UPS:

la grinta di Calipari

John Calipari: i puristi del gioco non gli perdonano gli scandali passati a UMass e Memphis ed hanno già decretato la fine del college basketball dopo la vittoria della sua Kentucky basata sul “progetto” one&done ovvero talenti pronti per la NBA da valorizzare nel giro di una stagione per poi spedirli tra i pro vincendo nel frattempo il più possibile. Gli era andata molto male coi vari John Wall e Cousins, solo leggermente meglio con Brandon Knight ma quest’anno ha fatto il botto e non solo ha vinto grazie ad una quantità di talento tecnico e fisico superiore alla norma, infatti solo North Carolina che abbraccia una filosofia simile con Roy Williams poteva competere coi Wildcats ma è stata funestata dagli infortuni, ma lo ha fatto anche proponendo un bel basket, veloce e spettacolare riuscendo ad armonizzare il talento dei suoi “cinque stelle”. Non saremo mai suoi adepti ma stavolta ci si deve inchinare a coach Cal.

Il ritorno dei plantigradi pallidi: ebbene sì, i grandi protagonisti del basket degli anni ‘60-’70 ovvero i lunghi bianchi in grado di anche di attaccare in post basso, usare un piede perno, passare la palla e non solo limitarsi a fare blocchi o tirare piazzato sono tornati. Il movimento dei mammuth pallidi è capitanato dai fratelli Zeller, Tyler di UNC e Cody di Indiana, giocatori tecnicamente completi che commuovono i vecchi cacciatori della steppa come il sotto(sovra)scritto  e sono pure dotati di caratteri forti. Ma dietro a loro abbiamo visto un Jeff Withey passato in un triennio dall’essere un settepiedi scoordinato a divenire un buon centro capace di battere il record di stoppate effettuate al torneo NCAA, citiamo pure lo sgraziato ma efficace Kenny Frease di Xavier, Robert Sacre di Gonzaga, i fratelli di Duke Miles a Mason Plumlee, anche se quest’ultimo ancora sotto al par rispetto alle sue potenzialità e di questo ne parliamo sotto…

The Brow: al secolo Anthony Davis, un lungo freshman così dominante non lo si vedeva dai tempi di Pat Ewing a Georgetown, in tempi più recenti Greg Oden aveva avuto un grande impatto ma aveva fallito dove Davis ha trionfato ovvero vincere il titolo NCAA e l’ha fatto giocando un torneo straordinario, riuscendo pure nell’impresa di dominare la finale pur tirando 1-10 dal campo. Atleta moderno, capace anche di partire in palleggio dopo aver preso il rimbalzo, esplosivo a canestro e con leve infinite che unite al tempismo nella stoppata lo rende in grado di creare un scudo vicino al proprio canestro ma anche capace di un ottimo tocco dalla media distanza. Sarà la prossima prima scelta assoluta e ne diverrà rapidamente uomo franchigia. E per finire pare anche un ragazzo con la testa sulle spalle con un clamoroso monociglione che lo rende pure simpatico…

Majerus

Rick’s back: uno degli ultimi grandi maestri del gioco, dopo le annate a Marquette, Ball State e soprattutto Utah dove ebbe il suo apice con la sconfitta con Kentucky nella finale del ’98, per i suoi problemi di salute Rick Majerus fu costretto a divenire analista ESPN ed abbandonare le sua amate panchine. Un maestro nell’insegnare il gioco, divertente e spiritoso con la stampa, un vero mammone tanto da rinunciare alla panchina di USC per non allontanarsi troppo dal Wisconsin, a volte duro coi giocatori (citofonare a Lance Allred che sfuggì da Utah sentendosi umiliato dal suo coach) ma fine conoscitore del gioco e stratega astuto, nel 2007 è tornato alla guida dei Billikens di Saint Louis, la squadra con la mascotte più brutta del college basketball, e quest’anno abbiamo avuto il piacere di riammirarlo al Torneo NCAA. Bentornato, ci mancavi.

Cody Zeller

Hoosiersmania: e ci mancavano anche gli Hoosiers, per troppi anni dispersi nella mediocrità del post Knight ed i disastri di Kelvin Sampson, finalmente Indiana è tornata al suo posto di powerhouse, merito del gran lavoro di coach Tom Crean che con un paziente e certosino lavoro di reclutamento ha riportato IU in alto rientrando nella top 25 del ranking, battendo Kentucky alla Assembly Hall e giocando un buon torneo uscendo proprio con UK. Attenzione che se come sembra Cody Zeller e Chris Watford resteranno a Bloomington e con l’arrivo di cinque freshman di alto livello (i due cinque stelle Kevin “Yogi” Ferrell e l’ala forte Hanner Mosquera-Pera, il quattro stelle per espn Jeremy Hollowell ed i tre stelle Patterson e Jurkin) che si sono autonominati “The Movement”, gli Hoosiers sono decisamente candidati a riportare un titolo NCAA nell’Indiana dopo 26 anni.

DOWNS:

Duke: a soli due anni dal titolo del 2010 a Durham ci si pone dei seri dubbi, allora coach K vinse con un gruppo plasmato in quattro anni e senza superstelle come voleva la filosofia del coach del Team USA contrario ai one&done. Poi la svolta decidendo di reclutare pesantemente Kyrie Irving e Harrison Barnes e portando a casa il primo, avrebbe potuto essere una mossa vincente perché il play dei Cleveland Cavs era attorniato da gente come Nolan Smith e Kyle Singler e sino all’infortunio al piede i Blue Devils giocavano il miglior basket della ncaa ma dopo l’incidente al Madison Squadre Garden l’incantesimo si spezzò. Quest’anno si è provato a ripetere con Austin Rivers l’esperimento ma il supporting cast era decisamente meno importante ed il figlio del coach dei Boston Celtics, pur donando a Duke un’epica vittoria in casa di UNC, è parso giocatore poco altruista, interessato alla propria visibilità ed alle sue stats tanto che il finale di stagione è stato una lunga ed inarrestabile caduta culminata dalla clamorosa eliminazione al primo turno con Lehigh. La prossima stagione arriva a Durham l’ennesimo grande tiratore ovvero Rasheed Sulaimon ma coach K si agita cercando di portare qualche altro giocatore importante come Shabazz Muhammad (che però pare destinato a UCLA o Kentucky) ed un lungo importante come il transfuga da UConn Alex Oriakhi o Tony Parker che in un’intervista ha espresso i suoi dubbi su come vengono allenati i lunghi a Duke: impiegati soprattutto a fare blocchi per i tiratori e che migliorano (vedasi Mason Plumlee) con esasperante lentezza, Parker ha pure lanciato una frecciata all’allenatore dei lunghi, il vice di lungo corso Steve “Wojo” Wojciechowski che in effetti è altro 1.75 e giocava da play… Urgono provvedimenti.