S.A.IN CIMA – Con l’anello di campione al dito ed una offseason “conservatrice” è facile individuare la favorita della Southwest Division (e dell’intera Western Conference), cioè i San Antonio Spurs. I texani sono riusciti a far rimandare di un anno i propositi di ritiro di Tim Duncan che, con i “soliti” Ginobili e Parker più l’ultimo MVP delle Finals Kawhi Leonard (che parte però ai box per un problema agli occhi), puntano a quel back to back che non gli è mai riuscito. L’unica aggiunta di rilievo è arrivata dal draft con l’ex UCLA Kyle Anderson, un tuttofare che potrebbe tornare utile (soprattutto con maestri del genere) una volta smaltito il noviziato iniziale. I dubbi sono legati all’integrità fisica di un gruppo molto in là con l’età degli attori principali (ma lo si dice ormai da almeno 3-4 anni…) e che parte già con qualche problema di organico (oltre a Leonard, al momento out anche Splitter e Mills). A Popovich (ed il suo assistente Messina) il compito di gestire la situazione.

DallMINE VAGANTI – I Dallas Maverick hanno ben impressionato negli scorsi playoff, rendendo la vita dura ai futuri campioni, e durante l’estate hanno lavorato egregiamente. Col rinnovo “low cost” di Dirk Nowitzki (circa 8 milioni all’anno per 3 anni) i texani si sono potuti permettere di strappare a Houston Chandler Parsons, che sostituirà di fatto il partente Vince Carter e fungerà da terza punta di diamante dopo il tedesco e Monta Ellis. Sotto canestro il gradito ritorno di Tyson Chandler (in scadenza di contratto) assicura intimidazione e rimbalzi più di Dalembert mentre l’altra grossa variazione è da iscrivere in regia dove la coppia FeltonNelson ha rimpiazzato Calderon ed affiancherà il confermato Devin Harris. La formazione è poi stata puntellata da due veterani come Richard Jefferson e Charlie Villanueva (ancora in attesa di conferma). Dallas si candida ad un posto di rilevo nel ranking della Western Conference, con la concreta speranza di conquistare, oltre ad uno scontato posto playoff, il vantaggio del fattore campo.

MemI Memphis Grizzlies, formazione in larga parte riconfermata dopo la brillante seconda parte della scorsa stagione che è valsa il 7° posto nella griglia playoff, più che una mina vagante si prospettano come una solida conferma. Il punto di forza rimane il trio ConleyGasolRandolph, con il play sempre più leader del gruppo e lo spagnolo nel “contract-year”. A loro è stato affiancato, con compiti da sesto uomo, Vince Carter che andrà a tamponare la falla in ala piccola causata dal crollo verticale nelle prestazioni nelle ultime stagioni di Tayshaun Prince. Per il resto tanti buoni role-player che all’occorrenza potranno tornare utili alla causa ed elevarsi ad occasionali protagonisti (Courtney Lee, Tony Allen, Quincy Pondexter, Beno Udrih, Nick Calathes), peccando però di continuità nel rendimento ad altissimi livelli. La formazione di coach Joerger è candidata alla post season, nonostante l’agguerrita concorrenza, e sarà un osso duro per tanti.

N.O.SUL FONDO – La Southwest è probabilmente la Division più forte dell’Nba con tutte le 5 squadre candidate ai playoff. Tra di esse la più “debole” del lotto la individuiamo nei New Orleans Pelicans che, a fianco di star in forte ascesa come Anthony Davis e Jrue Holiday, devono risolvere alcuni dubbi sulle rotazioni (Tyreke Evans da “3” titolare è meno efficace, ma non c’è un’altra ala piccola affidabile; è stato lasciato partire Brian Roberts ed ora non c’è un backup di ruolo per il playmaker; la panchina con Fredette, Rivers e Salmons presenta molte scommesse) e soprattutto sperare nella buona salute di tutti i giocatori, in primis l’infortunato cronico Eric Gordon (ma anche Anderson e Holiday, out per buona parte della scorsa stagione). Il potenziale per emergere c’è, soprattutto ora che Davis ha un compagno di reparto all’altezza come Omer Asik, ma la concorrenza è molto folta ed agguerrita.

HoustonCitiamo in questa categoria anche gli Houston Rockets, più per il mercato deficitario che per un roster che comunque annovera due stelle com James Hayden e Dwight Howard. I texani puntavano decisamente ad aggiungere un terzo “big” ma i tentativi con Carmelo Anthony e Chris Bosh sono falliti ed in più è stato perso Chandler Parsons, sacrificato all’altare della flessibilità salariale dopo l’offertona di Dallas e sostituito dal ritorno di Ariza. I dubbi rimangono quelli dello scorso anno: playmaker e ala grande non all’altezza dei vertici della Western (Beverley e Jones sono buoni giocatori ma la concorrenza è di altra caratura), panchina di discreti rincalzi e nulla più e difesa da rivedere (in regular season potrebbe anche bastare l’esuberante attacco, ma nei playoff il discorso è ben diverso). A coach McHale (in scadenza di contratto) il compito di trovare i giusti correttivi. La post season non sembra a rischio, ma difficilmente si potrà guadagnare il vantaggio del fattore campo come la scorsa annata.


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