Quarto periodo, ultimi minuti di partita, punteggio serrato e palla che pesa come un macigno; benvenuti nel crunch-time: il momento del match in cui i giocatori sono chiamati allo sforzo decisivo per strappare la vittoria. Istanti fondamentali non solo per i quintetti, ma anche per i coach e gli arbitri.

Non a caso, l’NBA ha da poco deciso che ogni decisione presa dalla terna arbitrale negli ultimi due minuti sarà accompagnata da un referto che spiegherà come è maturato il fischio (o il non-fischio).

Secondo il dizionario Merriam-Webster l’espressione “crunch-time” sarebbe stata introdotta nel 1976, non necessariamente come termine cestistico. Nata come modo di dire tipico dello slang, veniva utilizzata per indicare “un periodo particolarmente difficile che richiede di agire in modo rapido e deciso”. Solo in un secondo momento crunch-time è entrata nel gergo sportivo, basket compreso.

La  capacità di imporsi negli ultimi istanti della partita sarebbe, per molti, ciò che differenzia il buon giocatore dal campione, la squadra mediocre da quella vincente. “Non importa ciò che fai, ma quando lo fai”: queste le parole di Clark Kellogg, professionista negli anni Ottanta e attuale analista per la CBS. Secondo l’ex Pacers, infatti, chi riesce a fare la differenza nelle situazioni punto a punto sarebbe molto più prezioso di chi mette a referto tanti punti e poi “scompare” quando la palla scotta.

Solo  i veri campioni sanno assaporare il crunch-time…

Anche se, in realtà, una delle più clamorose prestazioni nel crunch-time rimane quella di uno che è passato alla storia proprio per non essere un vincente…

I precedenti appuntamenti di Catch this?:

“50-40-90 club”

Amoeba defense

Ankle breaker

Ball hog

B.E.E.F.

Box-and-one defense

Cherry picking

– Close out e Reggie Miller rule

C2C

Continuity & wheel offense


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