una sola tripla nella ripresa, per 22 pesantissimi punti nel canestro dei Pacers, colpevoli – questo va detto – di avergli lasciato troppo spazio per fare quello che sa fare meglio. Merito, secondo il diretto interessato, di John Wall: “Cerchiamo di giocare a ritmo alto, John è indiavolato quando può correre e loro devono negargli l’entrata diretta a canestro. Così per noi tiratori è più semplice, bisogna seguirlo ed essere pronti a tirare”.

Dominio a rimbalzo. La vera chiave che ha permesso a Washington di mettere sul campo la propria partita è stata il controllo dei tabelloni. Eloquente il conteggio finale che dice 53-36, da cui è nato anche un netto 19-5 nei punti da rimbalzo d’attacco. Merito soprattutto delle 15 carambole di Gortat e delle 13, ancora più inattese, catturate in soli 18′ da Drew Gooden.

DOWNS

Hill e Hibbert. Non è la prima volta che il doppio fattore H incide in negativo per i Pacers nei playoffs. La point-guard non deve ingannare col semplice foglio delle statistiche, perché ha segnato 9 dei suoi 18 punti con 3 triple virtualmente inutili nei secondi finali, ha subito troppo in difesa e letto male molte situazioni in attacco. Il centro invece conferma la propria crisi di fiducia, con una prova da 0 rimbalzi e 0 punti in 18′, la terza senza canestri segnati nelle ultime quattro. Il suo rientro in campo nel 2° quarto, subito dopo un 16-2 che aveva riportato i Pacers avanti, ha bloccato il gioco di Indiana, precipitata a -13 all’intervallo.

L’attacco di Indiana. Il gioco da tre punti di George, con canestro in contropiede e fallo subito, a 7’41” dalla fine aveva riportato i padroni di casa a -6. Ma, confermando i limiti di qualità offensiva e di stabilità emotiva, l’attacco dei Pacers a quel punto si è nuovamente schiantato: nessun canestro su azione per circa 7′ e partita andata. Davvero modesto il 41% finale dal campo con un rapporto assist-palle perse di 1.23.