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La Pasta Reggia ha ripreso vita. Le prime due vittorie targate Vincenzo Esposito hanno riacceso le speranze di salvezza dei tifosi di Terra di Lavoro, che guardano al campionato in maniera più ottimistica. ‘El Diablo’ dichiarò come uno dei suoi mentori il coach dello scudetto 1991, e in virtù del momento abbiamo voluto ascoltare, pendendo dalle sue labbra, le parole di Franco Marcelletti, parlando sia della Juve che della situazione in cui verte il campionato italiano.

Dailybasket: Salve coach, cominciamo subito: secondo te Vincenzo Esposito ha cambiato questa Juve, e quanto lo stesso Enzino ha preso da te?

Franco Marcelletti: “Sulla seconda, lo deve dire lui. Ma Enzo ha avuto il coraggio di fare delle scelte importanti e di prendersi grandi responsabilità. Ha scelto di fare a meno di Sam Young ed è riuscito a ricompattare la squadra, facendola remare verso un unico vero obiettivo”.

DB: Forse proprio questo fattore sta riavvicinando il pubblico

FM: Direi proprio di sì. Puoi anche non avere grandi mezzi tecnici a disposizione, ma se almeno ti sudi la maglia avrai sempre il rispetto del pubblico. La Juve pre-Esposito piaceva a pochi, era una squadra indisponente come lo era Young, nessuno si identificava in lui.

DB: A proposito di Young: con te quanto sarebbe durato?

FM: Mi avessero chiesto un parere, non lo avrei mai preso. Non sai come può reagire un giocatore così, con la sua carriera, ad un cambio così repentino di vita, di gioco e di tutto il resto. Il suo linguaggio del corpo lo rispecchiava, non giocava con gli altri, non era il giocatore adatto”.

DB: Al suo posto è arrivato Henry Domercant.

FM: Il primo giocatore che, alla fine della gara di domenica, è stato abbracciato dai compagni. L’ex Siena, nonostante una condizione lontana dalla migliore, non si è posto in maniera invasiva con la squadra e lo staff, ed anche per questo si è vista una squadra molto diversa soltanto rispetto a qualche settimana fa. Le condizioni di Henry possono soltanto migliorare.

DB: La vittoria contro Roma, arrivata dopo una lotta lunga 40’ dà fiducia a tutto l’ambiente.

FM: Il punteggio finale sottolinea quanta tensione ci fosse nella gara, e del lavoro difensivo che sta svolgendo Esposito e la sua squadra. Fino a poche settimane fa si perdeva segnando 90 punti, credo sia un bel passo avanti. Sono sempre le difese a farti vincere.

DB: Quando si parla di difesa, non si può non parlare di Andrea Michelori, autore di una grande gara domenica.

FM: Certo, c’è sempre bisogno in ogni squadra di giocatori del genere. Ma adesso il lungo sarà assente per il problema al ginocchio. Toccherà ad Antonutti e Tessitori il non farlo rimpiangere, ma anche agli altri. Si dovranno dare tutti da fare.

DB: 107 punti domenica nell’intera gara. Il “record negativo” è della tua Juve scudettata (Contro Reggio Emilia, 50-48). Quello venne considerato il miracolo dello scudetto, Esposito considera la salvezza un miracolo…se tanto ci dà tanto, allora i miracoli si ripetono….

FM: La prima caratteristica è fare in modo che tutti credano al miracolo. Esposito ha fatto proprio questo. Le vittorie poi danno sempre fiducia all’ambiente. Ormai non è più un miracolo, è un obiettivo possibile, bisogna vincere più di Pesaro.

DB: Che ne pensi delle beghe societarie degli ultimi tempi? Non si riesce a pronosticare un orizzonte…

FM: Non ci riesce nemmeno il Presidente del Consiglio. Bisogna vivere alla giornata, si pensi alla salvezza e a ricreare entusiasmo nella piazza, poi si pensa al futuro.

DB: Tutt’Italia nel pallone, il basket non fa eccezione. E viene considerato un prodotto in salute…

FM: La situazione è difficile per il momento di crisi che stiamo vivendo. Ma nei momenti di crisi c’è bisogno di nuove idee. Il basket italiano regala al pubblico uno spettacolo infimo, che non riesce nemmeno ad appassionarsi alle gesta dei giocatori che sente lontani da loro.

DB: Quanto influisce in questo la mancanza di giocatori italiani di spessore nel panorama della massima serie?

FM: E’ uno dei problemi più grandi, determinato in parte dalla sentenza Bosman degli anni ’90. Quelli che mancano non sono i fuoriclasse, che riconosciamo in Belinelli, Gallinari, in italia Alessandro Gentile ed altri. Quelli che mancano sono la categoria che si trova un gradino sotto di loro, quelli che una volta erano rappresentati da Fantozzi, Sacchetti, Sbaragli. Erano loro ad innalzare realmente il livello qualitativo del nostro campionato.

DB: Si pecca anche nella progettazione di una squadra.

FM: Ogni roster aveva un nucleo che giocava assieme per anni, rendendo lo spettacolo sempre più bello agli occhi del tifoso. Pensa che il momento migliore di Caserta è stato sotto la gestione prima di Tanjevic e poi mia. Oggi i roster cambiano ogni anno, arrivano giocatori mediocri dagli Stati Uniti a cui a volte bisogna spiegare anche i rudimenti difensivi, mentre dall’esterno tutti vogliono il raggiungimento dell’obiettivo lasciando pochissimo tempo all’allenatore. Ti confesso che faccio fatica a vedere una partita di massima serie, ormai alla stregua di una mediocre Summer League.

DB: Sotto il profilo tecnico ci siamo. E su quello economico?

FM: Forse i problemi sono anche di più. Ho vissuto di basket, e l’unica cosa che rimane alle squadre è il patrimonio sportivo. Le squadre che fanno la massima serie devono essere delle realtà attrezzate e consolidate, per non permettere degli scempi come quelli di Forlì e Veroli o delle situazioni disperate di Napoli e Barcellona. Anche per questo si offre un prodotto scadente.

DB: Come trovare una luce in fondo al tunnel?

FM: Lega e Federazione dovrebbero pensare a migliorare il prodotto. Bisogna creare dei nuovi attori per la pallacanestro italiana, curarli e farli crescere per essere pronti alla massima serie. Si potrebbero assumere degli allenatori esperti e senza squadra da parte della Federazione per controllare i giovani talenti e visionare nuovi giocatori, controllando il movimento sin dalla nascita e costruire una nuova generazione di cestisti italiani che riavvicini il pubblico alla palla a spicchi”.