Tutta la carica emotiva di Noah e Butler.

Tutta la carica emotiva di Noah e Butler.

La Stagione. Doveva essere l’anno della riscossa, con il ritorno in campo di Derrick Rose a conferire il titolo di contender alla franchigia della Windy City, invece il sogno è durato solo 3 settimane, perchè il 22 novembre il suo ginocchio ha nuovamente fatto crack gettando al vento tutte le chance di titolo dei Chicago Bulls. Da quel momento i Tori sono caduti in una crisi di identità con un mese di dicembre da 5 vittorie e 10 sconfitte e un pessimismo diffuso che ha portato la dirigenza, a inizio gennaio, a fare una scelta impopolare quanto sensata da un punto di vista meramente salariale: cedere la bandiera Luol Deng per sfoltire il salary cap (con il taglio del neo acquisto Andrew Bynum per andare sotto la soglia della luxory tax) e gettare le basi per i prossimi anni racimolando scelte al draft.

La perdita di Deng non è stata presa bene da coach Tom Thibodeau e Joakim Noah che sono entrati in rotta di collisione con la società, che aveva una mezza idea di darsi al tanking e considerare quello appena finito come un campionato di transizione. Peccato non avessero fatti i conti con il carisma e la leadership dei due, il cui imperativo da sempre è non mollare, dare sempre il massimo e puntare in alto nonostante tutto e tutti . Il risultato? Un record di 34 vittorie e 16 sconfitte, 14-6 il bilancio nelle ultime 20 partite e la testa di serie numero 4 ad est, trascinati dalla trasformazione tecnica e tattica del centro transalpino, e dal collaudatissimo sistema di gioco dell’ex coach dell’anno 2011. La base su cui costruire la seconda parte di stagione è stata manco a dirlo la solidità difensiva, marchio di fabbrica di una squadra che nei vari indici statistici di squadra si è piazzata nelle prime posizioni un po’ ovunque. Un rendimento nella propria metà campo generato dalla presenza di Joakim Noah, playmaker difensivo come pochi altri nella lega, eletto Miglior Difensore dell’anno quasi all’unanimità.

MVP. Joakim Noah ha giocato una stagione stellare, senza dubbio la migliore in carriera. Oltre al premio di DPOY e il suo contributo nella propria metà campo, i 12,6 punti a partita, conditi da 11,3 rimbalzi ad allacciata di scarpe sono i massimi in carriera anche se il vero salto di qualità verso l’elite della lega lo ha fatto trasformandosi in un regista occulto, come dimostrano i 5,4 assist smazzati a sera, ovviamente career high e massimo per un bigman dai tempi di Vlade Divac.

L’attacco dei Bulls è passato dalla sue mani, come dimostrano i 83 tocchi di palla a partita, 1° assoluto tra i centri NBA, 14° in tutta la lega. Le sue doti di passatore gli hanno permesso di raggiungere traguardi importanti: 4 triple doppie in regular season (2° nella lega dietro a Lance Stephenson), il 4° giocatore di sempre tra i centri a chiudere una gara con almeno 12 punti, 12 rimbalzi e 12 assist (dopo Olajuwon, Divac e Pau Gasol) ed il primo dal 1986 a piazzare 14 assistenze in una singola partita, 28 anni dopo Hakeem Olajuwon. Prestazioni che gli sono valsi anche l’inclusione nel primo quintetto della lega, prima volta in carriera.

La Sorpresa. Sono due. Una è DJ Augustin raccolto dal marciapiede, tagliato dai Toronto Raptors appena dopo 10 partite di stagione regolare in cui aveva fatto registrare 2,1 punti in meno di 9 minuti di utilizzo medio. I Bulls avevano bisogno di un giocatore in grado di produrre attacco instantaneo in contumacia dell’assenza di Rose, gli è stata data una chance e l’ha saputa cogliere diventando il 1° realizzatore di squadra a quota 14,9 punti a partita. Il tutto partendo dalla panchina in 55 delle 64 partite giocate con la casacca rossonera. Non male per uno che stava considerando di giocare la carta dell’Europa per rivitalizzare la sua carriera. L’altra è Taj Gibson, per la prima volta in carriera in doppia cifra di media in punti e tiri dal campo presi, giocando quasi 29 minuti di media condendo il tutto con 6,8 rimbalzi di media. Numeri che lo hanno tenuto in ballottaggio con Jamal Crawford per il premio di sesto uomo dell’anno, alzandosi della panchina in 74 delle 82 gare disputate in stagione. La sua crescita è stata esponenziale.

La delusione. E’ il titolare dei uno dei contratti più onerosi della lega e da ormai 4 anni è l’anello debole della squadra. Stiamo parlando di Carlos Boozer e della sua ennesima stagione mediocre. Era dal suo anno da rookie che non segnava meno di 15 punti a partita e giocava così pochi minuti (28,2 per l’esattezza). Mai in carriera aveva tirato male dal campo come in questa stagione, fermo a un 45% totale che grida allo scandalo per un giocatore che in 790 partite distribuite su 12 anni nella lega ha prodotto quasi il 53% al tiro. Con l’assenza di Rose, Thibodeau ha provato a investirlo di un ruolo più importante che in passato, ma la sua scarsa attitudine difensiva, e le sue carenti doti da leader hanno fatto naugrafare presto il progetto. Tanto che nei playoff, contro i Washington Wizards, in tutta la serie ha giocato la bellezza di 6 minuti nei 2° e 4° tempi delle 5 partite disputate, sovrastato nelle rotazioni dal più utile Taj Gibson.

Prospettive future. Innanzitutto c’è da fare chiarezza sulla posizione di coach Tom Thibodeau, che da due anni litiga a giorni alterni con la dirigenza per questioni tecniche. Ha ancora un anno di contratto e l’idea che si possa arrivare a un divorzio anticipato prende sempre più piede. Risolta la questione del coach c’è tanto margine per crescere: i Bulls stanno tentando di spostare il contrattone di Carlos Boozer che chiama 17 milioni di dollari per il suo ultimo anno di accordo o in alternativa spendere su di lui la amnesty clause. Con il suo taglio o la sua cessione i Bulls potranno rivestire un ruolo di primo piano nella corsa a 2 dei giocatori più corteggiati della prossima estate, ovvero Carmelo Anthony e Kevin Love. Arrivare a loro non sarà semplice perchè arrivare a uno di loro vorrebbe dire sacrificare uno tra Gibson e Jimmy Butler, e le chance di attirarli a Chicago sono legate alle incognite sul recupero totale di Derrick Rose, ma la base di partenza per attirare un top player è bella solida: sono sotto contratto per la prossima stagione, oltre a Rose, anche Noah, Butler, Gibson e Tony Snell. Mike Dunleavy, che ha giocato una stagione ampiamente sopra le aspettative potrebbe avere un ruolo fondamentale come pedina di scambio, assieme ad altri giocatori firmati sul finire della regular season per fungere come asset da incastrare in qualche trade, come Greg Smith, Ronnie Brewer e Louis Amundson. Da non sottovalutare i possibili scenari che potrebbe aprirsi in sede di draft, dove i Bulls detengono i diritti per ben 2 scelte a metà primo giro e 1 a metà secondo giro. C’è la possibilità che le scelte vengano offerte in un unico pacchetto per scalare di posizioni verso la zona lottery, oppure risultino strumentali per raggiungere via trade il pezzo mancante del puzzle. Ci sarebbe anche la pista che porta a Nikola Mirotic, ex seconda scelta nel draft 2011, i cui rappresentanti hanno iniziato a intavolare le prime negoziazioni utili a testare il terreno in vista del suo sbarco oltreoceano. L’estate si preannuncia interessante nell’Illinois.