Donald Arvid Nelson, meglio conosciuto come “Don”, ha dedicato quasi 50 anni della sua vita all’NBA, 30 dei quali come allenatore. Milwaukee Bucks New York Knicks, Dallas Mavericks e Golden State Warriors: queste le franchigie di cui è stato coach. Tra i migliori 10 allenatori della storia della Lega, nel 2010 è diventato il più vincente di sempre, superando Lenny Wilkens a quota raggiungendo le 1,333 vittorie (il suo record di carriera è di 1335 successi e 1063 sconfitte).

Don Nelson (in alto a sinistra) e i suoi Milwaukee Bucks.

Don Nelson (in alto a sinistra) e i suoi Milwaukee Bucks.

Innovatore e rivoluzionario, Don Nelson fu l’inventore della Nellie Ball: tattica di gioco basata su velocità, atletismo, rapide transizioni e continue situazioni di mismatches vantaggiose per i propri esterni.
Nelson mostrò il proprio modo di fare basket già durante la sua prima esperienza come head coach, alla guida dei Milwaukee Bucks (1976-1987). Sviluppando la Nellie Ball, Nelson introdusse il concetto di point forward: un’ala che guida il proprio attacco giocando nel ruolo di point guard. Ciò gli consentì di mettere in campo anche tre ali contemporaneamente (Paul Pressey, Sidney Moncrief e Craig Hodges o Ricky Pierce), a dispetto dell’assenza di una vera e propria point guard di ruolo. Per poter creare mismatches, Nelson si affidava a un centro poco pericoloso in attacco (Lister o Randy Brewer), il cui compito era quello di bloccare fuori dall’area, per forzare un cambio difensivo e consentire al proprio attaccante di ritrovarsi uno contro uno col centro avversario, ma anche per tenere il centro avversario lontano dal pitturato.

Il "Run TMC": da sinistra, Hardaway, Mullin e Richmond

Il “Run TMC”: da sinistra, Hardaway, Mullin e Richmond

Nelson ripropose la Nellie Ball anche quando prese, per la prima volta,  le redini dei Golden State Warriors (’88-’95). L’attacco di quei Warriors ruotava attorno all’esplosivo trio Tim Hardaway-Mitch Richmond-Chris Mullin, conosciuto da tutti come “Run TMC”. Il quintetto tipo messo in campo da Nelson era a dir poco anticonvenzionale: tre guardie (Richmond, Hardaway e Marciulonis) e due ali (Mullin e Rod Higgins, che, nonostante i suoi “soli” 204 centimetri, giocava da centro). Uno starting five undersized, perfetta incarnazione della Nellie Ball, che permise ai Warriors di togliersi buone soddisfazioni.

Dopo la breve esperienza con i Knicks (’95-’96), Nelson assunse la guida dei Mavericks, di cui rimase head coach fino al 2005. In quei Mavs, che potevano contare sui tra All-star Nash, Finley e Nowitzki, era proprio il tedesco a fare, spesso e volentieri da centro. WunderDirk, proprio per la sua pericolosità nel tiro da fuori, veniva impiegato come “5 tattico”. Piazzato sulla linea dei tre punti, costringeva la difesa avversaria ad allungarsi, portando il lungo avversario fuori da pitturato e favorendo le penetrazioni degli esterni.

Don Nelson tra due giovani Nowitzki e Nash

Don Nelson tra due giovani Nowitzki e Nash

Coach Nelson ripropose la Nellie Ball anche nella sua ultima esperienza come capo-allenatore (2006-2010). Tornato ai Warriors, scelse un quintetto stravagante (tanto per cambiare), in cui Baron Davis e Jason Richardson giocavano come guardie over-size, e Stephen Jackson e Al Harrington, in sostanza delle ali piccole, come lunghi.

Don Nelson e Baron Davis ai tempi dei Warriors

Don Nelson e Baron Davis ai tempi dei Warriors

La Nellie Ball fu spesso criticata e etichettata come tattica perdente. Molti sono coloro che credono che le idee di Nelson siano troppo incentrate sul gioco d’attacco, a discapito di quello difensivo. I ritmi esasperati e i continui ribaltamenti di fronte sarebbero, difatti, troppo dispendiosi, tanto da lasciare i giocatori senza energie sufficienti per curare anche la fase di contenimento. Inoltre, il fatto che si decida di giocare con dei lunghi sui generis potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio: in fase passiva non consente di difendere adeguatamente il pitturato, mentre in attacco non garantisce copertura a rimbalzo. Inoltre, a lungo andare, il grande dispendio di energia richiesto nel corso dei 48 minuti potrebbe logorare sin troppo i giocatori, soprattutto se si tiene conto dei ritmi serrati imposti dal calendario NBA. Gli scettici, non a caso, sono convinti che questo tipo di attacco possa assicurare solo una grande quantità di punti e un gioco spettacolare e divertente, ma nulla più. Il che può andar bene durante la regular season, ma di certo non durante i playoff, quando la posta in palio cresce e si comincia a difendere veramente.

I precedenti appuntamenti di Catch this?:

“50-40-90 club”

Amoeba defense

Ankle breaker

Ball hog

B.E.E.F.

Box-and-one defense

Cherry picking

– Close out e Reggie Miller rule

C2C

Continuity & wheel offense

Crunch-time

Pump e double pump fake

– Dal finger roll al floater

drop-step

Euro-step

l’hook shot e ‘i suoi figli’

pace factor