La stagione NBA è iniziata ormai da qualche settimana. Rispetto al primo appuntamento con la nostra rubrica, Curry si conferma candidato principe al titolo di miglior giocatore dell’anno. Le new entry sono rappresentate da Paul George, James Harden, Anthony Davis e Carmelo Anthony. Nei dieci nomi scelti, non vedrete ovviamente quello di Kobe Bryant, che da pochi giorni ha annunciato il ritiro. Lo vogliamo comunque ricordare, visto che, se ci fossimo occupati di questa rubrica anche qualche anno fa, il suo nome sarebbe entrato di diritto, come compete solo ai più grandi del Gioco.

 

 

S.Curry

S.Curry

1) Stephen Curry 

L’istinto ci porterebbe a fare copia e incolla di quello che abbiamo scritto nel primo appuntamento di questa rubrica. È passato un mese e Steph continua a esprimersi a livelli impensabili per la gran parte dei giocatori della Lega, o forse per nessuno quest’anno. Le triple immaginifiche, le grandi giocate in serie, gli assist dietro la schiena, sono solo i (meravigliosi) aspetti più tangibili di quello che continua a offrire il nostro. È tornato a casa, a Charlotte, mettendo a segno 40 punti con 8/11 da tre e 28 punti realizzati nel solo terzo quarto. L’augurio è che la condizione fisica lo assista da qui alla fine. Per chi ama il basket, è semplicemente una delle cose più belle mai viste negli ultimi anni. A prescindere da qualsiasi logica legata al tifo.

2) Russell Westbrook

La diciamo grossa ma corriamo il rischio. E se fosse lui il vero primo violino dei Thunder? L’assunto di cui sopra non vuole essere una mancanza di rispetto per Kevin Durant, anzi. È che l’ex UCLA prosegue nel personale percorso di maturazione che dallo scorso anno, insieme al già citato Curry e a James Harden, lo vede forse come il miglior attaccante della NBA. Attaccante ma non solo, perché nella classifica degli assist si deve inchinare al solo Rajon Rondo. Il 10 e il 13 novembre scorso, Westbrook ha messo in fila due triple doppie consecutive, una delle quali grazie all’ausilio di 17 (sì sì, 17) rimbalzi catturati. Onnipotente.

3) Paul George

Giù il cappello. Ha superato il terribile infortunio patito in uno scrimmage con Team Usa un paio di estati fa come meglio non avrebbe potuto. È il segreto neanche troppo nascosto del più che positivo avvio di stagione dei suoi Indiana Pacers. Viaggia a più di 27 punti di media per allacciata di scarpe e ha già toccato quota 40 punti in una trasferta a Washington. Ne ha poi messi 39 in faccia a Kobe Bryant e ai Lakers. Gioca con grande scioltezza e sicurezza, come se non avesse mai subito un infortunio che ne avrebbe anche potuto compromettere la carriera. He’s back.

Andre Drummond

Andre Drummond

4) Andre Drummond

Una macchina di doppie doppie per punti e rimbalzi. Detroit sembra leggermente in calo, meno rispetto a qualche settimana fa, molto meno il suo lungo. L’area pitturata è casa sua, pare che paghi anche l’Imu per togliere ogni dubbio. Al di là delle cifre, che contano, eccome se contano, Drummond ci sembra stia acquisendo la maturità necessaria per competere ai massimi livelli nella Lega. I lunghi, d’altronde, ci mettono sempre un po’ a maturare.

5) Kawhi Leonard

Avete presente il coltellino svizzero? Oggetto multiuso per eccellenza. Multiuso come Kawhi Leonard, giocatore totale per definizione. Fa tutto, e lo fa al meglio. Popovich gli ha assegnato le chiavi della squadra. Lui lo ripaga con punti, assist, rimbalzi, stoppate, recuperi, e ora anche un pizzico di leadership e cattiveria in più. Indispensabile.

6) James Harden

Chiariamo subito una cosa. Lo scorso anno destava in noi una impressione migliore. Però, come per Anthony, di cui parleremo dopo, anche per Harden non si può sottacere del fatto che, nella metà campo offensiva, sia solito fare quello che vuole, letteralmente. È fatto a modo suo, almeno questo ci fa credere quando lo vediamo in azione, ma resta un attaccante come pochissimi altri, forse due-tre nella Lega. Ne ha già messi 50 contro Philadelphia, 40 a Memphis, 45 contro Portland, 46 contro i Clippers, 37 contro OKC. Sarà quel che sarà ed è quel che è, ma è un naturale candidato alla corsa di MVP per il solo fatto che scenda su un campo da basket.

Kevin Durant

Kevin Durant

7) Kevin Durant

Come noterete con lo scorrere delle ultime righe, dalla sesta posizione in giù vi sono molti nomi grossi, e Durant è uno di questi. L’infortunio che lo ha tenuto ai box per qualche settimana ne ha forse condizionato l’inizio di stagione, ma resta l’elemento imprescindibile per rendere Oklahoma una vera contender per il titolo. Che poi Westbrook sia ormai al suo livello è un altro discorso. No Durant, no party, poco ma sicuro.

8) LeBron James

Se se ne fa una questione di valore assoluto, James se la gioca con Steph Curry su quale dei due sia il miglior giocatore della NBA. Viaggia volutamente a velocità ridotta ma riesce ugualmente a dominare a piacimento la scena. Il tiro allo scadere realizzato qualche giorno fa contro Brooklyn suona come un avvertimento: “Attenzione, sono sempre in grado di vincere quando voglio”. Uomo avvisato…

9) Anthony Davis

Un uomo solo al comando. Ma solo per davvero. Il “Ciglione” si deve sentire un po’ come Tom Hanks in Cast Away. Il contributo in termini statistici è quello solito, così come la naturalezza che ha nel dominare sia in attacco che in difesa. Rispetto allo scorso anno, però, i suoi Pelicans faticano oltremisura. Il recupero di Tyreke Evans potrebbe aiutare una squadra che, grazie a Davis, potrebbe aspirare a essere la vera outsider della Western Conference.

Carmelo Anthony

Carmelo Anthony

10) Carmelo Anthony

A New York è (giustamente) scoppiata la Porzingis mania. Ecstasy collettiva che, c’è da scommettersi, durerà più a lungo della “Linsanity” di qualche anno addietro. C’è un giocatore, però, che è l’uomo da cui dipendono tutte le fortune dei Knicks, un uomo che di nome fa Carmelo e di cognome Anthony. La nomination alla corsa di MVP è dettata dalla resilienza dimostrata dal natio di Baltimora nel tornare a grandi livelli dopo un paio di stagioni oggettivamente complicate. Con la palla in mano resta uno spettacolo. Quest’anno è tornato a dimostrarlo.