La disperazione su Dylan Ennis (nj.com)

La disperazione sul volto di Dylan Ennis (nj.com)

Ci si può fidare di una squadra che punta quasi tutto sulle proprie percentuali al tiro dalla lunga distanza in un torneo ad eliminazione diretta? La risposta è tendenzialmente no e gli uomini di Jay Wright ce lo confermano un’altra volta, ma andiamo a vedere come NC State ha avuto la meglio.

NC State-Villanova: 71-68

Villanova è la prima squadra con seed #1 ad abbandonare questo Torneo NCAA, sconfitta da un’ottima NC State: la sorpresa, per quanto soggettiva, è in realtà più modesta di quanto si possa pensare, dato che Villanova non va oltre la seconda partita del torneo dal 2009 e l’anno scorso si rese protagonista di una stagione sostanzialmente identica a quella appena conclusa. I Wolfpack hanno giocato esattamente il tipo di partita che tutti sappiamo si debba giocare per far male alla squadra di Wright, che punta da anni tutto sull’efficienza offensiva ed in particolare sulle proprie percentuali da tre: in tutta risposta NC State è scesa in campo con un piano difensivo eccellente, ruotando alla perfezione sul perimetro, dove i Wildcats hanno terminato con un misero 9 su 28 e collassando sui due lunghi Ochefu e Pinkston, tenuti ad un complessivo 3 su 12 dal campo. Un altro aspetto da evidenziare quando si vanno ad affrontare queste versioni di Villanova è indubbiamente il loro essere non propriamente nell’elite delle squadre della Division I nell’andare a catturare i rimbalzi: NC State ha esposto questa lacuna degli avversari, vincendo per 45 a 32 la battaglia a rimbalzo, trovando nuovamente un ottimo contributo dalle sue ali, spesso in secondo piano durante la regular season, ovvero Freeman e Abu, entrambi in doppia-doppia contro i Wildcats. Villanova ha inseguito per gran parte della partita e per tutto il secondo tempo, tenendosi però sempre a distanze accettabili, tant’è che nel finale tre triple in meno di due minuti di Hilliard hanno portato a contatto Villanova, ma nel rush finale un altro paio sono uscite e così lo sforzo non è bastato, mostrando tutta la fragilità di una squadra costantemente legata alle proprie percentuali da oltre l’arco.