Mi scuso con tutti voi per il colpevole ritardo con il quale mi faccio nuovamente vivo, ma in questi ultimi tempi ero abbastanza impegnato con la stesura di un capitolo importante del nuovo libro. Poi ci sono state le feste e dunque solo ora posso ringraziare tutti coloro che sono stati a Latisana per la celebrazione del nostro ultimo pranzacolo, e soprattutto ringrazio le nuove “entry” che spero si siano divertite, ma che soprattutto abbiano colto lo spirito di questi incontri. Ovviamente, anche se in ritardo, un sincero augurio di buon anno a tutti, sperando di rivederci e di divertirci in tante altre sconvenscion.
In campo sportivo devo ammettere che in questo periodo seguo molto gli sport invernali che, lo confesso, mi piacciono molto tutti, per cui per quanto riguarda il basket ho dato ogni tanto qualche occhiata alle varie partite di Eurolega, ovviamente, visto che sull’NBA mi sembra inutile parlare, tanto è insulsa (e infatti, quando una squadra gioca in modo passabilmente umano, Stefano si esalta – questione a mio avviso di prospettiva), mentre il campionato è, inutile dirlo, quello che è, ma è soprattutto inascoltabile per il sottoscritto a causa delle telecronache su Eurosport che gli appaiono dozzinali, banali con sottolineature bizzarre di esaltazione del tutto fuori posto in un contesto normalmente di galline impazzite che corrono su e giù per il campo senza un apparente scopo. E più si scatenano in robe quasi esilaranti se non fossero tragiche, più i vari commentatori di turno si esaltano. Quando seguo quelle partite mi sento totalmente estraniato, confinato quasi in un universo parallelo che sembra una parodia di quello reale, per cui provo un vero e proprio senso di fastidio fisico e non posso più guardare.
Per restare ancora un momento nell’attualità mi affido a voi per sapere qualcosa di più sulle dimissioni di Pianigiani da coach dell’Olimpija. La ragione ufficiale sono problemi di salute che sembrano reali, visto che è stato più volte assente in panchina, per cui chiedo a qualche “insider” se ha notizie più precise. Spero vivamente che la salute (proprio a nessuno auguro alcun tipo di male) sia solo una scusa per la fallimentare stagione finora dell’ex gloria del basket sloveno che sta facendo qualcosa in Lega ABA, ma che in Eurocup è la barzelletta che fa ridere tutta l’Europa. Non so se avete seguito la bellissima puntata di Buffa Talks con Gigi Datome ospite (personaggio incredibile che ci mancherà a tutti, spero solo sul campo, perché il basket italiano ha bisogno di persone come lui come hanno bisogno di ossigeno gli avvelenati dal monossido di carbonio) quando ha raccontato dei suoi inizi a Siena con Pianigiani in panchina e Banchi vice. E’ stata una storia bellissima e molto istruttiva. Tornando per un istante all’Olimpija mi fa veramente piangere il cuore la totale perdita di credibilità della società in Slovenia, con i giocatori sloveni che vedono la loro permanenza in squadra solo come un trampolino per andare a giocare seriamente da qualche altra parte (la parentesi di due mesi di Prepelič è stata molto istruttiva in merito), con quelli giovani e promettenti che vedono il loro futuro dappertutto, meno che a Lubiana, mentre a suo tempo, tanti anni fa, l’Olimpija era il vero e proprio faro del basket sloveno, vera “nazionale” che sfidava gli altri giganti del basket jugoslavo nel campionato sicuramente più divertente del mondo.
Per il tema principale di questo intervento però rimango a gran sorpresa nel basket, perché c’è un argomento sul quale non abbiamo mai discusso, ma sul quale vorrei avere anche la vostra opinione, la più ampia e articolata possibile, visto che sono molto curioso di scoprire quale possa essere la vostra reazione alla mia abbastanza rivoluzionaria (anzi, come vedrete, quasi reazionaria) visione delle cose e di come andrebbero risolte.
Sto parlando della sempre più stucchevole e francamente insopportabile manfrina dei controlli video sui falli antisportivi, soprattutto nei finali di gara, manfrina che fra l’altro, proprio dal punto di vista dello spettacolo e dei tempi drammaturgici del suo svolgimento, agisce da momento del tutto anti-climactic, come dicono gli americani, momento che spezza tutti i ritmi della narrazione facendo praticamente svanire la partecipazione emotiva dell’uditorio. Per non parlare che in questo modo le partite si allungano a dismisura e, come si sa, il brodo, più è allungato, più è immangiabile.
Ma non è questo il punto. Se si sapesse cosa si va a cercare nelle immagini uno potrebbe anche capire, visto che la correttezza dell’evento è la prima legge di ogni competizione e deve essere preservata a ogni costo. Il problema è che non si sa cosa si cerca. Ci sono definizioni apparentemente precise che sono però in realtà sottili cavilli da legulei di bassa lega e dunque interpretabili in tutti i vari modi possibili. Sembra quasi che all’ Eurolega abbiano ingaggiato uno staff di avvocati italiani per stilarle. Una volta si parlava di punire con i due tiri e palla a lato il “fallo intenzionale”, cosa in realtà anche giusta e comprensibile. Salvo poi rendersi subito conto di una cosa assolutamente lampante e scontata, che cioè sia il fallo tattico a metà campo per impedire un facile contropiede che soprattutto il fallo fatto negli ultimi secondi per mandare in lunetta l’avversario nel tentativo di recuperare una manciata di punti di ritardo erano in realtà falli intenzionali per definizione. Più voluti di così! E dunque, secondo la lettera del regolamento, andavano puniti in modo tale che, poniamo, una squadra in vantaggio di 4 punti all’inizio dell’ultimo minuto, a meno di regali improvvisi di palla, era impossibile che perdesse. Con ciò togliendo ogni tipo di pathos a qualsiasi finale punto a punto.
Non andava bene. Bisognava trovare un’altra definizione per definire il fallo grave. E qui devono aver trovato l’ispirazione negli avvocati italiani perché hanno escogitato una definizione facendo, come diciamo a Trieste (ma anche in tutto il Veneto, mi sembra), “pezo el tacon del buso”. Hanno inventato il “fallo antisportivo”. Perfetto. Manca però una sola cosa, di sapere cos’è in realtà in una competizione sportiva “antisportivo” e cosa invece no. Nel calcio, sport che tutti noi cestisti consideriamo uno sport per sempliciotti, cosa secondo me che poteva valere una volta, ma ora certamente sicuramente non più, essendosi perso nel basket il filtro che lo rendeva uno sport logico per gente intelligente, hanno definito il gesto antisportivo nel modo più logico e contemporaneamente semplice possibile: “antisportivo è quando potrebbe ledere l’incolumità fisica dell’avversario”. Tutto qua. Piede a martello, anche se non prende niente e non fa danni, è rosso diretto. Perché no nel basket? A dire il vero quando ho cominciato a giocare io il fallo antisportivo era esattamente questo, sgambetto in entrata, tirata laterale in salto causando sbilanciamento con conseguente possibile rovinosa caduta o, la cosa peggiore, spinta nella schiena dell’attaccante dopo aver staccato da terra nel terzo tempo. Il fallo era dunque valutato esattamente nello stesso modo: era proibito fare cose che avrebbero potuto mettere a repentaglio l’incolumità fisica dell’avversario. E mi domando perché non potrebbe essere ancora così. Da ciò la definizione di “reazionaria” per questa mia proposta.
Già vi sento: sì, ma allora i falli tattici? Per restare in ambito calcistico trattenuta sul possibile contropiede (mai, neanche sotto tortura cinese, mi sentirete usare la parola ripartenza – ne ho fatte in carriera telecronache di calcio, ma mi vanto di non aver mai, proprio mai, usato questa parola che indicherebbe una nuova partenza: e quella precedente quando c’è stata? E poi si può partire in tutte le direzioni, non solo verso la porta avversaria) è giallo automatico. Giallo appunto, non rosso. Fa una bella differenza. Nel basket non esistono cartellini, però esiste una regola ancestrale che recita che dopo aver fatto cinque falli uno deve uscire dal campo per il resto della partita. Diciamo dunque che si prende il rosso dopo quattro gialli. Chiaro che il paragone è forzato, praticamente improponibile, ma rende l’idea che anche nel basket è stato subito chiaro che i falli non possono passare impuniti e che prima o poi si pagano. Non solo, ma esiste anche il regime di bonus, per cui dopo un tot di falli per periodo una squadra concede agli avversari la possibilità di tirare due tiri liberi sempre e comunque. Ragion per cui si è ampiamente pensato al fatto che i falli fatti devono costare. Secondo me questo tipo di regime regolamentare regge ancora oggi proprio come reggeva agli albori del gioco.
Il problema dunque non è certamente qui. Il problema, ritornando a bomba, è la definizione di cosa sia un fallo antisportivo. Arbitri che leggete se sbaglio corriggetemi, ma a me pare che la definizione attuale sia quella che il fallo antisportivo ci sia quando il difensore non ha intenzione di giocare la palla, ma va direttamente sull’avversario sapendo di andare a fare un fallo. Il che è per me, scusatemi, la definizione di antisportivo più antisportiva che ci possa essere. Per quanto ne so in una competizione sportiva, come nella vita del resto, uno persegue un obiettivo molto ben chiaro e definito, che è ovviamente quello di vincere la partita. E dunque in qualsiasi situazione uno deve, direi quasi per ragioni deontologiche, scegliere la situazione che rechi il maggior vantaggio, o nel caso del fallo la maggior limitazione dei danni, per le sorti della propria squadra. E dunque il fallo tattico a metà campo è perfettamente logico e sportivo, perché diminuisce i danni alla propria squadra, scambiando un fallo per un facile canestro avversario. Certo, si paga con un fallo personale e si avvicinano gli avversari al bonus, ma è sempre meglio che due punti in schiena. E infatti una volta il fallo tattico era pura e semplice routine e non vedo perché non debba esserlo ancora oggi. Altra situazione: l’avversario si proietta a canestro dopo un rimbalzo e si abbassa la mannaia sulle braccia per impedirgli di schiacciare. Altro gesto puramente e perfettamente sportivo, quando fatto con la chiara intenzione di non far male all’avversario. Intanto i tiri liberi devi segnarli e dunque devo assicurarmi di non far fallo e di farti segnare lo stesso per non darti un punto in più, dunque che l’intervento sia “robusto” è solo logico e normale. E anche qui una volta dalla panchina si levava l’applauso al difensore che bloccava il tiratore da sotto, il quale fra l’altro sapeva benissimo cosa lo attendeva e non faceva una piega.
Ripeto, è questione di percezione quasi filosofica decidere cosa sia sportivo e cosa non lo sia. In una partita secondo me è tutto sportivo fino a che non si corre il rischio di far male all’avversario. Ed è qui, e per me solo qui, che i due tipi di falli devono essere distinti. Il basket è sport di contatto e, soprattutto nel basket moderno, i debolucci non hanno molto futuro. E dunque uno che vuole giocare a basket deve sapere in anticipo che non sarà trattato con i guanti, ma dovrà combattere. Come diceva Peter Brumen, coach sloveno che ha lavorato da noi, amico mio, “Cosa aspetti a picchiarlo! Non è mica tuo fratello!” quando voleva che i difensori facessero un tagliafuori efficace.
In definitiva la definizione attuale mi sembra più che inefficace, ipocrita e stupida semplicemente totalmente sbagliata. Facendo secondo le normali, logiche, ovvie, sportive regole che si usavano una volta i viaggi infiniti verso il monitor, le interminabili diatribe spaccanti il capello in quattro se voleva o no giocare la palla con conclusioni che lasciano il tempo che trovano e soprattutto scontentano normalmente e logicamente la squadra che subisce la suprema punizione (“Perché noi sì e loro no, quando dall’altra parte poco fa hanno fatto la stessa cosa?” – e la cosa triste è che quasi sempre hanno ragione) si ridurrebbero in modo drastico, gli arbitri avrebbero la vita più facile, il pubblico, i giocatori e i coach capirebbero molto meglio quello che si è fischiato e le partite sarebbero secondo me molto più oneste, appunto sportive.
PS – piccolo aggancio all’attualità: vorrei fare i complimenti ai tifosi virtussini che hanno esibito il cartello: “Meno Effe e più Iffe”? Troppa roba! Ma come vi vengono in mente certi slogan? Ho riso per un’ora.