UPS

“LINSANITY” E I KNICKS Settimana perfetta per i Knicks che infilano sette vittorie consecutive e si risollevano da una prima parte di stagione alquanto negativa. Gran parte del merito di questa “rivoluzione” newyorkese lo si deve a Jeremy Lin.  Giocatore considerato mediocre fino a non più di dieci giorni fa, scartato senza neanche troppi complimenti da Houston e Golden State, “Yellow Mamba” ha stupito tutti, e perfino se stesso, con prestazioni da star, aggiudicandosi il premio di Player Of The Week della Eastern Conference.  L’americano di origini taiwanesi ha chiuso le sue prime sei partite in starting-five con una media di quasi 25 punti e 10 assist per allacciata di scarpe. Ma i numeri raccontano solo una parte dell’apporto in termini di grinta, coraggio e responsabilità messo in campo da Lin. Infatti l’ex Harvard sembra aver dato finalmente un’anima ad una squadra apparsa confusa e smarrita fino a poco fa. Se poi a tutte queste componenti aggiungete che “Yellow Mamba” è decisivo (il buzzer-beater con Toronto) allora avrete un quadro completo di cosa possono essere, e per il momento sono, questi “nuovi” Knicks. E pensare che coach D’Antoni, non più di 10 giorni fa, era stato ad un passo dal licenziamento.

SAN ANTONIO SPURS  Nove vittorie consecutive per  San Antonio. Già questo basterebbe per inserire gli Spurs nella sezione settimanale degli “Ups”. Se poi si considera che la squadra texana ha il secondo miglior record della Western Conference (21-9), dietro soltanto agli Oklahoma City Thunder, e che ha ritrovato un Tony Parker decisivo, allora il posto d’onore non può che essere scontato. Il play francese sta mettendo in campo tanti minuti (33.8) di qualità con medie da capogiro. 19 punti (il meglio dalla stagione 2008/2009) e 7.8 assist (career high) sono linfa nuova e vitale per un roster che ha dovuto, per quasi due mesi, fare a meno di Ginobili, tornato nelle ultime tre partite, giusto in tempo per vedere Parker che metteva a referto 37 punti contro Philadelphia e 34, questa notte, contro Toronto. Insomma, buone notizie per coach Popovich.

DALLAS MAVERICKS Dopo un inizio di stagione a dir poco complicato, dettato dalle partenze di Tyson Chandler e JJ Barea, giocatori fondamentali nella cavalcata al titolo dello scorso anno, oltre che di Caron Butler, sui Mavs gravano molte più incognite che certezze, anche perché l’unico rinforzo di un certo peso, Lamar Odom, faticava ad inserirsi nel gruppo. Adesso, a due mesi di distanza, i Mavs sono saldamente al quarto posto ad Ovest, con un record di vittorie superiore al 60% e cavalcano una striscia aperta di 5 “W” consecutive. Il merito di questa rinascita, oltre che a coach Carlisle che, ancora una volta, ha svolto un lavoro magnifico, deve essere attribuito al ritrovato stato di forma di alcuni giocatori chiave, su tutti Jason Kidd e Dirk Nowitzki. Entrambi i veterani, sono partiti con il freno a dir poco tirato: Kidd, dopo un gennaio disastroso chiuso con 2.7 punti di media con il 22.6% dal campo e il 16.3% da 3 punti, a febbraio è tornato su ben altri livelli, in particolare stupisce il 47.1% da 3 punti. Stesso discorso per “WunderDirk”, che in febbraio ha messo a segno una striscia di 6 gare consecutive oltre quota 20 punti, con 2 viaggi sopra quota 30. Lamar Odom e Vince Carter, i due innesti principali sul mercato, dopo le ovvie difficoltà iniziali, si stanno integrando sempre di più nel sistema dei Mavs e aggiungono tanti minuti di qualità ed esperienza ad una delle rotazioni più complete della Lega, anche grazie al contributo di giocatori come Delonte WestBrandan Wright e Rodrigue Beaubois che, in uscita dalla panchina, spesso sono in grado di dare una scossa la partita, esattamente come Jason Terry che a differenza di molti suoi compagni è partito forte fin dall’inizio di stagione.

GOLDEN STATE WARRIORS Dopo un primo mese non proprio esaltante, i Warriors si sono rifatti ed entrano per la prima volta tra gli UPS della settimana grazie a tre vittorie di fila contro tre squadre in lizza per un posto nei playoffs (Houston, Phoenix e Denver). I protagonisti di questa striscia di vittorie sono i “big three” della squadra: Monta Ellis, Stephen Curry e David Lee. Il primo è sembrato a momenti inarrestabile (21 punti di media) dimostrandosi la terza “shooting guard” della Lega, il secondo nonostante i problemi fisici è stato decisivo in più di un’occasione mettendone anche 36 contro i Nuggets, Lee in queste ultime tre apparizioni viaggia in doppia doppia di media (18 pts + 11 reb), cifre da All Star insomma. Ma oltre a loro anche la panchina ha dato una grossa mano con Brandon Rush, Klay Thompson e Nate Robinson.

ALONZO GEE Dopo due anni contraddistinti da stagioni altalenanti passati tra Washington, San Antonio, Cleveland e la NBDL, l’ala dei Cavs quest’anno ha trovato la sua dimensione ed è diventato uno dei giocatori su cui puntare per ricostruire la franchigia attorno a Irving. Partendo dalla panchina Gee viaggia a 9.8 punti e 3.8 rimbalzi di media in 27 minuti, tira con il 47% dal campo e con il 36.2% da 3 punti. Si tratta di cifre buone, ma non eclatanti, ma se guardiamo al solo febbraio possiamo vedere come il rendimento dell’ex Alabama sia migliorato notevolmente nelle ultime due settimane. A febbraio infatti Gee ha chiuso 2 volte a 17 punti, una a 18 e nella gara del 3 febbraio contro Orlando è arrivato a quota 20, insomma in questo terzo mese di regular season le medie di Gee ci parlano di un giocatore da 14.1 punti e 3.7 rimbalzi di media con il 40.8% da 3 punti: sarebbero cifre ottime per uno starter, per un giocatore che parte dalla panchina sono quasi un lusso.


DOWNS

CHARLOTTE BOBCATS Nessuno si aspettava molto da questi Bobcats. Squadra giovane, con pochissime individualità, costruita abbastanza male. Certo è che le 16 sconfitte consecutive appaiono fin troppe per riuscire a sorvolare sullo stato di una squadra impelagata in una crisi profonda, dalla quale sembra difficile uscire. L’infortunio di Gerald Henderson ha un po’ complicato le cose,  ma coach Silas ha dimostrato di non riuscire a governare una squadra troppo priva di talento. Il record negativo di 26 sconfitte consecutive in regular season, stabilito l’anno dai Cavaliers è ancora lontano, ma questi Bobcats rischiano seriamente di entrare nella storia dalla parte sbagliata.

MILWAUKEE BUCKS La franchigia del Wisconsin è ormai da qualche anno nel limbo tra squadra da playoff  e squadra da lotteria. Quest’anno però, complice anche l’ennesimo infortunio di Andrew Bogut, le cose per la squadra di Scott Skiles sembrano molto complicate. Attualmente i Bucks hanno un record di 12 vittorie e 17 sconfitte, vengono da 3 gare perse in fila e hanno perso 6 delle ultime 10 partite. Con un rendimento del genere, anche ad Est, i playoff sono inavvicinabili. L’assenza di Bogut pesa oltremodo perché la squadra è totalmente nella mani di Brandon Jennings, un giocatore dal grande talento, ma molto discontinuo;  segna molto, ma tira molto male (41.2% dal campo 34.2% da 3 punti). Manca una seconda punta a cui affidarsi nelle serate storte di Jennings, in quest’ottica in estate era stato preso Stephen Jackson, ma “Captain Jack” ha deluso, prima ancora che sul campo dove viaggia a soli 11.3 punti di media, con il 28.3% da 3 punti, a livello caratteriale creando non pochi problemi in spogliatoio. Carlos Delfino e Mike Dunleavy sono buoni giocatori, ma tutti e due si fermano a circa 10 punti per partita e non hanno le doti per reggere l’attacco della squadra nei momenti difficili. Lo stesso discorso vale per Drew Gooden, che pur giocando una buona stagione non può certo sostituire Bogut.

UTAH JAZZ Quest’anno si erano presentati come una squadra giovane, ma nonostante tutto avevano dimostrato di potersela giocare per un posto nei playoffs ma nell’ultima settimana hanno preso una sbandata che rischia di fargli perdere il treno verso la post-season. Ora il loro record è 14-14 ma sono 1-4 nell’ultima settimana e, se vogliamo allargarci, 3-7 nelle ultime 10 gare. In queste sconfitte è venuta a mancare soprattutto la difesa, infatti hanno concesso 99.1 punti di media alle avversarie che diventano 103.8 se contiamo solo le sette sconfitte. L’apporto difensivo che è mancato di più è quello del reparto lunghi, soprattutto Paul Millsap dal quale ci si aspettava un rendimento ben diverso. Certo, la maggior parte di queste sconfitte sono avvenute contro avversari teoricamente superiori come Clippers o Thunder ma non sono mancate cadute contro squadre di medio-basso livello come Hornets e Warriors.

INDIANA PACERS Per come si erano messe le cose ad inizio stagione, è strano vedere i Pacers tra le delusioni di settimana, eppure dopo cinque sconfitte consecutive diventa abbastanza normale, soprattutto se a queste sconfitte si abbinano delle prestazioni scadenti, soprattutto dai giocatori da cui ci si aspettava un salto di qualità. Fin da inizio stagione comunque, era chiaro che quando non entravano i tiri da tre la squadra faticava e infatti in queste ultime apparizioni si è tirato col 28%. Senza George Hill la squadra è troppo corta e gli uomini chiave stanno arrancando e dunque vediamo Paul George tirare col 18% dal perimetro (prima di queste 5 tirava col 43%), Danny Granger che sembra aver abbandonato il ruolo di leader che aveva contraddistinto il suo inizio di stagione (contro i Cavs era infortunato però) e Hibbert troppo “molle” in difesa. Ora hanno cinque gare alla portata (2 contro Charlotte, New Jersey e Golden State) delle quali quattro in casa. Vedremo se sapranno rialzarsi.

PHOENIX SUNS Con una striscia aperta di 3”L” consecutive, i Suns sono sprofondati al terzultimo posto della Lega. In settimana, a parte la vittoria contro i derelitti Kings sono arrivate ben 4 sconfitte. Che con la partenza di Stoudemire le ambizioni di Phoenix fossero finite era noto a tutti, ma la situazione appare senza uscita. I Suns non solo non hanno speranze in ottica playoffs, ma hanno una squadra composta da veterani e senza giocatori giovani su cui puntare, ovviamente Steve Nash Grant Hill fanno quello che possono, ma gli anni passano per tutti e il loro rendimento è in calo. Il particolare quello di Hill che è passato dai 13.2 punti dello scorso anno ai 9.3 realizzati in questa stagione. I comprimari come Shannon Brown, arrivato in estate dai Lakers, Jared Dudley e Channing Frye non sono abbastanza incisivi in attacco e in difesa non sono certo dei segugi, come del resto anche lo stesso Steve Nash. L’unica nota davvero positiva arriva da sotto canestro dove Marcin Gortat si è rivelato un centro più che solido da 15 punti e 10 rimbalzi a partita.

Edoardo Lavezzari, Peppe Mura e Alessio Bonazzi