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Jake Layman (bostonglobe.com)

La stagione di college basket sta per entrare nel suo periodo decisivo con l’inizio delle partite di conference ed è allora giunto il momento di tirare le somme di questo primo mese abbondante di partite che, specialmente nel caso della Big Ten, si può dire che sia stato tutto fuorché noioso e banale. Poche sono infatti state le squadre a non stupire, alcune in positivo e molte altre in negativo, nella conference che stiamo andando ad esaminare e se qualche acuto o tonfo poteva anche essere prevedibile, d’altra parte il modo in cui gli stessi sono avvenuti non può che dirsi, almeno in alcuni casi, clamoroso. Dopo essersi aggiudicata piuttosto agilmente il classico challenge con un’altra power conference come la ACC, la Big Ten si è infatti distinta per ritrovarsi dalla parte sbagliata di tutti i più inaspettati upset di quest’inizio stagione. Tra poche certezze e molti dubbi inizia quindi una stagione di conference che si prospetta quanto mai “brutta, sporca e cattiva” e proprio per questo affascinante. Andiamo allora a fare un rapido punto della situazione.

Una delle poche certezze di inizio stagione era il valore di Wisconsin e, dopo le prime dodici partite, questa convinzione non sembra vacillare, con un record che vede i Badgers detentori di 11 vittorie e un’ unica sconfitta giunta contro la fortissima Duke: seppure questa sia giunta in casa e dando raramente l’impressione di poter realmente sconfiggere i Blue Devils i Badgers rimangono nettamente la squadra da battere nella Big Ten ed una delle favorite per una corsa alle Final Four di quest’anno. Frank Kaminsky sta confermando i miglioramenti dello scorso anno, ampliando ancor di più il suo gioco oltre al solo aspetto realizzativo, dove ora danno una mano sempre maggiore Sam Dekker e soprattutto il miglioratissimo sophomore Nigel Hayes, il quale ha tenuto in queste prime partite medie di 15 punti e oltre 8 rimbalzi a partita. In una squadra dalle rotazioni corte hanno poi dimostrato di saper dare il loro fondamentale contributo quando chiamati in causa anche Koenig e Dukan, dando al gruppo quel minimo di respiro necessario per non arrivare a marzo con il motore ingolfato.

Continuando a guardare alla parte alta della classifica vediamo l’ottima Maryland da cui ci si aspettava una buona annata, ma che sta stupendo tutti per la consistenza mostrata in queste prime partite: se non sono certo mancate partite contro squadre materasso i Terrapins hanno però dimostrato il proprio valore battendo in maniera convincente l’ottima Iowa State, lottando più che dignitosamente con Virginia e proprio qualche giorno fa vincendo senza patemi sul campo di Oklahoma State. Tutto ciò nonostante l’assenza per infortunio di Dez Wells (atteso per l’inizio delle partite di conference) proprio dalla partita contro Iowa State e quella di Evan Smotrycz per 8 delle prime 12 partite: per i Terrapins sono allora saliti in cattedra Jake Layman e il freshman Melo Trimble che non ha deluso le aspettative, pur confermandosì più un realizzatore che non uno smistatore di gioco. Per continuare su questi binari durante la bellicosa stagione di conference Maryland dovrà lavorare duramente a rimbalzo dove è ancora leggermente deficitaria nonostante non manchino i centimetri a disposizione, ma gli elementi per un viaggio al torneo NCAA al momento parrebbero esserci tutti.

James Blackmon (thecatchandshoot.com)

James Blackmon (thecatchandshoot.com)

Un’altra squadra dal record sorprendente è Indiana, dalla quale a differenza di Maryland ci si aspettava un’annata difficile, ma che invece ha stupito tutti già da inizio anno con un’ottima e netta vittoria contro SMU. Certo c’è la macchia di una pessima sconfitta contro Eastern Washington, ma a Bloomington non mancano i motivi per sorridere: Troy Williams dopo la sospensione per le prime due partite della stagione sta infatti disputando un’ eccellente stagione da sophomore (12 punti e 5 rimbalzi a partita), Yogi Ferrell si sta confermando per il giocatore di valore che è, ma soprattutto James Blackmon Jr. si è finora reso protagonista di quella che è senza dubbio una delle migliori stagioni per un freshman fino a questo momento: con oltre 17 punti e il 43% al tiro dalla lunga distanza, Blackmon guida il quarto attacco più prolifico della Division I, in una squadra dove i punti deboli risiedono certamente di più nell’altra metà campo.

Chi ha fatto solo il minimo indispensabile ad oggi è Ohio State che, con una schedule piuttosto mediocre, non ha perso nessuna partita contro squadre di infimo livello come altre sue compagne di conference, ma d’altra parte ha anche la sua vittoria più importante contro una Marquette dal record 7-4, mentre contro le uniche due avversarie di valore sono giunte altrettante sconfitte e se quella con Louisville in trasferta è perdonabile quella in campo neutro contro l’altalenante UNC è decisamente un’occasione mancata per una vittoria decente. Le buone notizie per i Buckeyes risiedono in un attacco come da previsione migliorato molto (decimi per punti a partita), con Shannon Scott che alla regia non sta facendo per nulla rimpiangere Aaron Craft e l’ottima partenza del freshman D’Angelo Russell, da subito il miglior realizzatore della squadra. Il vero fiore all’occhiello per l’attacco dei ragazzi di Thad Matta è però il miglioratissimo Marc Loving che con 12 punti a partita e un irreale 58% da tre sopperisce ad un Sam Thompson che contribuisce di più a rimbalzo, ma sembra ormai aver abbandonato per sempre il tocco da fuori del suo anno da sophomore. Le note dolenti risiedono soprattuto in area con un Amir Williams ancora troppo passivo nei pressi del ferro e che non a caso sta vedendo il suo minutaggio ridotto rispetto allo scorso anno, significativo in questo senso il 53 a 40 alla voce rimbalzi nella partita contro UNC, con Williams autore di 1 punto e 3 rimbalzi totali.

La Big Ten ha però guadagnato le prime pagine dei giornali soprattuto per essere stata dalla parte sbagliata di alcuni degli upset più clamorosi della stagione e non solo: è il caso di Michigan e Michigan St. due squadre che meritano un discorso a parte.

Uno sconsolato Albrecht ben rappresenta la stagione di Michigan fino a oggi (freep.com)

Uno sconsolato Albrecht ben rappresenta la stagione di Michigan fino a oggi (freep.com)

I Wolverines dopo una discreta partenza che li aveva visti perdere solo negli ultimi secondi contro Villanova hanno inanellato a inizio dicembre quattro sconfitte consecutive, perdendo in casa contro NJIT e Eastern Michigan, prima di essere annichilita da Arizona e SMU. Difficile trovare qualcosa che vada bene per i giocatori di Beilein: se la tragica situazione a rimbalzo era ampiamente prevedibile (Levert e Walton sono i due migliori rimbalzisti al momento), d’altra parte nulla sta funzionando anche a livello offensivo, con LeVert e Irvin che vanno a sprazzi e faticano a tirare con più del 40% dal campo dato anche lo scarso apporto dei compagni, compreso un Albrecht che nonostante un minutaggio quasi raddoppiato non sta mostrando alcun passo in avanti e sta tirando in maniera pessima. Un maggior contributo in area da parte di giocatori come Doyle (positivo) e Donnal sembra l’unica speranza di Michigan per non buttare la stagione definitivamente alle ortiche, sempre che l’attuale record di 7-5 non sia già abbastanza.

Discorso diverso per Michigan State che si era comportata discretamente fino alla pessima sconfitta casalinga contro Texas Southern: le dignitose sconfitte contro Duke, Kansas e Notre Dame sembravano la classica gavetta di inizio anno di molte versioni anche di successo dei ragazzi di Izzo, ma la caduta contro Texas Southern, per quanto giunta in assenza di Branden Dawson, ha gettato diverse ombre su una squadra già di certo non telentuosissima. La verità è che MSU non sta giocando particolarmente male e anche i singoli non stanno deludendo le aspettative, semplicemente la squadra è piuttosto priva di talenti puri e quando anche uno solo dei giocatori migliori viene a mancare il già non ottimo livello del gruppo va scemando gravemente. Di certo gli Spartans potranno migliorare specialmente nella metà campo difensiva, cercando di forzare maggiormente il gioco degli avversari, ed in una Big Ten molto livellata non dovremo stupirci di vedere gli Izzos nella top 4 della conference a fine stagione, e forse già la prima gara contro Maryland ci dirà di più su cosa aspettarci nei prossimi mesi.

Tornando alle sorprese in positivo di certo va menzionata Penn State che con un DJ Newbil da 21 punti a partita ha un record di 12-1, tuttavia il basso livello delle squadra affrontate non può farci cambiare idea su una squadra migliore di quando dicessero in molti ad inizio stagione, ma che di fatto non si può considerare da parte alta della classifica nonostante il record. Brutta partenza come da previsione e forse anche peggio per Nebraska: i limiti offensivi di una squadra basata sostanzialmente su due giocatori (Petteway e Shields) si stanno facendo vedere, specialmente viste le pessime percentuali al tiro di quello che dovrebbe essere il miglior tiratore (unico?) da tre della squadra, ovvero Walter Pitchford.

Male anziché no anche Iowa: se le sconfitte sono giunte contro squadre ottime/discrete (a questo punto quella con Syracuse risulta peggiore di quella contro la di fatto ottima Northern Iowa) è anche vero che l’unica vittoria di qualità è giunta contro UNC e se non sono mancati i miglioramenti in difesa l’attacco sta invece essendo piuttosto zoppicante, con la squadra che si accontenta di troppi long-two, faticando conseguentemente ad ottenere liberi, e sente la mancanza dei punti di Marble e forse ancor più dell’efficenza a rimbalzo offensivo di Basabe. Si prospetta quindi un’altra lunga stagione da qui a marzo per gli Hawkeyes, un destino che pare essere comune a moltissime squadre di questa imprevedibile Big Ten.

Record attuale:

Penn State (12-1)

#15 Maryland (11-1)

#6 Wisconsin (11-1)

Indiana (10-2)

#21 Ohio State (10-2)

Minnesota (10-2)

Illinois (9-3)

Iowa (9-4)

Nebraska (8-4)

Northwestern (8-4)

Purdue (8-5)

Michigan (7-5)

Rutgers (7-5)