Andre Drummond, perno dei futuri Pistons(Photo by Jesse D. Garrabrant/NBAE via Getty Images)

Andre Drummond, perno dei futuri Pistons (Photo by Jesse D. Garrabrant/NBAE via Getty Images)

LA STAGIONE – Doveva essere la stagione del rilancio, con un nuovo coach, Mo Cheeks, due importanti giocatori arrivati dal mercato (Brandon Jennings via trade, Josh Smith da free agent) e dei giovani in rampa di lancio come Greg Monroe ed Andre Drummond. Ed invece s’è rivelata un’annata da dimenticare, con una chimica di squadra che doveva puntare sul “quintettone” (Smith-Monroe-Drummond contemporaneamente nel line-up) mai trovata, l’allenatore cacciato a febbraio e il GM plenipotenziario Joe Dumars che a fine stagione ha abbandonato il suo ruolo, pagando gli ultimi errati investimenti sul mercato (prima di Jennings-Smith, ricordiamo i pesanti contratti fatti firmare a Ben Gordon e Charlie Villanueva rivelatisi non all’altezza dello stipendio percepito). La stagione dei Pistons, partita con le più rosee prospettive di playoffs, si è conclusa con un agonizzante record di 29 vinte e 53 perse che ha tenuto vive le speranze di post season per diverso tempo solo per via del basso livello della Eastern Conference. Tuttavia la scelta di schierare Smith da ala piccola si è rivelata deleteria tant’è che Detroit giocava decisamente meglio quando iniziavano le rotazioni ed uno dei tre lunghi sedeva in panchina, salvo affossare nuovamente nei finali di gara col quintetto base. Anche la scelta di rinunciare al futuribile Knight per il talento incontrollabile di Brandon Jennings non s’è rivelata particolarmente azzeccata, nonostante qualche exploit incoraggiante (vedi le vittorie a Miami o Indianapolis o quella casalinga contro San Antonio). La prima scelta Kentavious Caldwell-Pope, in un contesto simile, non ha avuto molto spazio (chiudendo con 5,9 punti in poco meno di 20 minuti di media), così come il “nostro” Gigi Datome, che ha calcato il parquet soltanto 34 volte chiudendo con cifre trascurabili (2,4 punti e 1,4 rimbalzi a gara).

MVP – Al secondo anno nella Lega, Andre Drummond ha già preso possesso di un ruolo di primo piano nel novero dei lunghi. Il numero 0 ha chiuso la stagione con una doppia doppia di media da 13,5 punti e 13,2 rimbalzi (al secondo posto nella speciale graduatoria dietro al solo DeAndre Jordan, ma primo in quelli offensivi) col 62,3% al tiro ed un alquanto rivedibile 41,8% ai liberi.

LA SORPRESA – Trovare una nota positiva è compito alquanto improbo. Ci proviamo con Rodney Stuckey che, dopo tre annate in costante calo nella media punti, si è creato un ruolo da sesto uomo sia come cambio del play che della guardia chiudendo a 13,9 punti di media col 43,6% al tiro.

Josh Smith, una stagione in chiaroscuro

Josh Smith, una stagione in chiaroscuro

LA DELUSIONE – Puntiamo su Josh Smith anche se le colpe andrebbero in parte divise con chi l’ha messo in un ruolo non suo. Dopo i tentativi falliti ad Atlanta, Dumars ha creduto di poter schierare per molti minuti Smith da ala piccola. Ma il gioco esterno del saltatore della Georgia è ancora alquanto deficitario (27,9% da 3 in carriera, 26,4% quest’anno) e, pur chiudendo da miglior marcatore della squadra (16,4 di media) ha terminato l’annata con un complessivo -2,5 nel plus/minus.

PROSPETTIVE FUTURE – Il proprietario Tom Gores ha deciso di affidarsi in toto a Stan Van Gundy, assunto con uno stipendio faraonico di 35 milioni di dollari in 5 anni per ricoprire il doppio ruolo di “president of basketball operations” e capo allenatore. Sostanzialmente prenderà tutte le decisioni cruciali per il presente e futuro della franchigia, avvalendosi dell’apporto, come general manager, di Jeff Bower (che attraverso il draft ha costruito la New Orleans di Paul, West, JR Smith e Collison). La situazione salariale, con i contratti di Stuckey e Villanueva in scadenza, è discreta (impegnati circa 39 milioni di dollari in stipendi), con l’unica vera “grana” legata a Greg Monroe, eleggibile per un rinnovo contrattuale (il giocatore vorrebbe il massimo salariale, ma lo vale?) o comunque trattenibile ancora un anno attraverso la “qualifying offer” da quasi 5,5 milioni. Ma più che il contratto, il problema da risolvere è legato alla convivenza con Smith e Drummond, col primo che è virtualmente non scambiabile (ha altri 3 anni di contratto a 14 milioni di dollari l’uno) ed il secondo che rappresenta il futuro della franchigia. Valigie in mano per Monroe, quindi? Su Chauncey Billups c’è una team option, ma il giocatore dopo un’annata travagliata potrebbe ritirarsi ed entrare nello staff tecnico (di Detroit o di Minnesota, dove lo vorrebbe il nuovo coach Saunders), da cui è uscito, dopo un solo anno di esperienza, Rasheed Wallace. Tutto il resto del roster è già sotto contratto con un garantito (tranne Jerebko, che ha una player option che eserciterà e Josh Harrelson che verrà verosimilmente rilasciato), ma non ci stupiremmo di vedere un’estate parecchio movimentata dalle parti della Motown, anche perché al draft i Pistons non avranno prime scelte (la loro n° 9 è andata a Charlotte nell’ambito dello scambio di Ben Gordon) ma solo una seconda (la 38, anche se quest’anno si potrebbe pescare bene anche lì).


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